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Il contratto di distribuzione commerciale in Cina
8 Settembre 2021
- Contratti
- Commercio internazionale
- Distribuzione
- Marchi e brevetti
Riassunto
Come è regolato il contratto di distribuzione commerciale in Cina?
Vediamo quali sono le clausole importanti, come negoziare gli accordi di distribuzione e concessione di vendita e quali sono gli aspetti della relazione commerciale ai quali prestare più attenzione: esclusiva, durata e periodo di preavviso, patto di non concorrenza, gestione del marchio e della proprietà intellettuale, vendite via e-commerce e modalità di risoluzione delle controversie.
Di cosa parlo in questo articolo:
- La normativa applicabile ai contratti di distribuzione in Cina
- La forma del contratto di distribuzione e la sua conclusione
- Il contratto di vendita internazionale in Cina
- Le trattative contrattuali con clienti e distributori in Cina
- L’esclusiva territoriale in un accordo di distribuzione sul mercato cinese
- Il patto di non concorrenza
- La distribuzione Omnichannel
- Come proteggere la proprietà intellettuale in Cina
- Licenza di marchio, flagship stores e Franchising sul mercato cinese
- Durata e cessazione dell’accordo di distribuzione
- Come gestire lo stock di prodotti dopo il termine del contratto
- La legge applicabile al contratto di distribuzione in Cina
- Le clausole per la risoluzione delle controversie (giudice cinese o italiano e arbitrato)
Come sono regolati gli accordi di distribuzione commerciale in Cina?
Non esiste una normativa specifica applicabile ai contratti di distribuzione in Cina.
Per contratto di distribuzione internazionale si intende il contratto con il quale un soggetto (il produttore, nel nostro caso con sede in Italia) affida ad un altro soggetto (distributore, con sede in Cina) il diritto di acquistare determinati prodotti, per poi rivenderli sul mercato cinese.
Quando si parla di contratto di concessione di vendita si fa riferimento ad un contratto di distribuzione nel quale il produttore- concedente affida al distributore-concessionario non solo il diritto di acquistare e vendere i prodotti, ma anche l’obbligo di promuovere le vendite secondo modalità concordate tra le parti, spesso con la contropartita di un’esclusiva territoriale.
Esistono poi forme miste di accordi di distribuzione, nei quali il distributore cinese può anche agire in forma di agente commerciale: in questo post non ne parlo, ma chi fosse interessato ad approfondire il tema degli accordi di agenzia in Cina può leggere questo report su Legalmondo.
Gli accordi di distribuzione in Cina sono regolati dalla legge sui contratti (1999) che è un ibrido con elementi dei sistemi socialista, romano, tedesco e di convenzioni internazionali.
Principi importanti, da tenere a mente quando si redigono accordi di distribuzione con un partner cinese, sono l’uguaglianza (“pingdeng” – art. 3) la libera volontà (“ziyuan” – art. 4) l’equità (“gongping” – art. 5) e la buona fede (“chengshixinyong” – art. 6).
Per questo motivo, anche se un contratto di distribuzione è validamente concluso verbalmente o con comportamenti concludenti, è importante redigere un contratto scritto che sia chiaro, equilibrato e completo, poiché questo documento sarà la principale fonte di disciplina degli obblighi delle parti.
Chi preferisce che il rapporto commerciale sia regolato da accordi verbali solitamente giustifica questa scelta con la convinzione che ciò sia preferibile perché lascia le parti più libere: ciò è sbagliato e sconsigliato, perché un accordo verbale non consente di avere certezza su elementi fondamentali del rapporto di distribuzione, tra i quali, solo per citare i principali: il territorio assegnato al distributore, l’esclusiva, la durata, il periodo di preavviso per il recesso, il contenuto dell’attività di promozione dei prodotti, il diritto di utilizzo dei marchi e di altri elementi di proprietà intellettuale del produttore, la legge applicabile e le modalità di risoluzione delle controversie.
La forma del contratto di distribuzione in Cina
I contratti di distribuzione e di vendita sono validi anche solo in lingua inglese, ma è consigliabile negoziare e firmare un accordo bilingue (inglese-cinese): prevedere anche una versione cinese, infatti, evita incomprensioni sul contenuto dell’accordo ed è importante in tutti i casi in cui il contratto debba essere utilizzato avanti a qualche ente amministrativo o in caso di contenziosi giudiziari in Cina, poiché il cinese è l’unica lingua ufficiale ammessa nei tribunali e davanti agli enti pubblici.
