- Europa
- Spagna
How to avoid (or not) to pay goodwill compensation (clientele) in agency contracts
6 Febbraio 2019
- Agenzia
Quando il contratto di agenzia è da considerarsi internazionale?
Secondo le norme di diritto internazionale privato vigenti in Italia (Art.1 Reg. 593/08 “Roma I”) il contratto si considera internazionale “in circostanze che comportino un conflitto di leggi”.
Le circostanze che più spesso comportano un conflitto di leggi in un contratto di agenzia, rendendolo quindi “internazionale”, sono (i) l’ubicazione della sede del preponente in un Paesi diverso dalla sede dell’agente; oppure (ii) l’esecuzione del contratto all’estero, anche quando il preponente e l’agente abbiano sede nello stesso Paese.
Quando si applica la legge italiana ad un contratto di agenzia?
Sempre in base al Regolamento “Roma I”, in linea di principio il diritto italiano si può applicare ad un contratto di agenzia internazionale (i) se viene scelto delle parti come legge regolatrice del contratto (in modo espresso o nelle altre modalità indicate dall’art.3); oppure (ii) in mancanza di scelta, quando l’agente risieda o abbia sede in Italia (secondo il concetto di “residenza” contenuto all’art.19).
Qual è la disciplina principale del contratto di agenzia in Italia?
In Italia, le norme sostanziali che regolano il contratto di agenzia ed in particolare il rapporto fra le parti preponente ed agente, sono prevalentemente contenute negli articoli da 1742 a 1753 del Codice Civile, che sono stati modificati in più occasioni con il recepimento della Direttiva 653/86/CE.
Qual è il ruolo degli accordi economici collettivi?
Da molti anni, in Italia, i contratti di agenzia sono regolati anche dagli Accordi Economici Collettivi (AEC), ovvero quegli accordi che vengono stipulati periodicamente dalle associazioni rappresentative dei preponenti e degli agenti in vari settori (industria, commercio e diversi altri).
Dal punto di vista della loro efficacia, se ne distinguono due tipologie: gli AEC aventi forza di legge (efficacia “erga omnes”) i quali peraltro contengono norme piuttosto generali e hanno quindi un campo di applicazione limitato; e gli AEC “di diritto comune”, che si sono via via avvicendati nel corso degli anni e sono finalizzati a vincolare solo preponenti ed agenti iscritti a tali associazioni.
In generale, gli Accordi Economici Collettivi intendono recepire le norme del Codice Civile (e, di riflesso, quelle della Direttiva 653/86) ma – soprattutto quelli di diritto comune – introducono deroghe anche rilevanti. Ad esempio, essi consentono al preponente modifiche unilaterali alla zona, ai prodotti, alla clientela, alla misura della provvigione; regolano in maniera parzialmente diversa la durata del periodo di preavviso per il recesso dai contratti a tempo indeterminato; quantificano il compenso per il patto di non concorrenza post-contrattuale; hanno una peculiare disciplina in materia di indennità di risoluzione del rapporto.
Sull’indennità di fine rapporto, in particolare, gli AEC hanno generato non pochi problemi di conformità con la Direttiva 653/86/CE, di cui si è occupata anche la Corte di Giustizia CE ma tuttora non del tutto risolti per effetto di una costante giurisprudenza delle Corti italiane che, di fatto, mantiene tale trattamento in vigore.
La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie ritengono che i contratti collettivi abbiano una sfera di applicazione geografica limitata al territorio italiano.
Gli AEC regolano dunque automaticamente il contratto di agenzia se la legge regolatrice è quella italiana e se il contratto viene eseguito dall’agente in Italia, ma (nel caso degli accordi di diritto comune) all’ulteriore condizione che entrambe le parti siano iscritte ad una delle associazioni che hanno stipulato tali Accordi (secondo una parte della dottrina, è sufficiente che vi sia iscritta anche solo la parte preponente).
Anche in mancanza di tali condizioni cumulative, tuttavia, gli AEC di diritto comune potranno ugualmente valere se siano richiamati espressamente nel contratto, oppure se le loro disposizioni vengano costantemente applicate dalle parti.
Quali sono gli altri principali requisiti e adempimenti in materia di contratto di agenzia?
L’Enasarco
L’Enasarco è una Fondazione di diritto privato alla quale devono, per legge, essere obbligatoriamente iscritti gli agenti in Italia.
La Fondazione Enasarco amministra principalmente un fondo di previdenza integrativo per gli agenti ed un fondo per l’indennità di risoluzione del rapporto di agenzia (calcolata secondo i criteri dell’AEC di riferimento per il settore).
Tipicamente, nei contratti di agenzia “domestici”, il preponente iscrive l’agente presso l’Enasarco e versa i contributi ad entrambi i fondi durante l’intero rapporto.
Tuttavia, mentre l’iscrizione e il versamento dei contributi previdenziali sono sempre obbligatori in quanto previsti dalla legge, viceversa la contribuzione al FIRR (fondo indennità risoluzione del rapporto) è obbligatoria solo in quei contratti di agenzia ai quali si applicano gli AEC di diritto comune.
Quali sono le regole per i contratti internazionali?
Per quanto riguarda l’iscrizione all’Enasarco, a fronte di una disciplina legislativa e regolamentare non molto chiara, un contributo interpretativo importante è stato fornito dal Ministero del Lavoro nel 2013 in risposta ad un interpello (19.11.13 n.32).
Il Ministero, riferendosi alla disciplina europea (Regolamento CE n.883/2004 come modificato dal Regolamento (CE) n. 987/2009) ha chiarito che l’iscrizione all’Enasarco è obbligatoria nei seguenti casi:
- agenti che operano sul territorio italiano in nome e per conto di preponenti italiani o esteri aventi una sede o una dipendenza in Italia;
- agenti italiani o stranieri che operano in Italia in nome e/o per conto di preponenti italiani o stranieri anche se privi di sede o dipendenza in Italia;
- agenti che risiedono in Italia e qui svolgono una parte sostanziale della loro attività;
- agenti che non risiedono in Italia, ma hanno in Italia il proprio centro di interessi;
- agenti che operano abitualmente in Italia ma si recano a svolgere attività esclusivamente all’estero per una durata non superiore a 24 mesi.
Nei rapporti di agenzia da eseguirsi al di fuori del territorio UE, non applicandosi i Regolamenti appena citati, sarà opportuno verificare di volta in volta se l’obbligo di osservare la legislazione previdenziale italiana sia previsto da eventuali trattati internazionali di cui facciano parte i Paesi delle due parti.
Camera di Commercio e Registro delle Imprese
Chiunque intenda avviare un’attività quale agente di commercio in Italia, ha l’obbligo di effettuare una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) alla Camera di Commercio territorialmente competente la quale iscrive l’agente al Registro delle Imprese se l’agente ha forma di impresa, o viceversa ad una sezione apposita del REA (Repertorio delle Notizie Economiche ed Amministrative) della Camera stessa (D. Lgs.59 del 26.3.2010 che ha recepito a Direttiva 2006/123/CE “Direttiva Servizi”).
Tali formalità hanno sostituito l’iscrizione al vecchio “ruolo agenti” che è stato soppresso dalla suddetta legge, la quale prevede inoltre tutta una serie di requisiti che gli agenti debbono avere al fine di poter avviare l’attività ( tali requisiti riguardano istruzione, esperienza, assenza di condanne, ecc.).
Benché la mancanza della suddetta iscrizione non comporti la nullità del contratto, è opportuno che il preponente, prima di conferire l’incarico ad un agente italiano, si accerti che questi l’abbia effettuata in quanto è comunque obbligatoria.
Competenza territoriale per le controversie (art.409 e seguenti c.p.c.)
In base agli artt.409 e seguenti del Codice di Procedura Civile, nel caso in cui l’agente svolga la sua prestazione contrattuale a carattere prevalentemente personale anche se in forma autonoma (agente “parasubordinato”) la sottoposizione del contratto alla legge italiana ed al foro italiano comporterà che eventuali controversie derivanti dal contratto di agenzia saranno inderogabilmente sottoposte al Giudice del lavoro nella circoscrizione in cui si trova il domicilio dell’agente (v. art.413 c.p.c.) ed il processo seguirà il “rito del lavoro” ovvero regole procedurali analoghe a quelle valevoli nelle controversie nell’ambito del lavoro subordinato.
Questa regola, in linea di principio, varrà quando l’agente stipuli il contratto personalmente o come ditta individuale, mentre l’opinione prevalente è che non si applichi nel caso in cui l’agente rivesta la forma di società.
