Il Giurì cambia rotta sulla protezione della creatività pubblicitaria

28 Febbraio 2018

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La legge sul diritto d’autore in Italia (L. 633/1941) e le legislazioni di moltissimi paesi europei non garantiscono protezione alle creazioni pubblicitarie e alle relative campagne.

Gli articoli 1 e 2 della legge sul diritto d’autore elencano diverse opere dell’ingegno protette ma non includono i claim e le creazioni pubblicitarie. Dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel ritenere che le ideazioni pubblicitarie non siano ricomprese in tale elenco, neppure interpretandolo estensivamente.

A tale carenza supplisce, o dovrebbe supplire, il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, (di seguito “Il Codice”).

L’art. 13 del Codice dispone quanto segue:

Art. 13 – Imitazione, confusione e sfruttamento

Deve essere evitata qualsiasi imitazione servile della comunicazione commerciale altrui anche se relativa a prodotti non concorrenti, specie se idonea a creare confusione con l’altrui comunicazione commerciale.

Deve essere inoltre evitato qualsiasi sfruttamento del nome, del marchio, della notorietà e dell’immagine aziendale altrui, se inteso a trarre per sé un ingiustificato profitto.

Sulla base dei principi che si desumono dalla giurisprudenza autodisciplinare, che si è trovata spesso a dover applicare l’art. 13 del Codice, emerge che i requisiti per l’ottenimento di una tutela ai sensi dell’art. 13 sono due: novità e originalità della comunicazione pubblicitaria.

È nuova un’idea che non sia stata in precedenza utilizzata da altri o, se è stata utilizzata, non sia più nella memoria dei consumatori.

È originale l’idea che sia il risultato di uno sforzo creativo apprezzabile.

Non sono originali e quindi non sono proteggibili le comunicazioni pubblicitarie che si avvalgono di stereotipi: ne è un esempio l’idea del confronto side-by-side su due piatti per mostrare l’efficacia di un detersivo.

Altro principio cardine consiste nel bilanciamento tra originalità e proteggibilità contro le imitazioni: tanto più una comunicazione è originale (e quindi non descrittiva del prodotto che intende pubblicizzare), tanto più sarà proteggibile nei confronti di comunicazioni simili.

L’art. 13 del Codice consente di proteggere sia il “cuore” di una campagna, ossia l’idea che ne costituisce l’essenza, sia la sola forma: ciò significa che se una campagna dotata di un “cuore” creativo diverso rispetto ad una campagna precedente di un soggetto terzo utilizza però i medesimi stilemi o un claim simile o identico, viene considerata illecita sulla base dell’art. 13 del Codice.

La giurisprudenza del Giurì negli anni ha affermato un principio fondamentale che ha costituito, per chi si occupa di diritto della pubblicità, un forte punto di riferimento: in presenza di un vero e proprio “calco” di una idea o di un claim altrui, specie se di un concorrente, il grado di originalità richiesto per potere accordare tutela alla prima ideazione pubblicitaria è praticamente nullo.

Anche un’idea o un claim banale potevano essere protetti sulla base dell’art. 13 del Codice qualora venissero copiati pedissequamente, specie se ciò accadeva per pubblicizzare prodotti della medesima categoria merceologica o idonei a soddisfare i medesimi bisogni.

Con la recentissima pronuncia n. 5/2018, il Giurì sembra avere modificato il proprio orientamento, con particolare riferimento al concetto di novità e di imitazione rilevante.

Il caso oggetto della decisione vedeva contrapposte due società concorrenti nel settore dell’ortofrutta: La Linea Verde (titolare del marchio Dimmidisì e produttrice dei prodotti contraddistinti da tale marchio) e Del Monte.

La Linea Verde ha iniziato ad utilizzare il claim “Tutti dicono di sì” all’inizio del 2017 in diverse campagne online e cartacee e in fiere di settore.

Alcuni mesi dopo (ottobre 2017) Del Monte ha utilizzato il claim “Tutti dicono sì” nell’ambito di proprie campagne pubblicitarie.

La Linea Verde ha quindi diffidato Del Monte a interrompere la propria campagna e, successivamente, ha depositato un’istanza al Giurì per la violazione dell’art. 13 del Codice.

In tale decisione, il Giurì dopo avere:

  1. accertato che i due claim “Tutti dicono di sì” e “Tutti dicono sì” sono comunicazionalmente identici, sia dal punto di vista formale (poiché il “di” è assolutamente irrilevante), sia dal punto di vista del contenuto, poiché entrambi i claim suggeriscono adesione e simpatia ai relativi prodotti;
  2. accertato l’anteriorità dell’uso del claim da parte di La Linea Verde, statuendo, tra le altre cose, che la divulgazione sul web e in una fiera di settore, anche se non sono comunicazioni censite dai motori di ricerca pubblicitari (come Easy way), sono adeguate a provare l’anteriorità di una comunicazione;
  • accertato che il claim non era mai stato utilizzato in precedenza nel mercato di riferimento e neppure in altri mercati nel decennio precedente;

ha però affermato che lo slogan Del Monte deve considerarsi “logico sviluppo di una ideazione pubblicitaria che Del Monte, incontestabilmente, ha proposto da lungo tempo”, riferendosi alla nota pubblicità, “L’uomo Del Monte ha detto sì”, diffusa tra gli anni ’80 e ’90 e a quella meno nota “Sì al meglio, sì a Del Monte”.

Il Giurì ha in particolare affermato che, anche se si verifica una sovrapposizione formale tra i due claim, i due messaggi hanno una propria fisionomia che ne impedisce la loro sovrapposizione nella percezione del pubblico (ciò, a mio avviso contraddicendosi, dopo avere riconosciuto nella stessa decisione che i due claim suggeriscono il medesimo significato, ossia adesione e simpatia ai prodotti).

Pare quindi che la giurisprudenza del Giurì abbia operato una svolta importante in tema di imitazione e confondibilità dei claim (art. 13). E’ stato ritenuto lecito usare due claim (formalmente e ideologicamente) identici, ritenuti originali, sulla base di una continuità tra un’espressione specifica (“tutti dicono sì”) ed il percorso comunicativo (il “dire sì” di Del Monte).

Si tratta di un cambio di direzione del quale occorre prendere atto e che potrà, in futuro, creare grossi problemi ai creativi ed ai loro avvocati: non sarà sufficiente verificare se un claim o una idea pubblicitaria è già stata utilizzata da altri, ma bisognerà anche accertare che essa non possa costituire “un logico sviluppo” di una comunicazione, diversa, altrui. Giudizio, quest’ultimo, che si presenta dotato di una straordinaria soggettività, ai danni della certezza del diritto, principio cardine di ogni ordinamento giuridico.

L’autore di questo articolo è Elena Carpani.