È bene sapere poi che è prassi in Cina non solo firmare il contratto ma anche apporre il timbro della società: il timbro in Cina è un unico esemplare di legno, realizzato quando la società è costituita, che è tenuto dalla persona che ha il potere di rappresentare la società ed è dunque un’indicazione importante che il firmatario è un rappresentante autorizzato della società.
Il contratto di vendita internazionale in Cina
Per quanto riguarda i singoli contratti di vendita all’interno dell’accordo di distribuzione, va ricordato che, come l’Italia, la Cina è membro della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni del 1980 (CISG).
Al fine di applicare questa normativa sulla vendita internazionale ai contratti con il distributore con sede in Cina è sufficiente non escludere l’applicazione della CISG, che si applica automaticamente ed è una normativa bilanciata, chiara, comune alle parti e facilmente reperibile.
Non è del tutto chiaro, invece, se Hong Kong e Macao debbano essere considerati Stati contraenti dopo il trasferimento di sovranità alla Cina: è consigliabile, quindi, quando si contratta con aziende con sede in tali territori, prevedere espressamente l’applicazione della CISG (“opt in”).
Escludere l’applicazione della CISG ai contratti di vendita è un errore abbastanza frequente, basato sulla convinzione che la legge italiana offra un maggior grado di tutela al venditore: ciò non è vero (anche perchè la CISG può essere derogata da patti tra le parti) e comporta complicazioni non necessarie.
Quanto alla forma e al contenuto del contratto di vendita o delle condizioni generali di vendita, anche questi contratti è bene che siano redatti nelle due lingue: le principali clausole riguardano le modalità di invio e accettazione degli ordini, i termini di pagamento e consegna, le modalità e i termini di denuncia dei vizi e la loro conseguenza, eventuali limitazioni di responsabilità del venditore, la durata e il contenuto della garanzia di buon funzionamento.
Le trattative contrattuali con clienti e distributori in Cina
La prima accortezza da osservare nel caso in cui il potenziale distributore non sia una società già nota al produttore è verificare la bontà delle informazioni commerciali ricevute.
Per procedere in tal senso è necessario richiedere copia della business license della società (l’equivalente della visura camerale italiana) e accedere poi al portale della State Administration of Industry and Commerce (SAIC), nel quale si possono verificare i principali dati societari: denominazione, oggetto sociale, capitale registrato, sede, compagine dei soci.
E’ consigliabile anche verificare le referenze commerciali del distributore, specie se ha già lavorato con società straniere, e chiedere una presentazione con il piano di sviluppo del mercato e gli obiettivi che intende raggiungere.
L’ultima raccomandazione è quella di essere molto cauti nel caso di ricezione di candidature spontanee per l’acquisto o la distribuzione dei prodotti in Cina: queste manifestazioni di interesse, che spesso giungono attraverso il sito web della società italiana, possono nascondere piccole o grandi truffe: ne parlo in maniera diffusa in questo post su Legalmondo.
Negoziati e accordi pre-contrattuali in Cina: Memorandum of Understanding e Non Disclosure Agreement (NDA)
Il negoziato con una controparte cinese è generalmente difficile, per una serie di fattori, tra i quali i principali sono le differenze linguistiche, culturali e nella modalità di fare affari.
Un consiglio per svolgere le trattative nel modo più ordinato, sicuro ed efficace possibile è quello di utilizzare alcuni strumenti contrattuali che sono molto utili.
Il primo è il Non Disclosure Agreement (NDA) o Accordo di riservatezza, che è bene utilizzare nel caso in cui si condividano informazioni riservate, di natura tecnica o commerciale: è importante che questo accordo venga redatto in modo che possa essere valido in Cina e se ne possa ottenere il rispetto in caso di violazioni da parte del potenziale partner cinese: ne parlo in maniera approfondita in questo post su Legalmondo.
Il secondo accordo è il Memorandum of Understanding (MoU) o Letter of Intent (LoI), che è una road map del negoziato nella quale le parti condividono gli obiettivi della trattativa, la durata dei negoziati, l’eventuale obbligo a negoziare in esclusiva e in modo riservato, i punti salienti dei futuri accordi, che si impegnano a negoziare in buona fede, la modalità di risoluzione delle eventuali controversie.
Il MoU può anche prevedere diverse fasi del progetto commerciale, stabilendo obiettivi e tempistiche e condizioni al raggiungimento delle quali le parti concordano di negoziare altri step del rapporto, come la costituzione di una Joint Venture con il distributore cinese o l’inizio della produzione in Cina di certi componenti del prodotto.