Applicazione delle regole ai casi più frequenti di contratto internazionale di agenzia
Cerchiamo ora di adattare le regole sopra descritte alle situazioni più frequenti di contratto internazionale di agenzia, tenendo presente che si tratta di semplici esempi schematici, dovendosi in realtà verificare di volta in volta con attenzione le circostanze del caso specifico.
Preponente italiano ed Agente estero – contratto da eseguirsi all’estero
Legge italiana: regola il contratto se scelta dalle parti, salve le eventuali norme imperative del Paese dove l’agente risiede od opera, secondo le norme del Regolamento Roma I.
AEC: non regolano il contratto automaticamente (in quanto l’agente opera all’estero) ma solo ove espressamente richiamati o di fatto applicati. Questo potrebbe accadere più o meno intenzionalmente, ad esempio se il preponente italiano decidesse di adottare anche per gli agenti esteri gli stessi modelli di contratto utilizzati per agenti italiani, contenenti riferimenti agli accordi economici collettivi.
Enasarco: non vi sono normalmente obblighi di iscrizione né di contribuzione a favore dell’agente non italiano che risiede e svolge l’attività contrattuale esclusivamente all’estero.
Camera di Commercio: non vi è obbligo di iscrizione stanti i suddetti presupposti.
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.): se fosse validamente pattuito il foro italiano, l’agente estero anche se persona fisica o ditta individuale non potrebbe far valere questa disposizione per spostare la causa presso le corti del proprio Paese in quanto l’art.413 c.p.c. è una norma sulla competenza interna che presuppone l’ubicazione dell’agente in Italia. Inoltre, tale norma dovrebbe soccombere di fronte alle regole di giurisdizione stabilite dalla legislazione UE, come ha stabilito la Corte di Cassazione italiana e come ritiene autorevole dottrina.
Preponente estero ed Agente italiano – contratto da eseguirsi in Italia
Legge italiana: regola il contratto se scelta dalle parti oppure, anche in mancanza di scelta, per effetto della residenza o sede in Italia dell’agente.
AEC: quelli aventi forza di legge (“erga omnes”) regolano il contratto, mentre quelli di diritto comune difficilmente si applicheranno in modo automatico (il preponente estero solitamente non sarà iscritto alle associazioni italiane che hanno stipulato l’AEC) ma potrebbero nondimeno valere se richiamati nel contratto o se applicati di fatto.
Enasarco: il preponente estero dovrà iscrivere l’agente italiano all’Enasarco, pena sanzioni e/o richieste di risarcimento danni da parte dell’agente. In conseguenza dell’iscrizione, il preponente dovrà assolvere all’obbligo di contribuzione previdenziale mentre non dovrebbe sussistere l’obbligo di versamento al Fondo Indennità di Fine Rapporto. Tuttavia, un preponente che effettuasse i versamenti periodici al FIRR anche quando non dovuti, potrebbe ritenersi avere tacitamente accettato gli AEC come applicabili al rapporto di agenzia.
Camera di commercio: l’agente italiano dovrà risultare iscritto alla CCIAA ed a questo proposito è opportuno che il preponente verifichi che lo sia effettivamente, prima di stipulare il contratto.
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.):se il foro competente è quello italiano (per scelta delle parti o anche in assenza di scelta in quanto luogo della prestazione dei servizi secondo il Regolamento 1215/12) e se l’agente è persona fisica o ditta individuale situata in Italia, varrà la regola in questione.
Preponente italiano ed Agente italiano – contratto da eseguirsi all’estero
Legge italiana: regola il contratto se scelta dalle parti oppure, in mancanza di qualsiasi scelta, se l’agente risieda o abbia sede in Italia.
AEC: non dovrebbero valere (eseguendosi il contratto all’estero) se non espressamente richiamati o applicati.
Enasarco: secondo l’orientamento del Ministero del Lavoro, l’obbligo di iscrizione sussiste qualora l’agente, pur essendo stato incaricato per l’estero, risieda e svolga una parte sostanziale dell’attività in Italia o abbia qui il centro dei propri interessi oppure si rechi all’estero per un periodo non superiore a 24 mesi, se valgono i Regolamenti UE. In caso di rapporto da eseguirsi in Paesi extra UE, l’obbligatorietà dell’iscrizione sarà da verificare di volta in volta.
Camera di commercio: l’agente che abbia avviato l’attività e si sia giuridicamente costituito in Italia è tenuto in linea di principio ad iscriversi presso la Camera di Commercio.
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.): la regola vale se l’agente è persona fisica o ditta individuale italiana e sia contrattualmente pattuito il foro in Italia.
Preponente estero ed agente estero – contratto da eseguirsi in Italia
Legge italiana: in linea di principio regola il contratto solo se scelta dalle parti.
AEC: se il contratto è regolato dalla legge italiana, valgono gli accordi aventi forza di legge, non invece quelli di diritto comune se non espressamente richiamati o di fatto applicati.
Enasarco: secondo l’orientamento del Ministero del Lavoro, sulla base dei Regolamenti UE l’obbligo di iscrizione potrebbe sussistere per il preponente estero anche a favore dell’agente che risieda all’estero se opera in Italia o se ha in Italia il centro dei propri interessi. Viceversa, il caso andrà verificato di volta in volta in base alle norme vigenti.
Camera di commercio: in linea di principio, l’agente che si sia giuridicamente costituito all’estero non è tenuto ad assolvere agli obblighi di iscrizione in Italia. Tuttavia, la questione potrebbe essere più complessa se l’agente avesse una sede e svolgesse prevalentemente la propria attività in Italia (il che potrebbe avere un impatto anche sulla determinazione del diritto applicabile).
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.): in assenza di scelta diversa, il foro italiano potrebbe essere competente in quanto luogo di prestazione dei servizi, tuttavia le norme in questione non dovrebbero applicarsi se l’agente (persona fisica o ditta individuale) non abbia una sede in Italia.
Conclusioni
Si auspica che le osservazioni svolte fino a qui, pur non esaustive, siano utili per comprendere le possibili conseguenze dell’applicazione della legge italiana ad un contratto internazionale di agenzia e per fare delle scelte oculate in sede di redazione del contratto. Come sempre, si raccomanda di non basarsi acriticamente su modelli o precedenti senza adeguata considerazione delle circostanze del caso.
The Spanish Law of the Agency Contract and the European Directive provide for the agent -except in certain cases-, goodwill compensation (clientele) when the relationship is terminated, based on the remuneration received by the Agent during the life of the contract. It is, then, a burden that in general every Principal will have pending when the contract ends.
The temptation is to try to get rid of that payment and for this clients consult us frequently about strategies or tactics. I will try to summarize some of them indicating the chances of success (or not) that may have, both in the negotiation / drafting phase of the contract, and in the resolution phase.
- Change the name of the contract
The first idea is to make a contract “similar” to the agency or call it in a different way (services, intermediation, representation contracts…). However, the change of name does not have any incidence since the contracts “are what they are” and not what the parties call them. So if there is a continued mediation in exchange for remuneration, there is a good chance that a judge will consider it an agency contract, whatever we call it, and with all its consequences.
- Limitation of compensation in the contract
Another temptation in the drafting phase of the contract is to agree compensation less than the maximum legally envisaged, provide for payment in advance for the duration of the contract, or directly eliminate it.
None of these solutions would be valid if they try to reduce the possibility of the Agent to receive the legal maximum, or for reasons not foreseen in the Law or the Directive. The law is imperative.
- Linking different agency contracts
Given that the compensation is calculated according to the remunerations of the last five years and the clientele created, the temptation is to link several shorter contracts to consider only the clients of the last period.
This will not necessarily be a good idea if most of the customers were created last year for instance, but it may also be useless because the Spanish law and the Directive provide that the fixed-term contract that continues to be executed becomes indefinite. The judge may consider all linked contracts as one.
For this strategy to have the possibility of being useful, it would be necessary to liquidate each substituted contract, declare that “nothing has to be claimed by the parties” and that the successive contracts are sufficiently separated and have different entities, drafting, extension, etc. If the procedure is well thought out, it could be a way to get rid of a greater indemnity by clientele: a well-written pact whereby the agent declares the compensation received, and the following contract does not mimic the content and immediately to the previous one.
- Submitting the agreement to a foreign law
In international contracts the temptation is to submit the contract to a right that is not Spanish, particularly when the Principal has that citizenship.
The idea can be good or bad according to the chosen law and as long as it has some relation with the business. As is known, in the EU the Directive establishes minimum conditions that national laws must respect. But nothing prevents these laws from providing more advantageous conditions for agents. This means that, for example, choosing French law would be, in general, a bad idea for the Principal because compensation in that country is usually higher.
