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Cina – Truffe via Internet
2 Luglio 2020
- Distribuzione
Riassunto
Anche in Italia l’emergenza Covid-19 ha accelerato parecchio la transizione verso l’e-commerce, sia nei rapporti B2C che in molti settori B2B. Molte imprese si sono trovate ad operare su internet per la prima volta, spostando nel mondo digitale le relazioni commerciali e i rapporti con i clienti.
Purtroppo, accade spesso che dietro a manifestazioni di interesse di potenziali clienti si nascondano dei tentativi di truffa. E’ il caso, in particolare, di nuovi contatti commerciali provenienti dalla Cina, via email o tramite il sito web aziendale o i profili sui social network dell’azienda.
Vediamo quali sono gli schemi ricorrenti di truffe, piccole e grandi, che ricorrono frequentemente, soprattutto nel mondo del vino, nel settore alimentare e in quello della moda.
Di cosa parlo in questo post:
- La richiesta di prodotti via internet da un compratore cinese
- La legalizzazione del contratto in Cina, la firma dal notaio cinese e altre spese
- La modifica dei termini di pagamento (Man in the mail)
- La falsa registrazione del marchio o dominio web
- Designer e prodotti di moda: la fantomatica piattaforma e-commerce
- La truffa dei bitcoin e delle criptovalute
- Come verificare i dati di una società cinese
- Come possiamo aiutarti
Affare imperdibile, normale richiesta commerciale o tentativo di raggiro?
Fortunatamente i malintenzionati in Cina (e non solo: spesso questo tipo di truffe viene perpetrato anche da criminali di altri paesi) non sono molto creativi e gli schemi utilizzati per i “bidoni” sono ben noti e ricorrenti: vediamo i principali.
L’invito a firmare il contratto in Cina
Il caso più frequente è quello di una società cinese che, dopo aver reperito informazioni sui prodotti italiani attraverso il sito web dell’azienda italiana, comunica via email la disponibilità ad acquistare importanti quantitativi di merce.
Segue di solito un primo scambio corrispondenza via email tra le parti, all’esito del quale la società cinese comunica la decisione di acquistare i prodotti e chiede di finalizzare l’accordo in tempi molto rapidi, invitando la parte italiana a recarsi in Cina per concludere la trattativa e non lasciar sfumare l’affare.
Molti ci credono e non resistono alla tentazione di saltare sul primo aereo: sbarcati in Cina la situazione sembra ancor più allettante, visto che il potenziale compratore si dimostra un negoziatore molto arrendevole, disponibile ad accettare tutte le condizioni proposte dalla parte italiana e frettoloso di concludere il contratto.
Questo però non è un buon segno, anzi: deve suonare come un campanello d’allarme. E’ noto che i cinesi sono negoziatori abili e molto pazienti e le trattative commerciali di solito sono lunghe e snervanti: una trattativa troppo semplice, soprattutto se si tratta del primo incontro tra le parti, è molto sospetta.
Che ci si trovi di fronte ad un tentativo di truffa è certificato poi dalla richiesta di alcuni pagamenti in Cina al fine di poter concludere l’affare.
Esistono diverse varianti di questo primo schema.
Le più comuni sono la richiesta di pagare una tassa di registrazione del contratto presso un notaio cinese; un contributo spese per incombenti amministrativi o doganali; un pagamento in contanti per ammorbidire le autorità preposte ed ottenere in tempi rapidi licenze o permessi di importazione dei beni, l’offerta di pranzi o cene a potenziali partner commerciali (a prezzi gonfiati), il soggiorno in un albergo prenotato dalla parte cinese, salvo poi ricevere la sorpresa di un conto esorbitante.
Rientrato in Italia, purtroppo, molto spesso il contratto firmato resterà un inutile pezzo di carta, il fantomatico cliente si renderà irreperibile e la società cinese risulterà inesistente. Si avrà allora la certezza che l’intera operazione era architettata al solo fine di estorcere all’incauto straniero qualche migliaio di euro.
Lo stesso schema (ossia l’ordine commerciale seguito da una serie di richieste di pagamento) può anche essere effettuato online, con motivazioni simili a quelle indicate: gli indizi della truffa sono sempre il contatto da parte di uno sconosciuto per un ordine di valore molto elevato, un negoziato molto rapido con richiesta di concludere l’affare in tempi stretti e la necessità di procedere a qualche pagamento anticipato prima di concludere il contratto.