Per chi fosse interessato ad approfondire il tema dei negoziati contrattuali e sull’utilità del MoU rimando a questo post su Legalmondo.
Accordi di distribuzione esclusiva in Cina
Esclusiva o non esclusiva a favore del distributore?
Durante le trattative contrattuali questo è spesso il principale punto di discussione.
Il distributore generalmente insiste per ottenere il diritto esclusivo di promozione e vendita su tutto il territorio cinese, mentre il produttore vuole evitare la concentrazione di tutte le vendite in un solo soggetto, specie se si tratta di un nuovo rapporto contrattuale e vi è incertezza sulle reali capacità commerciali del distributore.
Bisogna tener presente, a questo proposito, che la Cina è un paese di dimensioni continentali e le infrastrutture in molte zone sono ancora limitate: è quindi consigliabile, quantomeno in una prima fase, limitare l’esclusiva geografica a una o più province e prevedere, eventualmente, che il territorio concesso in esclusiva possa essere esteso nel caso in cui il distributore raggiunga determinati obiettivi commerciali che le parti hanno concordato.
Nel caso in cui l’esclusiva venga concessa, un’altra buona pratica è quella di prevedere dei target (“Minimum Turnover”), cioè stabilire degli obiettivi commerciali minimi da raggiungere in un certo periodo di tempo, con l’accordo espresso che in caso di mancato raggiungimento di questi obiettivi il produttore abbia facoltà di revocare l’esclusiva o terminare il contratto.
I patti sui minimi di fatturato, specie in relazione ad anni futuri, e le conseguenze della loro violazione sono clausole delicate, che vanno strutturate e gestite con attenzione: per chi fosse interessato ad approfondire questo argomento rimando a questo articolo su Legalmondo.
Infine, anche se Hong Kong e Macao sono sotto la sovranità cinese, è consigliabile prevedere espressamente se il contratto concede al distributore il diritto di vendere i prodotti anche in questi territori.
Il Patto di Non Concorrenza in un contratto di distribuzione in Cina
Un’altra clausola importante in un accordo di distribuzione in Cina riguarda la non concorrenza, specialmente in quei casi in cui il distributore già rappresenta e vende prodotti simili a quelli del produttore.
È consigliabile allegare al contratto una lista di prodotti di altre aziende che sono ammessi alla vendita da parte del distributore e chiarire quali sono i prodotti che il distributore non può vendere, con espressa previsione che qualsiasi cambiamento debba essere concordato per iscritto.
Nel caso di gruppi societari la previsione va estesa anche alle società controllate facenti parte del gruppo del distributore.
Questa è una disposizione chiave per l’inizio e la continuazione di un rapporto commerciale chiaro e corretto, motivo per il quale è necessario anche prevedere che il produttore sia autorizzato ad accedere alla contabilità del distributore e ad ispezionarne i magazzini e stabilire il diritto di risolvere l’accordo in caso di violazione del patto di non concorrenza da parte del distributore o di soggetti ad esso riconducibili.
La Distribuzione Omnichannel in Cina
Le vendite su Internet in Cina sono cresciute esponenzialmente negli ultimi venti anni: la Cina è oggi di gran lunga il più grande mercato per l’e-commerce e le vendite digitali giocano un ruolo importante anche nelle transazioni B2B.
Fino a qualche anno fa un contratto di distribuzione poteva essere strutturato in modo abbastanza semplice, cioè con la nomina da parte del produttore di uno o più distributori, responsabili dell’import dei prodotti in Cina e della loro vendita ai clienti finali in determinate aree geografiche.
Schematicamente, il quadro di un rapporto di distribuzione commerciale “tradizionale” può essere dunque raffigurato come segue
Oggi non si può non tenere in considerazione l’esistenza dei canali digitali, sui quali possono promuovere le vendite diversi soggetti, anche estranei alla rete distributiva.
Ci sono molti modi di vendere i prodotti tramite il commercio elettronico in Cina (Marketplace on-shore e off-shore, siti di e-commerce transfrontalieri e on-shore, social network) e il sistema, per essere efficace e per evitare conflitti tra i diversi attori del sistema di distribuzione, deve essere senza soluzione di continuità online/offline.
La possibilità di vendere tramite piattaforme di e-commerce può essere esclusa in un accordo di distribuzione, ma i prodotti spesso finiscono comunque in vendita sui marketplace: meglio focalizzare l’attenzione, quindi, sulla costruzione di un sistema di distribuzione equilibrato e ben integrato, dove ai distributori vengono assegnati specifici canali di vendita online e/o offline e il produttore abbia modo di monitorare il funzionamento del sistema di distribuzione e il rispetto degli accordi.