In some cases, the choice of a law outside the European Union that does not provide compensation for clientele when the agent is European has been rejected because that the minimum right recognized in the Directive has not been respected.
- Submit the contract to non-national rules and judges
Another less frequent possibility is to submit the contract to rules not from a country, but to general commercial norms (Lex Mercatoria) and to agree on a lower compensation.
This is very uncommon and may not be very useful depending on who is to interpret the contract and where the agent resides. If, for example, the agent resides in Spain and who is going to interpret the contract is a Spanish judge, he will most likely interpret the contract according to his/her own rules without being bound by what the contract envisages. This clause would have been useless.
- Submit the contract to arbitration
The question will be different if the contract is subject to arbitration. In this case, arbitrators are not necessarily subject to interpreting a contract according to their own national regulations if the contract is subject to different one. In this case, it would be possible that they felt freer to consider the contract exclusively, especially when the agent was not of their nationality, did not know what the law of the agent’s country and was not bound by the guarantees provided for his protection.
- Mediation in the agency contract
Mediation is an alternative dispute resolution system that can also be used in agency contracts. In mediation, the parties resolve the dispute by themselves with the help of a mediator.
In this case, given that the mediator is not deciding, it is possible for the parties to freely reach an agreement whereby the agent agrees to a minor indemnification if, for example, other advantages are conferred upon him, if he comes to the conviction of having less right, difficulty of proof, if he prefers to save other costs, time, energy for your new business, etc.
Mediators ensure the balance of the parties, but nothing prevents them to agree a compensation lower than the legal maximum (after the conclusion of the contract it is possible to negotiate a lower than the legal maximum). To foresee the possibility of mediation in the agency contract is, therefore, a good idea: this will permit the parties to better address and negotiate this compensation. In addition, providing for mediation does not limit the rights of any of the parties to withdraw and continue through the courts demanding the legal maximum.
- Imputing to the agent a previous breach
When the contract ends, this is undoubtedly the cause that is most often attempted: when the contract is to be resolved, the Principal tries to argue that the Agent has previously failed to comply and that this is why the contract is being resolved.
The law and the Directive exempt the payment of goodwill compensation when the agent has breach his obligations. But in that case, the Principal must be able to prove it when the agent discusses it. And it will not always be easy. The Principal must provide clear evidence and for this it will be convenient to collect information and documentation on the breach sufficiently and in advance and of sufficient importance (minor breaches are not usually accepted). Therefore, if the Principal wishes to follow this path it is advisable to prepare the arguments and evidences time before the agreement ends. It is strongly recommend contacting an expert advisor as soon as possible: he will help you to minimize the risks.
Gli agenti commerciali sono molto adatti per espandere il proprio business in nuovi mercati soprattutto per due ragioni: innanzitutto, perché hanno generalmente una buona conoscenza del mercato (specialmente se risiedono in quel paese); inoltre perché la loro remunerazione (“provvigione”) può essere calibrata puramente in base al profitto (= remunerata solo se gli stessi procurano un affare che poi viene effettivamente concluso), in relazione al fatturato generato.
Non di meno, sia il fornitore che l’agente commerciale potrebbero avere a volte la necessità di effettuare un periodo di prova iniziale, nel quale si ha modo conoscersi meglio l’un l’altro, e di conoscere il prodotto, il mercato e i clienti nel modo più approfondito possibile, in modo da valutare successivamente come agire in tale mercato. Perciò, essi possono convenire un periodo di prova iniziale, entro il quale il contratto di agenzia commerciale può essere terminato più facilmente e più velocemente che senza o soltanto dopo la fine di tale periodo. Ad esempio:
“Il presente Accordo entra in vigore a partire dal [●] e resta valido per un periodo di prova iniziale di mesi [●] (“Periodo di prova”) durante il quale ciascuna Parte può terminare l’Accordo con un preavviso di mesi [●]. Al termine di tale Periodo di prova, l’Accordo ha durata indeterminata, salvo che sia lo stesso venga terminato in base alle disposizioni che seguono.”
Anche in caso di terminazione di contratto nel periodo di prova, l’agente ha titolo per chiedere l’indennità di fine rapporto o il risarcimento del danno, come stabilito ora dalla Corte di Giustizia UE (caso Conseils et mise en relations (CMR) SARL, decisione del 19 aprile 2018, C-645/16).
La Corte basa le proprie argomentazioni sostanzialmente sul tenore letterale, sul contesto e sugli obiettivi della Direttiva sull’agenzia commerciale:
- La Direttiva sull’agenzia commerciale si applica anche ai “periodi di prova”.
- La cessazione di un rapporto di agenzia commerciale – sia pure entro il periodo di prova – costituisce una forma di “recesso” dal contratto di agenzia, il quale dà luogo al diritto dell’agente a conseguire l’indennità di fine rapporto o il risarcimento del danno. Ciò in quanto il contratto di agenzia commerciale risulta definitivamente cessato (secondo una concezione diversa dalla giurisprudenza francese sul tema, vedi ad es. Cour de Cassation, caso n. 14-17894).
- L’indennità di fine rapporto o il risarcimento del danno non vengono per ciò stesso meno, in quanto il recesso dal contratto durante il periodo di prova non è incluso nella lista (da ritenersi esaustiva) di eccezioni di cui all’articolo 18 della Direttiva sull’agenzia commerciale.
- Le parti possono escludere i diritti che la legge riconosce imperativamente in capo all’agente soltanto dopo che il rapporto di agenzia è definitivamente cessato (articolo 19 della Direttiva sull’agenzia commerciale) perché la Direttiva sull’agenzia commerciale punta a proteggere l’agente commerciale nei confronti del preponente (“considerando” n. 2 della Direttiva sull’agenzia commerciale).
Consigli pratici
- Le parti sono libere di pattuire periodi di prova iniziali, in quanto ciò rientra nella loro libertà contrattuale.
- Al momento della cessazione del rapporto, l’agente commerciale ha, in linea di principio, diritto di chiedere il pagamento di un’indennità o un risarcimento del danno – per “indennizzare l’agente commerciale per le prestazioni compiute di cui il preponente continui a beneficiare anche successivamente alla cessazione dei rapporti contrattuali”, come ha ora rilevato anche la Corte di Giustizia UE. Che il diritto dell’agente sia a un’indennità o piuttosto a un risarcimento del danno, dipende dal diritto scelto dalle parti (oppure, in assenza di una scelta di legge, dal diritto del paese in cui l’agente ha la propria residenza abituale).
- Per quanto riguarda l’indennità (prevista ad esempio dal diritto tedesco), il suo ammontare dipende dalla prestazione dell’agente commerciale durante il tempo di vigenza del contratto. Ciò in quanto il diritto sorge se e nella misura in cui: (i) l’agente ha procurato al preponente nuovi clienti, oppure (ii) ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti, (iii) il preponente continui ad avere benefici sostanziali da tale affare e (iv) tale indennità sia equa. Come limite massimo, l’indennità non può eccedere la remunerazione media annua conseguita negli ultimi cinque anni (comprendente provvigioni e altri pagamenti). Tali possibili costi dovrebbero essere pertanto inclusi nel proprio piano di business, prima che si inizi a distribuire prodotti o servizi tramite agenti commerciali.
- In tutta l’UE, i contratti di agenzia sono diffusi in una grande varietà di settori: circa 740.000 agenti commerciali sono attivi per 1,7 milioni di società e generano vendite per 260 miliardi di euro. Questi numeri, del 2012, sono in crescita, come indicato dai dati Eurostat riportati dalla Commissione Europea nella propria Refit Evaluation. Gli Stati membri UE con più agenti commerciali sono la Slovacchia (35 mila) la Repubblica Ceca (42 mila), la Germania (42 mila), la Francia (50 mila), la Spagna (50 mila) e – di gran lunga più degli altri – l’Italia (220 mila). Se l’agente opera al di fuori dello Spazio Economico Europeo, il preponente e gli agenti commerciali sono liberi di derogare alla altrimenti imperativa disciplina della Direttiva sull’agenzia commerciale. Ciò soprattutto qualora si scelga come diritto applicabile quello tedesco. Per maggiori dettagli, si veda l’articolo “Nessuna indennità di avviamento per agenti commerciali al di fuori dello SEE – “Ingmar” reloaded”.
- In via alternativa, è possibile organizzare il proprio business tramite distributori o franchisees. Anche al loro favore può però maturare un diritto a un’indennità, soprattutto nel caso dei distributori. Per maggiori dettagli, si veda l’articolo “Indennità di fine rapporto del distributore”.
