La clausola di scelta del foro – Giudice italiano o straniero?

8 Settembre 2020

  • Cina
  • Distribuzione

Riassunto – In un contratto con controparte straniera o nelle condizioni generali di vendita o di acquisto internazionale è frequente l’utilizzo della clausola di scelta del foro competente e della legge applicabile. Spesso la scelta, però, non viene fatta in modo consapevole e può portare a risultati contrari agli interessi della parte che la predispone. Vediamo in questo articolo come procedere a questa scelta in modo corretto ed utile.


La clausola del contratto che disciplina la modalità di risoluzione delle controversie e la legge applicabile al rapporto è spesso chiamata la “midnight clause”, facendo riferimento al fatto che in molti modelli di contratto questa clausola è tra le ultime del documento e viene dunque discussa al termine delle trattative, spesso a tarda notte, quando le parti sono esauste e desiderose di firmare il contratto.

I casi ricorrenti sono due: nel primo, la decisione viene presa con noncuranza e in maniera frettolosa, posto che le parti ritengono di avere già raggiunto l’accordo sulle questioni importanti del contratto e non danno peso – a torto – alla previsione sulla risoluzione delle liti.

Nel secondo caso accade il contrario: sulla decisione del giudice competente e della legge applicabile si genera un muro contro muro, con entrambe le parti risolute – in genere per una questione di principio e di diffidenza verso le norme straniere – ad imporre la giurisdizione nel proprio paese e l’applicabilità della legge nazionale.

Entrambi gli scenari sono molto delicati, perché espongono al rischio di decisioni sbagliate o di pessimi compromessi, che possono giungere a vanificare la futura possibilità di agire in giudizio.

E’ fondamentale che questa clausola venga affrontata in modo consapevole e non improvvisato: vediamo alcune considerazioni da tenere a mente al momento di scegliere la giurisdizione e la legge applicabile.

Il giudice straniero non è un tabù

Facciamo un esempio pratico: un contratto tra una società italiana e una controparte cinese.

Per lungo tempo gli stranieri sono stati, giustamente, terrorizzati dall’idea di rivolgersi al giudice cinese, che era un funzionario statale proveniente da altre amministrazioni pubbliche, di assai dubbia imparzialità, politicizzato e in genere del tutto incompetente.

La situazione oggi è cambiata e, quantomeno nelle città oggetto da anni di investimenti internazionali, il livello di preparazione della magistratura è certamente migliorato, i costi di un contenzioso sono tutto sommato contenuti, i tempi di un giudizio di primo grado rapidi (circa 6 mesi) e la possibilità di un equo giudizio, se ben difesi da un avvocato competente, certamente alla portata.

Si può – e si deve- dunque valutare l’opzione di prevedere la giurisdizione cinese in contratto, considerando i futuri scenari possibili in caso di future vertenze.

Lo stesso ragionamento va fatto, caso per caso, con altri paesi: prima di rifiutare la scelta di giurisdizione nel paese straniero, occorre valutare quali siano i pro e i contro di un’eventuale azione legale in Italia e quale sarebbe la situazione se la causa venisse instaurata presso un giudice del paese straniero in cui ha sede la controparte.

Tra gli elementi da valutare vi sono i seguenti:

  • L’efficienza del sistema giudiziario del paese straniero
  • I costi del procedimento giudiziario (tasse)
  • I costi legali (onorari degli avvocati del paese straniero)
  • Tempi e costi del procedimento per ottenere il riconoscimento della sentenza italiana nel paese straniero

Attaccare in trasferta, difendersi in casa

La scelta sul foro competente può essere, in primo luogo, una scelta tattica: se è probabile che eventuali futuri contenziosi siano attivati dalla controparte, usando una metafora calcistica, optare per il giudice italiano concede la il vantaggio del fattore campo.

Per una società straniera, infatti, sarà più difficile iniziare la causa e gestire un contenzioso in Italia, con necessità di essere assistita da legali italiani, di applicare una legge con cui non ha familiarità e di sostenere costi di viaggio per comparire avanti ad un tribunale italiano.