Nella stesura di un accordo di distribuzione è importante che gli obblighi di promozione, i budget, gli investimenti, le attività di sviluppo commerciale e la gestione dei social media cinesi siano coerenti con la strategia omnichannel complessiva e siano coordinati tra i diversi attori.
Diritto di uso e protezione del marchio negli accordi di distribuzione in Cina
Il diritto del distributore di usare i marchi del produttore in Cina è bene che sia disciplinato in modo specifico, indicando quali siano gli usi autorizzati dei marchi e con l’obbligo di cessare l’utilizzo al termine dell’accordo.
Bisogna tener presente che la contraffazione è ancora oggi un grosso problema in Cina: prima di entrare nel mercato cinese è fondamentale assicurarsi che tutti i marchi siano registrati in Cina (maggiori informazioni su questo argomento in questo articolo su Legalmondo) ed è importante che l’accordo vieti espressamente la registrazione dei marchi, o di marchi simili (anche in caratteri cinesi) da parte del distributore, di suoi amministratori e dipendenti e delle sue aziende controllate o associate.
Licenza di marchio, flagship stores e Franchising in Cina
Può accadere che l’accordo di distribuzione commerciale preveda il diritto del distributore di aprire punti vendita (mono brand, flagship stores, corner, etc.) utilizzando l’insegna, il marchio e ed altri elementi distintivi del brand del produttore.
Questi accordi sono abbastanza frequenti, ad esempio, nel settore della moda: l’attenzione, in questi casi, deve essere posta sulle modalità di gestione del marchio e degli altri elementi di proprietà del produttore, che spesso sono disciplinate in un separato accordo di licenza.
Se si concludo più accordi, come distribuzione e licenza di marchio o licenza di apertura di punti vendita, è importante che le previsioni dei contratti siano coerenti e collegate: ad esempio un inadempimento che comporti la risoluzione di un accordo deve essere menzionato tra gli eventi che danno diritto a risolvere anche il contratto collegato, etc.
Particolare attenzione, inoltre, va prestata alla distinzione tra contratto di distribuzione / licenza di marchio e Franchising: mentre i primi, come dicevo inizialmente, sono contratti atipici, che trovano la loro regolamentazione principalmente negli accordi tra le parti, il Franchising è regolato da una legge speciale (The Commercial Franchise Administration Regulation (商业特许经营管理条例, 2007) e da alcune normative di dettaglio che disciplinano i presupposti per lo sviluppo di un sistema di franchising in Cina (il principale è l’esistenza di almeno due esercizi in franchising per un anno), la necessità di depositare e mantenere aggiornato il contratto (in lingua cinese), il franchising manual, il marketing plan e una serie di documenti di supporto.
La normativa sul Franchising stabilisce anche le obbligazioni delle parti durante i negoziati e nel corso del rapporto commerciale, tra le quali il dovere di mettere a disposizione del potenziale franchisee informazioni dettagliate sul progetto di franchising almeno 30 giorni prima della conclusione dell’accordo e la durata minima del contratto (3 anni, derogabili con l’accordo espresso del franchisee).
E’ necessario, per questo motivo, esaminare attentamente se l’accordo commerciale possa essere qualificato come un contratto di distribuzione con licenza di marchio e di apertura di punti vendita, oppure se rientri nel campo del franchising perchè, in quest’ultimo caso, l’inosservanza della normativa speciale può portare sanzioni amministrative e anche dare diritto al franchisee di risolvere il contratto.
Durata e cessazione di un contratto di distribuzione in Cina
I contratti di distribuzione possono essere a tempo determinato o a tempo indeterminato ed è possibile stabilire un rinnovo automatico nel caso in cui il contratto continui ad essere eseguito dopo il termine iniziale.
La legge non prevede un termine minimo per il recesso: è consigliabile, comunque, concordare un ragionevole preavviso prima della disdetta (generalmente 6 mesi, ma è preferibile un periodo più lungo in caso di relazioni in corso da diversi anni).
Il periodo di preavviso di solito è il momento in cui è più probabile che tra le parti insorgano controversie: nella maggior parte dei casi accade che il distributore aumenti l’esposizione finanziaria o il volume degli ordini e che il produttore non sia d’accordo nel fornire i prodotti, perchè teme insoluti al termine del contratto, o perchè vuole evitare che il distributore, dopo la cessazione del contratto, sia in possesso di uno stock di prodotti troppo grande.