Quando si entra in nuovi mercati, vi sono differenti strategie di distribuzione tra le quali scegliere (I.). Nel commercio al dettaglio, di vetture o nella vendita all’ingrosso sono assai frequenti gli accordi di distribuzione (II.). Negli accordi di distribuzione internazionale le parti possono scegliere la legge applicabile (III.). Sia nel caso in cui si vi sia una scelta che nel caso in cui non vi sia, la legge applicabile può contenere spiacevoli sorprese, come ad esempio l’indennità di fine rapporto per il distributore secondo il diritto tedesco (IV.). Tali sorprese possono essere evitate, e quest’articolo mostra come, alla luce delle ultime decisioni della Corte Suprema Federale tedesca (V.).
I. L’ingresso in nuovi mercati
Entrando in nuovi mercati è possibile scegliere tra differenti strutture di distribuzione e differenti intermediari. La scelta dipende da molti fattori – in particolare le attività esistenti, il mercato-obiettivo e la strategia di mercato desiderata – e può ricadere su diverse forme: dalla vendita diretta con propri dipendenti o agenti di vendita alla distribuzione indiretta tramite distributori, affiliati, commissionari, la vendita di prodotti senza marchio o la concessione in licenza (con produzione e vendita da parte di terze parti). Per dettagli sulla distribuzione in Germania si veda l’articolo precedentemente pubblicato su Legalmondo “Germany – Distribution agreements (accordi di distribuzione in Germania) ”.
II. Accordi di distribuzione
Nel commercio al dettaglio (in particolare di prodotti di elettronica, cosmetici, gioielleria e moda), di vetture e all’ingrosso, frequentemente gli investitori scelgono un sistema di distribuzione – senza aver riguardo al fatto che l’intermediario di vendita sia denominato quale “distributore”, “commerciante”, “rifornitore”, “rivenditore specializzato”, “concessionario” o “rifornitore autorizzato”. I distributori sono contraenti autonomi e indipendenti, che vendono e promuovono costantemente i prodotti in proprio nome e in proprio conto. Essi si assumono il rischio imprenditoriale, a fronte del quale sono compensati con il riconoscimento di margini sulla vendita dei prodotti piuttosto bassi. I distributori sono generalmente meno protetti degli agenti commerciali (ai quali all’interno dell’Unione Europea si applica la Direttiva sugli agenti commerciali indipendenti del 1986, così come implementata nel singolo diritto nazionale del rispettivo Stato membro dell’UE). Al contrario degli accordi con agenti di vendita, gli accordi di distribuzione sono ristretti dalla legislazione antitrust: restrizioni della concorrenza sono, in linea generale, proibite, a meno che esse evitino di restringere sensibilmente la concorrenza ai sensi dell’Articolo 101 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). Per dettagli sulla distribuzione online si veda l’articolo di Legalmondo “eCommerce: restrictions on distributors in Germany (Restrizioni a distributori nell’E-Commerce)”.
III. Distribuzione internazionale e scelta della legge applicabile
Quando un produttore distribuisce in uno stato differente, i diritti nazionali del produttore e del distributore entrano in rotta di collisione. Di solito le parti inseriscono nel contratto una clausola di scelta della legge applicabile, proprio al fine di evitare tale collisione e creare certezza legale. Solitamente ciascuna parte proverà a portare il “proprio” (peraltro magari non più favorevole, ma semplicemente più conosciuto) diritto all’estero. In alternativa, le parti possono accordarsi sul diritto di un paese terzo, “neutrale” – ad es. il diritto svizzero tra un produttore italiano e un distributore tedesco, il quale, tra l’altro, concede anche più libertà con riguardo ai contratti standardizzati.
Anche in presenza di una scelta del diritto applicabile, però, nel commercio internazionale vi possono essere spiacevoli sorprese:
- Primo, perché una scelta del diritto applicabile potrebbe non essere efficace – come, ad esempio, in alcuni stati del Sud America e nel Medio Oriente.
- Secondo, perché ci potrebbero essere delle norme di applicazione necessaria valide in campo internazionale (“overriding mandatory provisions”, “lois des police” or “Eingriffsnormen“), le quali sono così importanti per la salvaguardia degli interessi pubblici di un paese, che le stesse, in pratica, “passano sopra” al diritto applicabile scelto dalle parti, ossia trovano applicazione nonostante la presenza di un’efficace scelta di diritto applicabile di diverso tenore.
- Terzo, perché il diritto applicabile scelto potrebbe contenere delle spiacevoli sorprese, come l’indennità di fine rapporto per distributori prevista dal diritto tedesco.
IV. L’indennità di distribuzione “tedesca”
Anche il diritto tedesco contiene una sorpresa, perché dà al distributore il diritto di richiedere un’indennità di fine rapporto. Sebbene non vi siano norme esplicite, c’è una giurisprudenza molto consolidata che estende in via analogica diverse norme sull’agenzia anche ai distributori, a patto che ricorrano due condizioni.
Il distributore dev’essere:
- Integrato nell’organizzazione di vendita del preponente; e
- obbligato (per accordo o in via di fatto) a trasferire i dati della clientela durante o al termine del contratto.
Se sussistono tali condizioni, il distributore è titolato a chiedere l’indennità al termine del contratto (alle stesse condizioni di un agente). Il calcolo di tale indennità di fine rapporto è, generalmente, basato sul margine che il distributore ha conseguito negli ultimi 12 mesi prima della fine del contratto, con clienti nuovi portati dal distributore o con clienti già esistenti, a patto che il distributore abbia sensibilmente incrementato il business. I dettagli dipendono dal calcolo concreto e le Corti tedesche utilizzano metodi diversi per quantificarla.
V. Come evitare l’indennità di fine rapporto “tedesca” per distributori
Sia per gli agenti che per i distributori l’indennità di fine rapporto “tedesca” può essere esclusa in anticipo (ossia prima della fine del contratto) se l’agente o distributore opera al di fuori dello Spazio Economico Europeo (“SEE”). Per lungo tempo, comunque, ci si è chiesti se l’indennità di fine rapporto del distributore sotto il diritto tedesco potesse essere esclusa in anticipo, qualora il distributore operasse al di fuori della Germania, ma all’interno dello SEE.
La questione è stata sottoposta alla Corte Suprema Federale tedesca (decisione del 25/02/2016, fasc. n. VII ZR 102/15). Nel caso di specie, il convenuto, stabilito in Germania, produceva strumentazione per l’industria elettronica. L’attore operava come distributore in Svezia e in altri stati dello SEE. L’accordo di distribuzione prevedeva l’applicazione del diritto tedesco; si escludeva, inoltre, qualsiasi compensazione o remunerazione post contrattuale.
Dopo la fine del contratto con il convenuto, l’attore aveva agito per ottenere l’indennità di fine rapporto come distributore. Le corti inferiori non gli avevano riconosciuto alcun diritto all’indennità, ma la Corte Suprema Federale ha capovolto le decisioni dei giudici di merito, deliberando in suo favore (come, peraltro, aveva fatto in una materia simile la Corte d’Appello di Francoforte in data 06/02/2016, fasc. n. 11 U 136/14 [Kart]).
La decisione si concentra sull’ambito territoriale di applicazione dell’indennità di fine rapporto (art. 89b del Codice del Commercio Tedesco). Ai sensi della disposizione di cui al comma 4, l’indennità di fine rapporto dell’agente non può essere esclusa in anticipo. Secondo casistica giurisprudenziale costante, la disposizione può applicarsi in via analogica ai distributori (vedi sopra). Tuttavia, si discuteva se l’indennità di fine rapporto del distributore fosse dovuta anche qualora il distributore operasse al di fuori della Germania, ma all’interno dell’UE / SEE. L’argomento principale contro l’applicazione obbligatoria estesa anche all’UE / SEE era che gli accordi di distribuzione non fossero armonizzati all’interno del diritto dell’UE (in particolare, essi non sarebbero coperti dalla direttiva europea sugli agenti commerciali indipendenti del 1986). La Corte Suprema Federale tedesca ha ora confermato che l’indennità di fine rapporto del distributore non può essere esclusa in anticipo all’interno dell’UE / SEE – facendo riferimento in particolare (i) allo sviluppo storico del diritto di agenzia e (ii) al suo obiettivo di proteggere l’agente e/o comunque il distributore: distributori operanti in altri paesi SEE dovrebbero essere protetti allo stesso modo di quelli operanti in Germania e, nello specifico, contro conseguenze sfavorevoli causate dalla dipendenza economica nei confronti del produttore / preponente. Il legislatore tedesco avrebbe inoltre confermato tale casistica giurisprudenziale favorevole per il distributore tramite un “silenzio eloquente”, ossia non modificando la disciplina legislativa sul contratto di agenzia. Infine, la Corte Suprema Federale ha ritenuto che non fosse necessario deferire tale questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in quanto essa non ricadrebbe nell’ambito applicativo della direttiva sugli agenti commerciali indipendenti del 1986.