Il pagamento su un diverso conto corrente
Un’altra truffa molto frequente è quella del conto corrente bancario diverso da quello solitamente utilizzato.
Qui le parti di solito sono invertite. La società cinese è il venditore dei prodotti, da cui l’imprenditore italiano intende acquistare o ha già acquistato una serie di partite di merce.
Un giorno il venditore o l’agente di riferimento informa il compratore che il conto corrente bancario normalmente utilizzato è stato bloccato (le scuse più frequenti sono che stato ecceduto il limite di valuta estera autorizzato, o sono in corso verifiche amministrative, o semplicemente si è cambiata la banca utilizzata), con invito a provvedere al pagamento del prezzo su un diverso conto corrente, intestato ad altro soggetto.
In altri casi la richiesta è motivata dal fatto che la fornitura dei prodotti avviene per il tramite di un’altra società, che è titolare della licenza di esportazione dei prodotti ed è autorizzata a ricevere il pagamento per conto del venditore.
Dopo avere eseguito il pagamento, il compratore italiano riceve l’amara sorpresa: il venditore dichiara non ha mai ricevuto il pagamento, che il diverso conto corrente non appartiene alla società e che la richiesta di pagamento su altro conto proveniva da un hacker che ha intercettato la corrispondenza tra le parti.
Solo a quel punto, verificando l’indirizzo email dal quale è stata trasmessa la richiesta di utilizzo del nuovo conto corrente, il compratore si avvede in genere di qualche piccola differenza nell’account email utilizzato per la richiesta di pagamento sul diverso conto (es. diverso nome a dominio, diverso provider o differente nome utente).
Il venditore a quel punto si renderà disponibile a spedire la merce solo a condizione che il pagamento venga rinnovato sul conto corrente corretto, cosa che – evidentemente – è bene non fare per non essere ingannati una seconda volta. Le ricerche di verifica dell’intestatario del falso conto corrente in genere non portano ad alcuna risposta da parte della banca e sarà di fatto impossibile identificare gli autori della truffa.
La truffa della falsa registrazione del marchio o del dominio web in Cina
Un altro classico schema cinese è l’invio di un’email con la quale si informa di aver ricevuto una richiesta da parte di un soggetto cinese, intenzionato a registrare un marchio o un dominio web identico a quello della società destinataria della comunicazione.
A scrivere è una sedicente agenzia cinese del settore, che comunica la propria disponibilità ad intervenire e sventare il pericolo, bloccando la registrazione, a condizione che si provveda in tempi rapidissimi e si paghi anticipatamente il servizio.
Anche in questo caso siamo di fronte ad un maldestro tentativo di truffa: meglio cestinare subito l’email.
A proposito: se non avete registrato il vostro marchio in Cina, fatelo subito. Ci fosse interessato ad approfondire l’argomento può farlo qui.
Designer e prodotti di moda: la fantomatica piattaforma di e-commerce
Una truffa molto diffusa è quella che riguarda designer e aziende del settore moda: anche in questo caso il contatto arriva tramite il sito web o l’account social media dell’azienda ed esprime un grande interesse per importare e distribuire in Cina prodotti del designer o del brand italiano.
Nei casi che di cui mi sono occupato in passato la proposta è accompagnata da un corposo contratto di distribuzione in inglese, che prevede la concessione in esclusiva del marchio e del diritto di vendere i prodotti in Cina a favore di una fantomatica piattaforma online cinese, in corso di costruzione, che consentirà di raggiungere un elevatissimo numero di clienti.
Dopo avere firmato il contratto i pretesti per estorcere denaro all’azienda italiana sono simili a quelli visti in precedenza: invito in Cina e richiesta di una serie di pagamenti in loco, oppure necessità di coprire una serie di costi di cui si deve far carico la parte cinese per avviare le operazioni commerciali in Cina: registrazione del brand, adempimenti doganali, ottenimento di licenze, etc (ovviamente tutti inventati).
La truffa dei bitcoin e delle criptovalute
Di recente uno schema di truffa di provenienza cinese è quello della proposta di investire in bitcoin, con garanzia di un ritorno minimo garantito sull’investimento molto allettante (in genere 20 o 30%).