È opportuno, per questi motivi, prevedere nell’accordo regole speciali applicabili dopo la comunicazione dell’intenzione di una parte di recedere.
Per esempio, il contratto può stabilire termini di pagamento diversi durante il periodo di preavviso, la consegna di una garanzia bancaria a copertura degli ordinativi durante il periodo, un tetto massimo di valore per gli ordini del distributore, o il diritto di esigere immediatamente il pagamento di tutte le fatture ancora pendenti al termine del periodo di preavviso.
Come gestire lo stock di prodotti dopo la fine di un contratto di distribuzione
Il fatto che il vecchio distributore continui a vendere i prodotti dopo la fine del contratto può essere problematico per il produttore e/o per il nuovo distributore cinese, ad esempio perché il distributore disdettato può vendere lo stock a prezzi scontati o con modalità che danneggiano l’immagine e la reputazione del marchio.
Le clausole che stabiliscono il diritto (non l’obbligo) del produttore di riacquistare lo stock esistente al termine del contratto, a prezzi predeterminati, sono valide in Cina e rappresentano una buona opzione per evitare futuri conflitti di interesse all’interno della rete commerciale.
Quale legge si applica ad un Contratto di distribuzione in Cina
Le parti sono libere di applicare una legge straniera al contratto tra un produttore straniero e un distributore cinese: tuttavia, la scelta della legge deve essere coerente con il meccanismo di risoluzione delle controversie.
Se il contratto viene eseguito in Cina, è consigliabile prevedere che le leggi della Repubblica Popolare Cinese si applichino all’accordo e stabilire che qualsiasi controversia relativa al contratto sia decisa da un tribunale cinese o da un’istituzione arbitrale cinese.
Va ricordato che Hong Kong ha un sistema amministrativo e giudiziario autonomo rispetto a quello della Repubblica Popolare Cinese: ad un accordo di distribuzione che debba eseguirsi ad Hong Kong, per i motivi sopra menzionati, è opportuno quindi che si applichi la legge di Hong Kong (la common law, sistema molto diverso della Cina continentale, che è di civil law) e si preveda un meccanismo di risoluzione delle controversie coerente: ne parlo al punto successivo.
Le clausole di risoluzione delle controversie nei contratti di distribuzione in Cina
Le parti di un accordo di distribuzione sono libere di determinare se vogliono che qualsiasi controversia sia decisa da un giudice cinese o straniero, o da un arbitrato con sede in Cina o all’estero.
Questa è una clausola molto importante di qualsiasi contratto sino-straniero, e dei contratti internazionali in generale.
La scelta del giudice italiano, spesso presente in questi contratti, è generalmente una decisione sbagliata: nonostante esista un accordo per il riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra Italia e Cina, infatti, il processo di riconoscimento ed esecuzione di una sentenza straniera in Cina è lungo, costoso e complicato.
Inoltre, la previsione di un foro straniero non è una soluzione efficace in tutti qui casi in cui il contratto viene eseguito in Cina e le parti hanno interesse a ottenere una decisione rapida, che sia immediatamente esecutiva in Cina, in alcuni casi anche misure provvisorie urgenti per rimediare situazioni di grave inadempimento contrattuale (come un ordine di inibizione della vendita di prodotti falsi). Tutto ciò non è possibile se è necessario rivolgersi ad un giudice italiano, attendere i tempi lunghi della giustizia nostrana e poi procedere al riconoscimento della sentenza in Cina, processo che può richiedere tempi molto lunghi.
Per chi fosse interessato ad un approfondimento sul tema della scelta tra Giudice italiano e giudice straniero rimando a questo post su Legalmondo.
Per gli accordi di distribuzione tra Italia e Cina è consigliabile considerare la previsione di una clausola arbitrale, gestita da una delle principali camere di arbitrato in Cina o a Hong Kong: le più importanti sono è la China International Economic and Trade Arbitration Commission (CIETAC) in Cina e l’Hong Kong International Arbitration Centre.
Un’altra opzione che può essere considerata è la mediazione: si tratta di una procedura volontaria, che può essere esperita prima o durante una causa o un arbitrato, che ha la finalità di aiutare le parti a raggiungere un accordo bonario, evitando (o chiudendo) un contenzioso.
I vantaggi della mediazione sono molteplici: la possibilità di trovare un accordo che soddisfi gli interessi delle parti, riservatezza e rapidità della procedura, costi contenuti: tra Italia e Cina l’organismo al quale ci si può rivolgere è il ICBMC, costituito dalla Camera Arbitrale di Milano e il Centro di Mediazione del CCPIT di Pechino.