La nuova decisione ha fatto chiarezza su questa questione lungamente dibattuta, ma non è sorprendente. Piuttosto, essa è coerente con la casistica giurisprudenziale esistente ed è assai probabile che la Corte Suprema Federale tedesca continui, in futuro, ad applicare in via analogica il diritto di agenzia ai distributori.
Cinque consigli pratici per la prassi contrattuale e la redazione di futuri contratti:
- L’indennità di fine rapporto è un costo che sorge solo al termine di un accordo di distribuzione, ma dovrebbe essere preso in considerazione sin dall’inizio – così come la questione, se tale costo possa essere evitato o stipulato in maniera differente (ad es. tramite pagamenti in entrata, vedi sotto).
- Qualora il distributore operi al di fuori dello SEE, la pretesa dell’indennità di fine rapporto può essere esclusa in ogni momento, ossia già nello stesso contratto (art. 92c del Codice del Commercio tedesco; cfr. Corte d’Appello di Monaco di Baviera, decisione del 11/01/2002, fasc. n. 23 U 4416/01) – che sia di agenzia o che sia un accordo di distribuzione.
- Se il distributore opera all’interno dello SEE, il diritto tedesco trova applicazione e ricorrono le due condizioni di cui sopra, la pretesa del distributore all’indennità di fine rapporto non può essere esclusa prima della fine del contratto.
- L’indennità di fine rapporto tedesca del distributore può essere esclusa in anticipo soprattutto se le parti
- (i) escludono il trasferimento di dati della clientela; o
- (ii) obbligano il produttore a bloccare, ad impedire di usare e, se necessario, a distruggere tali dati della clientela alla fine del contratto (Corte federale tedesca, decisione del 05/02/2015, fasc. n. VII ZR 315/13); o
- (iii) scelgono un altro diritto applicabile (e, conseguentemente, un’altra giurisdizione o l’arbitrato).
- In alternativa, le parti possono ammorbidire la pretesa all’indennità di fine rapporto concordando dei “pagamenti in entrata” (“Einstandszahlungen”), i quali potrebbero essere differiti fino alla fine del contratto, imputandoli all’indennità di fine rapporto. In ogni caso, tale pagamento in entrata non può essere irragionevolmente alto (Corte suprema federale, decisione del 24/02/1983, fasc. n. I ZR 14/81), o dovrebbe venir corrisposto dietro un valore di ritorno, ad es. uno sconto particolarmente alto per il distributore o una durata contrattuale molto lunga (Corte d’Appello di Monaco di Baviera, decisione del 04/12/1996, fasc. n. 7 U 3915/96, Corte d’Appello di Saarbrücken, decisione del 30/08/2013, fasc. n. 1 U 161/12). In breve: il produttore deve provare che le parti non avrebbero pattuito una commissione più alta nemmeno senza pagamento in entrata (come già deciso dalla Corte Suprema Federale tedesca il 14 luglio 2016, fasc. n. VII ZR 297/15).
L’agenzia commerciale è generalmente il modo più semplice per sviluppare una rete di distribuzione all’estero, e la Francia non fa eccezione. Tuttavia, nel momento di concludere un contratto sottoposto alla legge francese, è necessario conoscerne le principali caratteristiche, che saranno accennate in questo post.
Definizione
Come noto, un agente commerciale è un mandatario che a titolo professionale negozia ed, eventualmente, conclude dei contratti in nome e per conto del suo mandante.
Il codice di commercio francese (art. L134-1) lo definisce precisamente:
« L’agent commercial est défini comme un mandataire qui, à titre de profession indépendante, sans être lié par un contrat de louage de services, est chargé, de façon permanente, de négocier et, éventuellement, de conclure des contrats de vente, d’achat, de location ou de prestation de services, au nom et pour le compte de producteurs, d’industriels de commerçants ou d’autres agents commerciaux.»
«L’agente commerciale è un mandatario che a titolo di professione indipendente, senza essere legato da un contratto di lavoro, è incaricato in un modo permanente di negoziare e eventualmente di concludere dei contratti di vendita, di acquisto, di affitto / noleggio o prestazioni di servizio in nome e per conto di produttori, industriali, commercianti od altri agenti di commercio.»
Dalla definizione emerge che l’agente è indipendente: libero di organizzare la sua attività e la sua impresa, che sia individuale o in forma societaria (srl, snc, ecc). Questa caratteristica è fondamentale, perché più il mandatario è integrato nell’organizzazione dell’attività del preponente e più il contratto rischierà di essere riqualificato dai tribunali in contratto di rappresentante di vendita (VRP).
In tutta la relazione contrattuale e nella stessa redazione del contratto si deve prestare particolare attenzione a non confondere un agente con un VRP, poiché nel diritto francese quest’ultimo è parificato al lavoratore dipendente, che ha maggiori diritti e un maggior riconoscimento economico nel momento della cessazione del contratto.
Requisiti
L’agente deve essere iscritto al registro degli agenti di commercio della cancelleria del tribunale di commercio del luogo dove è domiciliato.
Forma del contratto
La forma scritta non è obbligatoria, ma fortemente consigliata. L’articolo L134-2 del codice di commercio prevede che ciascuna parte possa richiedere la forma scritta sia per il contratto che per le successive modifiche o integrazioni.
Esecuzione del contratto – clausole importanti
- Durata: determinata o indeterminata.
- Corrispettivo: una provvigione definita liberamente tra le parti.
- Territorio: è molto importante definire il territorio contrattuale con precisione ed evitare clausole generiche come “tutto il mondo”.
- Esclusiva: la clausola dovrà precisare se l’esclusiva è sul territorio e/o sulla clientela e se il mandante si riserva il diritto di intervenire o meno.
- Preavviso di recesso (art. L 134-11 alinea 3 del codice di commercio): 1 mese per il primo anno, 2 mesi per il secondo anno, 3 mesi successivamente.
Fase post-contrattuale – Clausole importanti
Il patto di non concorrenza post-contrattuale (art. L 134-14 del codice di commercio) deve essere redatto per iscritto e limitato nel tempo per un massimo di due anni dalla cessazione del rapporto di agenzia.
I limiti in esso contenuti (territorio, clientela, prodotti) non possono essere così stringenti da impedire di fatto all’agente di svolgere la sua attività lavorativa dopo la conclusione del contratto. La clientela e i prodotti inseriti nel patto, quindi devono essere concorrenti alla tipologia merceologica che era oggetto del contratto di agenzia. Diversamente, i tribunali considereranno la clausola nulla e potranno riconoscere all’agente un risarcimento dei danni.
La legge francese non prevede alcuna retribuzione specifica per questa clausola.
L’indennità di fine rapporto (art. L 134-12 del codice di commercio) è, come in quasi tutte le legislazioni Europee, una norma d’ordine pubblico, inderogabile in peius dalle parti. Qualunque eventuale clausola che la escluda o riduca sarà considerata dai tribunali come non apposta.
Il mandante, quindi, difficilmente potrà evitare di corrispondere all’agente un’indennità di fine rapporto in un contratto sottoposto alla legge francese.
L’agente ha 1 anno per far valere questo diritto all’indennità di fine rapporto, per cui è consigliabile mantenere traccia scritta della richiesta di indennità, di modo da poter dimostrare facilmente di aver rispettato il termine di prescrizione, anche in un eventuale contenzioso.
L’ammontare dell’indennità è quantificata, in misura massima, a 2 anni di provvigioni (calcolate sulla base lorda) percepite dall’agente. Spetterà però al mandante dimostrare la ragione per la quale l’agente avrebbe diritto a un’indennità inferiore.
I casi nei quali l’indennità non è dovuta sono:
- Cessione del contratto ad altro agente;
- Recesso del contratto ad iniziativa dell’agente;
- Inadempimento grave dell’agente.
Quest’ultimo può risultare dall’inadempimento di clausole esplicitamente definite nel contratto come importanti e deve essere valutato caso per caso, operazione per la quale suggeriamo di rivolgersi al parere di un legale specializzato nel settore.
Focus sulla fine del contratto per pensione
Il diritto all’indennità di fine rapporto sussiste anche quando l’agente cessa la sua attività e fa valere il diritto alla pensione.
La giurisprudenza francese (in particolare quella della Corte di Cassazione), tuttavia, chiede un controllo più specifico della ragione della fine del contratto: l’agente non deve soltanto sostenere di avere diritto alla pensione d’anzianità, ma dovrebbe altresì dimostrare di non essere più nelle condizioni fisiche per lavorare.