Il presunto trader si presenta in questi casi come rappresentante di un’agenzia con sede in Cina, spesso facendo riferimento ad un sito web costruito ad hoc e a presentazioni dei servizi di investimento realizzate in inglese.
Nello schema si coinvolge solitamente anche una banca internazionale, che funge da agente o depositaria delle somme: in realtà chi scrive è sempre l’organizzazione criminale, da un account fasullo che assomiglia a quello della banca o dell’intermediario finanziario.
Una volta pagate le somme il broker scompare e non è possibile rintracciare i fondi perché il conto corrente bancario viene chiuso e la società scompare, o perché i pagamenti sono stati fatti tramite bitcoin.
Gli indizi della truffa anche in questo caso sono simili a quelli visti in precedenza: contatto proveniente da internet o via email, proposta commerciale molto allettante, fretta di concludere l’accordo.
Come capire se abbiamo a che fare con una truffa via internet
Nei casi visti sopra, ed in altri simili, una volta perpetrata la truffa è pressoché inutile cercare di porvi rimedio: i costi e le spese legali sono di solito superiori al valore del danno e nella maggioranza dei casi è impossibile rintracciare il responsabile del raggiro.
Ecco allora qualche consiglio utile – oltre al buon senso – per evitare di cadere in tranelli simili a quelli descritti:
Come verificare i dati di una società cinese
La denominazione della società in caratteri latini e il sito web in inglese non hanno alcuna valenza ufficiale, sono semplici traduzioni di fantasia: l’unico modo di verificare i dati della società cinese e delle persone che la rappresentano (o dicono di farlo) è quello di verificare la business licence originale e accedere al data base del SAIC (State Administration for Industry and Commerce).
Ogni società cinese ha infatti una business license (equivalente alla visura CCIAA italiana) rilasciata dalla SAIC (che contiene le seguenti informazioni:
- nome ufficiale della società in caratteri cinesi;
- numero di registrazione;
- sede;
- oggetto sociale;
- data di costituzione e scadenza;
- legale rappresentante;
- capitale registrato e versato.
Si tratta di un documento in lingua cinese, simile al seguente:
Verificare le informazioni, con l’aiuto di un professionista competente, consentirà di appurare se la società esiste o meno, l’identità dell’interlocutore, l’affidabilità della società e il fatto che il sedicente rappresentante possa in effetti spendere il nome della società.
Chiedere referenze commerciali
A prescindere che l’interesse sia per importare vino italiano, per il settore della moda o del design o altro prodotto Made in Italy, una verifica semplice da fare è quella di chiedere con che altre società italiane o internazionali il nostro interlocutore ha lavorato in precedenza, per validare le informazioni ricevute.
Nella maggior parte dei casi la parte cinese opporrà di non poter dare referenze per motivi di privacy, il che conferma il sospetto che in realtà tali fantomatici casi di successo non esistano e si tratti di un tentativo di truffa.
Gestire con attenzione i pagamenti
Smarcati positivamente i primi punti, è bene procedere comunque con molta prudenza, specie nel caso di nuovo cliente o fornitore. Nel caso di vendita di prodotti ad un compratore cinese è opportuno chiedere un pagamento in acconto anticipato e il saldo del prezzo all’avviso di merce pronta, oppure l’apertura di una lettera di credito.
Nel caso in cui la parte cinese sia il fornitore è raccomandato prevedere un’ispezione on site della merce, con incarico a società terza di certificare la qualità dei prodotti e la rispondenza alle specifiche contrattuali.
Verificare le richieste di cambiamento delle modalità di pagamento
Se una relazione commerciale è già in corso e viene chiesto di cambiare la modalità di pagamento del prezzo, va verificata con attenzione l’identità e l’account email del richiedente e per sicurezza è bene chiedere conferma dell’istruzione anche attraverso altri canali di comunicazione (scrivendo ad altra persona in azienda, telefonando o mandando un messaggio via wechat).
Come possiamo aiutarti
Legalmondo offre la possibilità di lavorare con un avvocato specializzato per esaminare la tua esigenza o assisterti nella redazione di un contratto o nei negoziati contrattuali con la Cina.
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