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Dazi US | Gestione del rischio commerciale nei contratti con clienti e fornitori internazionali
14 Aprile 2025
- Distribuzione
- Fisco e tasse
L’errore più pericoloso che si può fare, dopo l’annuncio della sospensione (parziale) dei dazi US per 90 giorni, è sperare che tutto vada per il meglio e si tornerà al mondo pre-2 Aprile.
In primis, perché sono rimasti in vigore dazi molto invasivi: 10% su tutti i paesi che commerciano con gli USA, compresa la UE, 25% sul settore automotive, 25% sull’acciaio e alluminio, 145% sulla Cina.
In secondo luogo, perché è impossibile prevedere le azioni dell’Amministrazione USA nel breve e medio termine: non si può escludere che i dazi restino, aumentino, cambino obiettivi o che intervengano altri fattori a sparigliare le carte sui mercati internazionali, come una escalation della guerra commerciale con la Cina.
I 90 giorni di sospensione sono un’opportunità
La sospensione temporanea dei dazi da parte degli Stati Uniti rappresenta una finestra preziosa, che va utilizzata non solo come una tregua, ma come un prezioso spazio d’azione: 90 giorni per rimettere mano ai contratti, rinegoziare clausole chiave e inserire leve di flessibilità che possano proteggere il business nei vari scenari futuri, verso gli USA e anche verso altri mercati.
Chi esporta oggi non può permettersi di “stare a vedere cosa accadrà”: è il momento di agire, e farlo in modo professionale e strategico. Vediamo una checklist di punti importanti da considerare.
Cosa prevedono i contratti con clienti e fornitori?
Il primo punto è quello di fare una ricognizione degli accordi con la rete commerciale negli USA e in altri paesi che esportano verso gli USA, nonché con i fornitori a monte della supply chain.
Esiste un contratto scritto? Lo scenario peggiore – purtroppo assai frequente – è quello in cui le parti collaborano in modo informale, solo sulla base di ordinativi e conferme d’ordine. Ciò lascia indefinito non solo che accade in caso di imposizione di dazi, ma anche tutta una serie di altri punti – ad esempio la responsabilità per la circolazione dei prodotti, i limiti ai danni che possono essere richiesti in caso di inadempimento, la durata dell’accordo, le regole applicabili e le modalità di risoluzione di eventuali controversie.
Un altro scenario molto problematico è quello in cui i contratti ci sono, ma sono generici e non prevedono i patti necessari per gestire i rischi legati all’operatività in un mercato molto litigioso come gli USA, per di più con costi legali altissimi.
Fatta questa ricognizione, si possono mettere in campo le azioni necessarie, dando una priorità in base all’importanza dei rapporti commerciali e, a seconda dei casi:
- Negoziare e concludere un contratto scritto ex novo
- Sostituire il contratto esistente con un contratto completo e corretto
- Integrare l’accordo esistente con patti per la gestione dei dazi e di altre cause di fluttuazione dei prezzi
Soffermiamoci sull’ultimo scenario, assumendo che esista un contratto completo e corretto, che non regolamenti però la questione della fluttuazione dei prezzi e dei costi, come conseguenza, diretta o indiretta, dell’introduzione dei dazi.
Addendum al contratto
Il modo corretto di intervenire, in questi casi, è quello di sottoscrivere un Addendum al contratto originario, specificando quali patti del contratto vengono derogati e quali patti si aggiungono. È importante che l’Addendum sia negoziato e firmato da persone che hanno il potere di rappresentanza delle parti e che sia redatto con l’ausilio di legali specializzati in questo campo. Oltre ad inserire clausole corrette, infatti, occorre verificare che i patti siano validi secondo le norme di legge applicabili al contratto, che spesso non sono quelle della legge italiana.
Ecco alcune clausole che possono essere oggetto dell’Addendum, da modulare a seconda del caso specifico e dei possibili scenari.
Ripartizione dei dazi (“Tariff Cost Sharing”)
Introducendo questo patto si prevede che nel caso in cui i dazi siano confermati al [x]% o siano ridotti o aumentati entro certe soglie stabilite, le Parti si accolleranno i costi addizionali per giusta metà, o secondo altre percentuali stabilite.