Qual è il tribunale francese competente?
Anche se l’agente è una società commerciale, la natura del contratto è pur sempre civile.
In virtù di ciò, il tribunale competente varia a seconda del soggetto che intraprende l’azione.
Se l’agente è l’attore, lo stesso potrà scegliere tra tribunal de grande instance e tribunal de commerce.
Se, invece, è il mandante ad essere l’attore, lo stesso dovrà iniziare l’azione di fronte al tribunal de grande instance.
Come per tutti i contratti di durata, anche per le società a responsabilità limitata (s.r.l.) la legge italiana prevede la possibilità per il socio di recedere.
L’articolo 2473 del codice civile riconosce al socio il diritto di recedere, oltre che nei casi espressamente previsti nell’atto costitutivo, anche quando lo stesso non abbia consentito al cambiamento dell’oggetto sociale o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della sede all’estero, alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o dei diritti particolari attribuiti al socio ai sensi dell’art. 2468 c.c.
In aggiunta alle ipotesi sopra elencate, il diritto di recesso può essere altresì esercitato quando:
- l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità della quota o subordini il suo trasferimento al mero gradimento degli organi sociali (art. 2469 codice civile);
- sia deliberato l’aumento di capitale sociale con emissione di nuove quote in favore di terzi (art. 2481 bis codice civile);
- vengano introdotte, siano soppresse o modificate in maniera importante eventuali clausole compromissorie contenute nell’atto costitutivo (art. 36 D.Lg. 5/2003);
- la società capogruppo sia stata condannata ai sensi dell’art. 2497 quater codice civile.
Oltre alle ipotesi appena elencate, resta comunque sempre valida la regola generale, cristallizzata nella disposizione contenuta nel secondo comma dell’art. 2473 del codice civile, per cui il socio può sempre recedere, dando un preavviso di 180 giorni (o più, se diversamente disposto dall’atto costitutivo), quando la società sia stabilita a tempo indeterminato.
A lungo si è discusso, e tuttora si continua a discutere, della possibilità per il socio di ricorrere a tale ipotesi di recesso ad nutum quando la società abbia un termine ben determinato, ma comunque eccedente la normale durata della vita umana.
Sulla questione la giurisprudenza non ha mancato di sottolineare come una durata della società superiore a quella media della vita umana non possa che comportare l’applicazione della disciplina prevista per le società contratte a tempo indeterminato.
La Cassazione, con la pronuncia n. 9662 del 22 aprile 2013, ha, in particolare, riconosciuto l’assimilabilità di una società costituita con durata fino al 2100 ad una società con durata illimitata, precisando che, in presenza di un termine fissato in epoca così lontana nel tempo, tanto da superare la prospettiva di vita della persona fisica e di operatività di un soggetto collettivo, debbano trovare spazio le ragioni che hanno portato il legislatore, che ha sempre guardato con sfavore ai vincoli perpetui, a prevedere il recesso ad nutum per le società contratte a tempo indeterminato.
La previsione di un termine di durata del soggetto collettivo ha, secondo i giudici di legittimità, la funzione di stabilire se l’aspettativa di vita dell’ente sia congrua rispetto al progetto che con esso si intende perseguire.
La mancata previsione di un termine di durata viene, perciò, ricollegata all’intrinseca perpetuità del progetto imprenditoriale o, in alternativa, alla difficoltà di stabilire a priori il tempo necessario per giungere al conseguimento dell’oggetto sociale.
Ne consegue, pertanto, che fissare un termine per la durata della società in un momento eccessivamente lontano nel tempo, potrebbe impedire di ricostruire quale sia stata l’effettiva volontà delle parti del contratto sociale nella scelta tra società contratta a tempo determinato e società contratta a tempo indeterminato.
Non potrebbe, quindi, escludersi che l’indicazione di una durata spropositata rispetto alla vita dei soci o rispetto all’oggetto sociale che s’intende perseguire abbia, in realtà, un intento elusivo degli effetti che si produrrebbero con una dichiarazione esplicita di durata indeterminata, che potrebbe essere corretto solo con un intervento interpretativo che garantisca al socio le tutele previste dall’ordinamento con riferimento alle società con durata illimitata.
La linea portata avanti dalla Cassazione è stata di recente seguita anche dalla giurisprudenza di merito.
In particolare, le sezioni specializzate in materia di impresa del Tribunale di Roma (sentenza del 22 ottobre 2015) e del Tribunale di Torino (pronuncia del 5 maggio 2017), hanno riconosciuto il diritto di recesso con preavviso con riferimento a società con termine al 2100, considerando una simile durata sostanzialmente illimitata.
Nello specifico, il collegio piemontese ha fatto interamente proprie le argomentazioni della Corte di Cassazione, applicando il principio secondo cui devono considerarsi costituite a tempo indeterminato, non solo le s.r.l. con durata eccedente la normale vita umana, ma anche le s.r.l. che siano costituite per un termine particolarmente lungo, tale per cui debba ritenersi superato l’orizzonte temporale ragionevolmente ricollegabile al raggiungimento dello scopo della società.
L’orientamento giurisprudenziale che va, quindi, affermandosi impone agli operatori del diritto di prestare particolare attenzione all’elemento della durata temporale delle società a responsabilità limitata, onde evitare un’applicazione più ampia e generalizzata, rispetto a quanto desiderato, delle tutele riconosciute ai soci di s.r.l. contratte a tempo indeterminato.
L’autore di questo articolo è Giovanni Izzo.
Based on our experience in many years advising and representing companies in the commercial distribution (in Spanish jurisdiction but with foreign manufacturers or distributors), the following are the six key essential elements for manufacturers (suppliers) and retailers (distributors) when establishing a distribution relationship.
These ideas are relevant when companies intend to start their commercial relationship but they should not be neglected and verified even when there are already existing contacts.
The signature of the contract
Although it could seem obvious, the signature of a distribution agreement is less common than it might seem. It often happens that along the extended relationship, the corporate structures change and what once was signed with an entity, has not been renewed, adapted, modified or replaced when the situation has been transformed. It is very convenient to have well documented the relationship at every moment of its existence and to be sure that what has been covered legally is also enforceable y the day-to-day commercial relationship. It is advisable this work to be carried out by legal specialists closely with the commercial department of the company. Perfectly drafted clauses from a legal standpoint will be useless if overtaken or not understood by the day-to-day activity. And, of course, no contract is signed as a “mere formality” and then modified by verbal agreements or practices.
The proper choice of contract
If the signature of the distribution contract is important, the choice of the correct type is essential. Many of the conflicts that occur, especially in long-term relationships, begin with the interpretation of the type of relationship that has been signed. Even with a written text (and with an express title), the intention of the parties remains often unclear (and so the agreement). Is the “distributor” really so? Does he buy and resell or there are only sporadic supply relationships? Is there just a representative activity (ie, the distributor is actually an “agent“)? Is there a mixed relationship (sometimes represents, sometimes buys and resells)? The list could continue indefinitely. Even in many of the relationships that currently exist I am sure that the interpretation given by the Supplier and the Distributor could be different.
Monitoring of legal and business relations
If it is quite frequent not to have a clear written contract, it happens in almost all the distribution relationships than once the agreement has been signed, the day-to-day commercial activity modifies what has been agreed. Why commercial relations seem to neglect what has been written in an agreement? It is quite frequent contracts in which certain obligations for distributors are included (reporting on the market, customers, minimum purchases), but which in practice are not respected (it seems complicated, there is a good relationship between the parties, and nobody remembers what was agreed by people no longer working at the company…). However, it is also quite frequent to try to use these (real?) defaults later on when the relationship starts having problems. At that moment, parties try to hide behind these violations to terminate the contracts although these practices were, in a sort of way, accepted as a new procedure. Of course no agreement can last forever and for that reason is highly recommendable a joint and periodical monitoring between the legal adviser (preferably an independent one with the support of the general managers) and the commercial department to take into account new practices and to have a provision in the contractual documents.
Evidences about customers
In distribution contracts, evidences about customers will be essential in case of termination. Parties (mainly the supplier) are quite interested in showing evidences on who (supplier or distributor) procured the customers. Are they a result of the distributor activity or are they obtained as a consequence of the reputation of the trademark? Evidences on customers could simplify or even avoid future conflicts. The importance of the clientele and its possible future activity will be a key element to define the compensation to which the distributor will pretend to be eligible.
