Falsi prodotti DOP – Corte di Giustizia UE si pronuncia sul caso dei formaggi de La Mancha

12 Giugno 2019

  • Europa
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  • Diritto alimentare

Con la recentissima pronuncia del 2 maggio 2019 (causa C-614/17), la Corte di Giustizia UE ha stabilito che la normativa europea in tema di protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari deve essere interpretata nel senso che «l’utilizzo di segni figurativi che evocano l’area geografica alla quale è collegata una denominazione d’origine […] può costituire un’evocazione [vietata dalla normativa europea, n.d.r.] della medesima anche nel caso in cui i suddetti segni figurativi siano utilizzati da un produttore stabilito in tale regione, ma i cui prodotti, simili o comparabili a quelli protetti da tale denominazione d’origine, non sono protetti da quest’ultima».

Questa sentenza, che prende spunto dal curioso caso dei formaggi de La Mancha, rappresenta una pietra miliare per la tutela delle eccellenze enogastronomiche nazionali, con importanti risvolti sui prodotti «Made in Italy».

Il caso

Il caso trae origine dalla commercializzazione, da parte dell’Industrial Quesera Cuquerella SL [«IQC»], di alcuni formaggi attraverso l’utilizzo di etichette evocative del noto personaggio di Miguel de Cervantes, ossia Don Chisciotte de La Mancha.

Nella sostanza, si trattava di etichette contenenti raffigurazioni tradizionali di Don Chisciotte, di un cavallo magro evocativo del cavallo «Ronzinante» e di paesaggi con mulini a vento, per commercializzare i formaggi «Super Rocinante», «Rocinante» e «Adarga de Oro» [il termine «adarga» rappresenta un arcaismo spagnolo, utilizzato da Miguel de Cervantes per indicare lo scudo di Don Chisciotte, n.d.r.], non compresi, però, all’interno del DOP «queso manchego» [formaggio de La Mancha, in spagnolo, n.d.r.].

Per tale ragione, la Fondazione Queso Manchego [«FQM»], incaricata della gestione e della protezione della DOP «queso manchego», si rivolgeva al giudice spagnolo, affinché dichiarasse che tale utilizzo, riguardando formaggi non compresi nella DOP, rappresentava una violazione della normativa europea in tema di protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari di cui al Regolamento U.E. 510/2016.

La decisione dei giudici spagnoli ed il rinvio del Tribunal Supremo

Tanto in primo che poi in secondo grado, i giudici spagnoli rigettavano la richiesta della FQM, ritenendo che l’utilizzo di immagini evocative de La Mancha per commercializzare formaggi non protetti dalla DOP «queso manchego», fosse in grado di indurre il consumatore a pensare, appunto, alla regione spagnola, ma non necessariamente alla DOP «queso manchego».

FQM si rivolgeva, quindi, al Tribunal Supremo spagnolo, che rinviava la questione alla Corte di Giustizia UE, ritenendo necessario, per risolvere il caso concreto, sapere come debba essere interpretata la normativa europea ed osservando che:

  • il termine «manchego» in spagnolo qualifica ciò che è originario de La Mancha e che la DOP «queso manchego» protegge i formaggi di pecora provenienti da tale regione e prodotti rispettando quanto previsto nel relativo disciplinare;
  • i nomi e le immagini utilizzate da IQC per commercializzare i propri formaggi, non protetti dalla DOP «queso manchego», richiamano Don Chisciotte e La Mancha, a cui tale personaggio è tradizionalmente associato.

La decisione della Corte di Giustizia UE

Con la sentenza del 02 maggio 2019, la Corte di Giustizia UE risponde ai quesiti posti dal Tribunal Supremo spagnolo.

  1. I segni figurativi sono in grado di ingenerare confusione nel consumatore?

Il Tribunal Supremo spagnolo chiede alla Corte UE di chiarire se l’uso di segni figurativi per evocare una DOP è in grado di per sé di ingenerare confusione nel consumatore.

La Corte, tenendo conto della volontà del legislatore UE di dare ampia protezione alle DOP, ha dato una risposta affermativa alla domanda del Tribunal Supremo, asserendo che «non si può escludere che segni figurativi siano in grado di richiamare direttamente nella mente del consumatore, come immagine di riferimento, i prodotti che beneficiano di una denominazione registrata, a motivo della loro vicinanza concettuale con siffatta denominazione».

  1. Ciò vale anche nel caso di prodotti simili non protetti, ma provenienti da un’area DOP?

In secondo luogo, il Tribunal Supremo chiede alla Corte UE se la tutela garantita dalla DOP vale anche nei confronti dei produttori localizzati nella stessa regione geografica, ma i cui prodotti non sono prodotti DOP.

Secondo la Corte UE, la normativa europea «non prevede alcuna deroga in favore di un produttore stabilito in un’area geografica corrispondente alla DOP e i cui prodotti, senza essere protetti da tale DOP, sono simili o comparabili a quelli protetti da quest’ultima». Pertanto anche a questa domanda va data una risposta affermativa.

Il motivo è molto semplice: se si introducesse una deroga in favore di prodotti simili non protetti, ma provenienti dalla stessa area DOP (in questo caso ci si riferisce a tutti gli altri formaggi prodotti nella regione geografica de La Mancha, ma non rientranti nella DOP «queso manchego»), si consentirebbe ad alcuni produttori di trarre «un vantaggio indebito dalla notorietà di tale denominazione».

  1. A quale nozione di consumatore bisogna fare riferimento?

Sempre secondo la Corte di Giustizia UE, spetta al giudice nazionale la relativa valutazione, avendo riguardo alla «presunta reazione del consumatore, essendo essenziale che il consumatore effettui un collegamento tra gli elementi controversi», ossia i «segni figurativi che evocano l’area geografica il cui nome fa parte di una denominazione d’origine […] e la denominazione registrata».

La nozione di «consumatore» a cui bisogna fare riferimento per valutare se l’utilizzo di immagini richiamati una DOP può ingenerare confusione sul mercato, è quella di «consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto», tenendo presente, tuttavia, che lo scopo della normativa europea è quella di «garantire una protezione effettiva e uniforme delle denominazioni registrate contro qualsiasi evocazione nel territorio dell’Unione».

Di conseguenza, conclude la Corte di Giustizia UE:

  • la valutazione con riferimento al consumatore dello Stato membro potrebbe già da sola sufficiente a far scattare la tutela predisposta;
  • tuttavia, il fatto che si possa escludere l’evocazione per il consumatore di uno Stato membro, non è di per sé sufficiente a escludere che l’utilizzo delle immagini possa ingenerare confusione nei consumatori.

La tutela del «Made in Italy»

La sentenza della Corte di Giustizia UE rappresenta un precedente importantissimo per il c.d. «Made in Italy», perché concede ai consorzi italiani di agire contro i produttori che – attraverso l’utilizzo di immagini evocative – cercano di ingenerare nel consumatore la convinzione che loro i prodotti siano di origine protetta.

I falsi prodotti DOP non rappresentano soltanto una forma di concorrenza sleale, attribuendo un «vantaggio indebito» derivante dalla notorietà di una denominazione, ma sono in grado di determinare un danno di immagine gravissimo ai produttori italiani, conosciuti in tutto il mondo per la loro eccellenza, e che nel 2017 hanno contribuito a creare un giro d’affari legato al turismo enogastronomico pari a più di 12 miliardi di euro.

Una questione che, in fin dei conti, non interessa, quindi, soltanto i produttori.

Giuliano Stasio

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