Si può anche prevedere un tetto massimo di tassazione, oltre il quale una parte avrà facoltà di recedere dal contratto o di chiedere la sospensione di certi ordinativi per un determinato periodo di tempo, decorso il quale avrà diritto di recedere.
Revisione del prezzo (“Price Adjustment”)
Con questo patto si concorda, a seconda dei casi, uno sconto o un aumento del prezzo del prodotto, nel caso di dazio superiore al [x]%.
Tra i casi di utilizzo, oltre a quello dell’impresa che esporta negli USA o in altri mercati intermedi, con destinazione finale dei prodotti in USA, c’è quello dell’impresa che acquista un prodotto oggetto di dazio all’importazione e lo rivende, trasformato o assemblato.
Diritto di sospensione o cancellazione degli ordini (“Right to Cancel or Postpone Confirmed Orders”)
Questo patto dà il diritto di revocare o sospendere per un certo periodo ordini già negoziati, come tali vincolanti, nel caso di conferma o introduzione di dazi oltre una certa soglia, ad esempio se per l’import del vino italiano fosse confermata la tassazione al 20%.
La clausola può essere combinata con i patti precedenti, ad esempio stabilendo che sotto la soglia indicata i contratti restino validi e le parti si accollino per giusta metà il dazio, oppure abbiano il diritto di rinegoziare il prezzo.
Revisione del programma di fornitura (“Supply Forecast Adjustment”)
Per modificare programmi di forniture già concordati per una certa durata (es. 24 mesi), con obblighi di vendita e acquisto continuativi, vincolanti o meno, ad un prezzo fisso o indicizzabile solo entro certi limiti. Questo patto consente di concordare i presupposti per rimodulare i programmi di fornitura a breve e medio termine e può essere molto utile per definire le regole che si applicheranno ai rapporti con fornitori o clienti importanti per gli eventuali cambi di volumi, tempi di consegna e prezzi.
Diritto di ricorrere a fornitori alternativi (“Right to Source from Alternative Suppliers”)
Questo patto serve per essere autorizzati – se necessario – al reperimento di fornitori di componenti o materie prime alternativi rispetto a quelli precedentemente autorizzati nel contratto con il cliente finale, ad esempio nel caso in cui l’acquisto da parte degli originari fornitori sia divenuto troppo costoso o difficoltoso per effetto di dazi imposti all’importazione o in precedenti passaggi della catena di fornitura, oppure altri eventi come la fluttuazione valutaria o dei prezzi di certe commodities oltre un certo livello stabilito nell’accordo.
Hardship e Force Majeure
L’imposizione dei dazi non può essere invocata come una causa di Forza Maggiore o di eccessiva onerosità sopravvenuta, rispettivamente per sottrarsi all’adempimento del contratto o per rinegoziare il prezzo, neppure in casi di aumento dei prezzi molto alto (come il dazio del 145% imposto ai prodotti cinesi). Questa conclusione è pressoché uniforme secondo la legge e la giurisprudenza dei principali paesi coinvolti nella guerra delle tariffe: USA, Cina, Canada, Messico, Francia e Italia: rimando a questa guida pratica un esame puntuale di cosa prevedono le varie norme.
Se il contratto ne è sprovvisto, o contiene una clausola generica, è importante mettere mano ad una sua revisione per indicare espressamente i casi nei quali una parte ha diritto a sospendere o terminare il contratto, le modalità con le quali comunicare la decisione di invocare l’esenzione e le conseguenze sulle obbligazioni contrattuali delle parti. Ho scritto qui un approfondimento.
Conclusione
E’ fondamentale prepararsi ai possibili futuri scenari relativi ai dazi (confermati, aumentati o diminuiti) e determinare le conseguenze sui rapporti commerciali con i propri clienti e fornitori: muoversi oggi, a bocce ferme (o quasi), consente di negoziare soluzioni condivise ed eque ed evitare, per quanto possibile, l’insorgere di tensioni e conflitti con i vari partner lungo la supply chain internazionale.