Evidences on purchases and sales
Another essential element and quite often forgotten is the justification of purchases to the supplier and subsequent sales by distributors. In any distribution agreement distributors acquire the products and resell them to the final customers. A future compensation to the distributor will consider the difference between the purchase prices and resale prices (the margin). It is therefore advisable to be able to establish the correspondent evidence on such information in order to better prepare a possible claim.
Damages in case of termination of contracts
Similarly, it would be convenient to justify what damages have been suffered as a result of the termination of a contract: has the distributor made investments by indication of the supplier that are still to be amortized? Has the distributor hired new employees for a line of business that have to be dismissed because of the termination of the contract (costs of compensation)? Has the distributor rented new premises signing long-term contracts due to the expectations on the agreement? Please, take into account that the Distributor is an independent trader and, as such, he assumes the risks of his activity. But to the extent he is acting on a distribution network he shall be subject to the directions, suggestions and expectations created by the supplier. These may be relevant to later determine the damages caused by the termination of the contract.
Brazilian legislation requires every nonresident that holds quotas, capital or shares of a Brazilian company appoints an attorney-in-fact that resides in the country, with powers to receive service of process.
Besides granting the power required by law, foreign partners usually grant other powers to their attorneys-in-fact, in order to facilitate the procedures, since all documents executed abroad must be notarized and Apostilled, and once they arrive in Brazil they must be translated by a sworn translator and registered before the Public Registry of Titles and Documents, in order to be valid in Brazil, which is time and money consuming.
Also, all foreign companies holding quotas, capital or shares of the Brazilian company, need a Taxpayer number, called CNPJ. The taxpayer number is not for tax payment purposes, but for controlling purposes only. The foreign partners / holder need to grant a power of attorney for their enrollment at CNPJ, and representation before the Federal Revenue in all matters.
By the time the company is incorporated the Power of Attorney granting the above-mentioned mandatory powers must be presented before the Board of Trade.
Moreover, all Foreign Direct Investment must be registered at the Central Bank of Brazil. This means that every time the foreign shareholder/partner transfers money to the Brazilian company as investment, the respective exchange agreement must be registered at the Central Bank. Such registration is done electronically.
The main effects of such registration are the possibility of remitting dividends and of repatriating the capital invested.
In view of the above, the documents to be presented at the incorporation of a company in Brazil are:
- Power of Attorney granting to a Brazilian resident powers to accept service of process, for enrollment at CNPJ and representation before the Federal Revenue;
- In case the foreign partners/shareholders/holder are/is a natural person, a copy of his/her passport;
- In case the foreign partners/shareholders/holder are/is a legal entity:
– Copy of the passport of the legal representative of the foreign partners/shareholders/holder; and
– Updated Certificate issued by the Board of Trade of the foreign partners/shareholders/holder’s head offices attesting: (a) its existence and good standing, and (b) its legal representatives for the purposes of evidencing that the company was duly represented in the Power of Attorney granted. This document (or a separate one issued by a public authority) must also contain the head offices address, name of shareholders, capital and objectives.
Note that all documents need to be duly notarized and apostilled. Once they arrive in Brazil, they will undergo sworn translation and will be registered at the Public Registry Office in order to be valid.
We would like to point out that the Federal Revenue and commercial banks have increasingly been requesting a series of complementary documents for compliance reasons, so that the final beneficiaries (natural person) of each foreign company holding quotas, capital or shares of Brazilian entities may be identified.
At the chosen bank’s own discretion, other documents may be necessary, as balance sheets, statements and corporate documentation until the end controller (natural person) is identified. These documents must be presented for the opening of a bank account, and banks have been taking quite some time to open the account.
Scrivi a Ignacio
Agenti commerciali – indennità dopo periodo di prova?
21 Agosto 2018
- Germania
- Agenzia
Quando il contratto di agenzia è da considerarsi internazionale?
Secondo le norme di diritto internazionale privato vigenti in Italia (Art.1 Reg. 593/08 “Roma I”) il contratto si considera internazionale “in circostanze che comportino un conflitto di leggi”.
Le circostanze che più spesso comportano un conflitto di leggi in un contratto di agenzia, rendendolo quindi “internazionale”, sono (i) l’ubicazione della sede del preponente in un Paesi diverso dalla sede dell’agente; oppure (ii) l’esecuzione del contratto all’estero, anche quando il preponente e l’agente abbiano sede nello stesso Paese.
Quando si applica la legge italiana ad un contratto di agenzia?
Sempre in base al Regolamento “Roma I”, in linea di principio il diritto italiano si può applicare ad un contratto di agenzia internazionale (i) se viene scelto delle parti come legge regolatrice del contratto (in modo espresso o nelle altre modalità indicate dall’art.3); oppure (ii) in mancanza di scelta, quando l’agente risieda o abbia sede in Italia (secondo il concetto di “residenza” contenuto all’art.19).
Qual è la disciplina principale del contratto di agenzia in Italia?
In Italia, le norme sostanziali che regolano il contratto di agenzia ed in particolare il rapporto fra le parti preponente ed agente, sono prevalentemente contenute negli articoli da 1742 a 1753 del Codice Civile, che sono stati modificati in più occasioni con il recepimento della Direttiva 653/86/CE.
Qual è il ruolo degli accordi economici collettivi?
Da molti anni, in Italia, i contratti di agenzia sono regolati anche dagli Accordi Economici Collettivi (AEC), ovvero quegli accordi che vengono stipulati periodicamente dalle associazioni rappresentative dei preponenti e degli agenti in vari settori (industria, commercio e diversi altri).
Dal punto di vista della loro efficacia, se ne distinguono due tipologie: gli AEC aventi forza di legge (efficacia “erga omnes”) i quali peraltro contengono norme piuttosto generali e hanno quindi un campo di applicazione limitato; e gli AEC “di diritto comune”, che si sono via via avvicendati nel corso degli anni e sono finalizzati a vincolare solo preponenti ed agenti iscritti a tali associazioni.
In generale, gli Accordi Economici Collettivi intendono recepire le norme del Codice Civile (e, di riflesso, quelle della Direttiva 653/86) ma – soprattutto quelli di diritto comune – introducono deroghe anche rilevanti. Ad esempio, essi consentono al preponente modifiche unilaterali alla zona, ai prodotti, alla clientela, alla misura della provvigione; regolano in maniera parzialmente diversa la durata del periodo di preavviso per il recesso dai contratti a tempo indeterminato; quantificano il compenso per il patto di non concorrenza post-contrattuale; hanno una peculiare disciplina in materia di indennità di risoluzione del rapporto.
Sull’indennità di fine rapporto, in particolare, gli AEC hanno generato non pochi problemi di conformità con la Direttiva 653/86/CE, di cui si è occupata anche la Corte di Giustizia CE ma tuttora non del tutto risolti per effetto di una costante giurisprudenza delle Corti italiane che, di fatto, mantiene tale trattamento in vigore.
La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie ritengono che i contratti collettivi abbiano una sfera di applicazione geografica limitata al territorio italiano.
Gli AEC regolano dunque automaticamente il contratto di agenzia se la legge regolatrice è quella italiana e se il contratto viene eseguito dall’agente in Italia, ma (nel caso degli accordi di diritto comune) all’ulteriore condizione che entrambe le parti siano iscritte ad una delle associazioni che hanno stipulato tali Accordi (secondo una parte della dottrina, è sufficiente che vi sia iscritta anche solo la parte preponente).
Anche in mancanza di tali condizioni cumulative, tuttavia, gli AEC di diritto comune potranno ugualmente valere se siano richiamati espressamente nel contratto, oppure se le loro disposizioni vengano costantemente applicate dalle parti.
Quali sono gli altri principali requisiti e adempimenti in materia di contratto di agenzia?
L’Enasarco
L’Enasarco è una Fondazione di diritto privato alla quale devono, per legge, essere obbligatoriamente iscritti gli agenti in Italia.
La Fondazione Enasarco amministra principalmente un fondo di previdenza integrativo per gli agenti ed un fondo per l’indennità di risoluzione del rapporto di agenzia (calcolata secondo i criteri dell’AEC di riferimento per il settore).
Tipicamente, nei contratti di agenzia “domestici”, il preponente iscrive l’agente presso l’Enasarco e versa i contributi ad entrambi i fondi durante l’intero rapporto.
Tuttavia, mentre l’iscrizione e il versamento dei contributi previdenziali sono sempre obbligatori in quanto previsti dalla legge, viceversa la contribuzione al FIRR (fondo indennità risoluzione del rapporto) è obbligatoria solo in quei contratti di agenzia ai quali si applicano gli AEC di diritto comune.
Quali sono le regole per i contratti internazionali?