Se invece, al contrario, è probabile che sia la società italiana a doversi attivare con un’azione giudiziaria (ad esempio per il pagamento del prezzo, o per ottenere l’adempimento o la risoluzione del contratto) “giocare in attacco” presso il giudice del luogo in cui viene eseguito il contratto (e ha sede, in genere, la controparte straniera) può comportare molti vantaggi, tra i quali quello di ottenere in tempi rapidi una sentenza direttamente eseguibile nel paese in cui ha sede la controparte.

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La clausola “asimmetrica”

Una soluzione intermedia, che consente di fruire dei benefici sia della giurisdizione italiana, sia di quella del paese in cui ha sede la controparte straniera, è la cosiddetta clausola “asimmetrica”.

Tali clausole prevedono la facoltà di una sola parte di introdurre la lite sia davanti al giudice indicato nel contratto (ad esempio Italiano), sia dinanzi a quello che sarebbe competente secondo i criteri ordinari di giurisdizione, ad esempio il foro della sede della parte straniera (ad esempio, i giudici della città di Pechino).

L’altro contraente non ha questa facoltà di scelta ed è quindi obbligato a promuovere eventuali controversie soltanto dinanzi all’autorità giudiziaria contrattualmente indicata (il giudice italiano).

Mentre questo tipo clausola è generalmente considerato valido in Italia e nella UE, è bene verificarne la legittimità nel caso si applichi al contratto una legge straniera.

Dove andrà eseguita la sentenza?

Uno dei fattori importanti nella decisione sul foro è certamente il luogo di esecuzione della sentenza: occorre, cioè, considerare quali tipi di vertenze si potranno generare nella relazione commerciale e dove sarà possibile eseguire la sentenza ottenuta, se in Italia o nel paese in cui ha sede la controparte.

Rimaniamo sull’esempio del contratto con una parte cinese.

Nella maggioranza dei casi la parte cinese ha asset (beni e crediti aggregabili) solo in Cina e se la sentenza favorevole alla parte italiana non venisse spontaneamente adempiuta (scenario molto frequente) si renderebbe necessario procedere all’esecuzione forzata, appunto, in Cina.

Per questa ragione prevedere la giurisdizione del giudice italiano può essere una mossa controproducente, che obbliga prima a radicare una causa in Italia, spesso con tempi molto lunghi, e poi a chiedere il riconoscimento della sentenza italiana nella Repubblica Popolare Cinese: ciò è possibile grazie al Trattato per l’assistenza giudiziaria in materia civile del 1991, ma il procedimento è molto burocratico, richiede la traduzione in cinese e la legalizzazione della sentenza e di tutti i documenti e nel corso del giudizio di riconoscimento la parte cinese farà tutto il possibile per complicare e ritardare il riconoscimento della decisione.

Il risultato è che, anziché ottenere una sentenza eseguibile in Cina in pochi mesi (ricorrendo al giudice Cinese) si perdono diversi anni, incorrendo in costi molto superiori e con l’amara sorpresa, anche questa purtroppo frequente, che al termine della procedura di riconoscimento la controparte cinese risulta irreperibile o insolvente o non è comunque possibile reperire beni da aggredire esecutivamente.

Testimoni, perizie e documenti

Un altro fattore da tenere presente è legato alla natura del contratto e al luogo di svolgimento delle prestazioni delle parti: in caso di contratto con obbligazioni da svolgere in Cina (come ad esempio la gestione di un punto vendita, lo svolgimento di attività promozionale da parte di un agente o concessionario, la fornitura o assemblaggio di prodotti) l’istruttoria della causa, ossia l’audizione dei testimoni, l’eventuale incarico ad un perito di esaminare un prodotto, l’analisi dei documenti necessari per decidere la causa, può essere agevole presso il giudice Cinese, mentre sarebbe estremamente difficile, se non del tutto impossibile e certamente anti-economica, presso un foro Italiano. E viceversa, naturalmente.

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Tutela urgente e Misure cautelari

Può accadere, infine, che sia urgente ricorrere al giudice per avere tutela di situazioni che non possono attendere i tempi di una causa ordinaria: rimanendo all’esempio del contratto con la Cina un caso tipico è quello del concessionario o franchisee che opera in concorrenza sleale con il produttore o franchisor, vendendo merce contraffatta o rifiutando di restituire negozi e materiali di proprietà del produttore/ franchisor dopo la cessazione del contratto.

In tali casi avere la possibilità di adire il giudice cinese con richiesta di un procedimento cautelare, ossia una misura urgente finalizzata a far cessare il comportamento illegittimo in corso, è fondamentale.  Ciò è possibile se il contratto prevede la giurisdizione cinese o un arbitrato con sede in Cina, mentre l’eventuale previsione in contratto della giurisdizione italiana precluderebbe il ricorso ad un’azione legale urgente in Cina, con la conseguenza, molto grave, che non sarebbe possibile agire in modo efficace e tempestivo per limitare i gravi danni di avviamento commerciale ed immagine.

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Stesso giudice, stessa legge

Un compromesso per rompere lo stallo nelle trattative è spesso quello di scegliere il giudice di un paese e la legge dell’altro, quando non addirittura di prevedere il giudice di un paese terzo e la legge di un paese ancor diverso.

Soluzioni “creative” di questo tipo sono assolutamente da evitare: è bene che il giudice adito sia quello di uno dei paesi delle parti (idealmente quello di esecuzione della sentenza, come detto sopra) e che il Giudice possa decidere la causa sulla base della normativa con cui Giudice e avvocati delle parti hanno familiarità.

In caso contrario è necessario che le norme della legge applicabile debbano essere indicate dalle parti (raramente in accordo tra loro) o che venga nominato un consulente esperto della legge in questione, con notevole incremento dei costi di lite, complicazione della trattazione della causa e allungamento dei tempi.

Qualche esempio

Sottoporre un NDA – Non Disclosure Agreement – con una società con sede negli USA o in Cina alla legge italiana e alla giurisdizione italiana può risultare un’arma spuntata: in caso sia necessario agire in giudizio e ottenere la cessazione urgente di comportamenti illegittimi di utilizzo delle informazioni riservate è molto più rapido ed efficace agire direttamente presso il foro in cui ha sede la controparte o con un arbitrato, ottenendo un provvedimento direttamente esecutivo nel paese.

Se il contratto è una vendita internazionale e il compratore ha sede in un paese all’interno della UE può essere utile una clausola “asimmetrica”, che consenta, ad esempio, di adire il giudice italiano per ottenere un decreto ingiuntivo (che una volta definitivo si può eseguire direttamente all’interno dello spazio giuridico comunitario) ma anche di radicare la causa presso il giudice del paese in cui ha sede il convenuto, nel caso in cui ciò risultasse preferibile perché il procedimento è rapido e i costi contenuti (per approfondire l’argomento, vedi questo post sul Recupero del Credito all’estero).

Se la controparte ha sede in un paese in cui l’accesso alla giustizia ordinaria è problematico o non dà garanzie di un processo imparziale in tempi certi, si può valutare l’inserimento di una clausola arbitrale, previa verifica che un lodo arbitrale internazionale sia automaticamente eseguibile perché lo stato in cui ha sede la controparte è membro della Convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali stranieri. 

Conclusioni

La clausola di scelta del foro (e della legge applicabile) è una clausola fondamentale di un contratto (o di condizioni generali di contratto) internazionale.  La scelta del foro deve essere compiuta in maniera consapevole e caso per caso, in base al paese di esecuzione del contratto e alla tipologia di controversie che si prevede ne possa derivare; non sempre il Giudice italiano è la scelta migliore e può essere opportuno, in alcuni casi, scegliere la giurisdizione straniera oppure prevedere una clausola arbitrale. Il mio consiglio è di predisporre i contratti internazionali insieme ad un consulente specializzato, evitando l’uso di un unico modello per tutti i paesi in cui opera l’impresa.

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Roberto Luzi Crivellini

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