Per quanto riguarda l’iscrizione all’Enasarco, a fronte di una disciplina legislativa e regolamentare non molto chiara, un contributo interpretativo importante è stato fornito dal Ministero del Lavoro nel 2013 in risposta ad un interpello (19.11.13 n.32).
Il Ministero, riferendosi alla disciplina europea (Regolamento CE n.883/2004 come modificato dal Regolamento (CE) n. 987/2009) ha chiarito che l’iscrizione all’Enasarco è obbligatoria nei seguenti casi:
- agenti che operano sul territorio italiano in nome e per conto di preponenti italiani o esteri aventi una sede o una dipendenza in Italia;
- agenti italiani o stranieri che operano in Italia in nome e/o per conto di preponenti italiani o stranieri anche se privi di sede o dipendenza in Italia;
- agenti che risiedono in Italia e qui svolgono una parte sostanziale della loro attività;
- agenti che non risiedono in Italia, ma hanno in Italia il proprio centro di interessi;
- agenti che operano abitualmente in Italia ma si recano a svolgere attività esclusivamente all’estero per una durata non superiore a 24 mesi.
Nei rapporti di agenzia da eseguirsi al di fuori del territorio UE, non applicandosi i Regolamenti appena citati, sarà opportuno verificare di volta in volta se l’obbligo di osservare la legislazione previdenziale italiana sia previsto da eventuali trattati internazionali di cui facciano parte i Paesi delle due parti.
Camera di Commercio e Registro delle Imprese
Chiunque intenda avviare un’attività quale agente di commercio in Italia, ha l’obbligo di effettuare una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) alla Camera di Commercio territorialmente competente la quale iscrive l’agente al Registro delle Imprese se l’agente ha forma di impresa, o viceversa ad una sezione apposita del REA (Repertorio delle Notizie Economiche ed Amministrative) della Camera stessa (D. Lgs.59 del 26.3.2010 che ha recepito a Direttiva 2006/123/CE “Direttiva Servizi”).
Tali formalità hanno sostituito l’iscrizione al vecchio “ruolo agenti” che è stato soppresso dalla suddetta legge, la quale prevede inoltre tutta una serie di requisiti che gli agenti debbono avere al fine di poter avviare l’attività ( tali requisiti riguardano istruzione, esperienza, assenza di condanne, ecc.).
Benché la mancanza della suddetta iscrizione non comporti la nullità del contratto, è opportuno che il preponente, prima di conferire l’incarico ad un agente italiano, si accerti che questi l’abbia effettuata in quanto è comunque obbligatoria.
Competenza territoriale per le controversie (art.409 e seguenti c.p.c.)
In base agli artt.409 e seguenti del Codice di Procedura Civile, nel caso in cui l’agente svolga la sua prestazione contrattuale a carattere prevalentemente personale anche se in forma autonoma (agente “parasubordinato”) la sottoposizione del contratto alla legge italiana ed al foro italiano comporterà che eventuali controversie derivanti dal contratto di agenzia saranno inderogabilmente sottoposte al Giudice del lavoro nella circoscrizione in cui si trova il domicilio dell’agente (v. art.413 c.p.c.) ed il processo seguirà il “rito del lavoro” ovvero regole procedurali analoghe a quelle valevoli nelle controversie nell’ambito del lavoro subordinato.
Questa regola, in linea di principio, varrà quando l’agente stipuli il contratto personalmente o come ditta individuale, mentre l’opinione prevalente è che non si applichi nel caso in cui l’agente rivesta la forma di società.
Applicazione delle regole ai casi più frequenti di contratto internazionale di agenzia
Cerchiamo ora di adattare le regole sopra descritte alle situazioni più frequenti di contratto internazionale di agenzia, tenendo presente che si tratta di semplici esempi schematici, dovendosi in realtà verificare di volta in volta con attenzione le circostanze del caso specifico.
Preponente italiano ed Agente estero – contratto da eseguirsi all’estero
Legge italiana: regola il contratto se scelta dalle parti, salve le eventuali norme imperative del Paese dove l’agente risiede od opera, secondo le norme del Regolamento Roma I.
AEC: non regolano il contratto automaticamente (in quanto l’agente opera all’estero) ma solo ove espressamente richiamati o di fatto applicati. Questo potrebbe accadere più o meno intenzionalmente, ad esempio se il preponente italiano decidesse di adottare anche per gli agenti esteri gli stessi modelli di contratto utilizzati per agenti italiani, contenenti riferimenti agli accordi economici collettivi.
Enasarco: non vi sono normalmente obblighi di iscrizione né di contribuzione a favore dell’agente non italiano che risiede e svolge l’attività contrattuale esclusivamente all’estero.
Camera di Commercio: non vi è obbligo di iscrizione stanti i suddetti presupposti.
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.): se fosse validamente pattuito il foro italiano, l’agente estero anche se persona fisica o ditta individuale non potrebbe far valere questa disposizione per spostare la causa presso le corti del proprio Paese in quanto l’art.413 c.p.c. è una norma sulla competenza interna che presuppone l’ubicazione dell’agente in Italia. Inoltre, tale norma dovrebbe soccombere di fronte alle regole di giurisdizione stabilite dalla legislazione UE, come ha stabilito la Corte di Cassazione italiana e come ritiene autorevole dottrina.
Preponente estero ed Agente italiano – contratto da eseguirsi in Italia
Legge italiana: regola il contratto se scelta dalle parti oppure, anche in mancanza di scelta, per effetto della residenza o sede in Italia dell’agente.
AEC: quelli aventi forza di legge (“erga omnes”) regolano il contratto, mentre quelli di diritto comune difficilmente si applicheranno in modo automatico (il preponente estero solitamente non sarà iscritto alle associazioni italiane che hanno stipulato l’AEC) ma potrebbero nondimeno valere se richiamati nel contratto o se applicati di fatto.
Enasarco: il preponente estero dovrà iscrivere l’agente italiano all’Enasarco, pena sanzioni e/o richieste di risarcimento danni da parte dell’agente. In conseguenza dell’iscrizione, il preponente dovrà assolvere all’obbligo di contribuzione previdenziale mentre non dovrebbe sussistere l’obbligo di versamento al Fondo Indennità di Fine Rapporto. Tuttavia, un preponente che effettuasse i versamenti periodici al FIRR anche quando non dovuti, potrebbe ritenersi avere tacitamente accettato gli AEC come applicabili al rapporto di agenzia.
Camera di commercio: l’agente italiano dovrà risultare iscritto alla CCIAA ed a questo proposito è opportuno che il preponente verifichi che lo sia effettivamente, prima di stipulare il contratto.
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.):se il foro competente è quello italiano (per scelta delle parti o anche in assenza di scelta in quanto luogo della prestazione dei servizi secondo il Regolamento 1215/12) e se l’agente è persona fisica o ditta individuale situata in Italia, varrà la regola in questione.
Preponente italiano ed Agente italiano – contratto da eseguirsi all’estero
Legge italiana: regola il contratto se scelta dalle parti oppure, in mancanza di qualsiasi scelta, se l’agente risieda o abbia sede in Italia.
AEC: non dovrebbero valere (eseguendosi il contratto all’estero) se non espressamente richiamati o applicati.
Enasarco: secondo l’orientamento del Ministero del Lavoro, l’obbligo di iscrizione sussiste qualora l’agente, pur essendo stato incaricato per l’estero, risieda e svolga una parte sostanziale dell’attività in Italia o abbia qui il centro dei propri interessi oppure si rechi all’estero per un periodo non superiore a 24 mesi, se valgono i Regolamenti UE. In caso di rapporto da eseguirsi in Paesi extra UE, l’obbligatorietà dell’iscrizione sarà da verificare di volta in volta.
Camera di commercio: l’agente che abbia avviato l’attività e si sia giuridicamente costituito in Italia è tenuto in linea di principio ad iscriversi presso la Camera di Commercio.
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.): la regola vale se l’agente è persona fisica o ditta individuale italiana e sia contrattualmente pattuito il foro in Italia.
Preponente estero ed agente estero – contratto da eseguirsi in Italia
Legge italiana: in linea di principio regola il contratto solo se scelta dalle parti.
AEC: se il contratto è regolato dalla legge italiana, valgono gli accordi aventi forza di legge, non invece quelli di diritto comune se non espressamente richiamati o di fatto applicati.
Enasarco: secondo l’orientamento del Ministero del Lavoro, sulla base dei Regolamenti UE l’obbligo di iscrizione potrebbe sussistere per il preponente estero anche a favore dell’agente che risieda all’estero se opera in Italia o se ha in Italia il centro dei propri interessi. Viceversa, il caso andrà verificato di volta in volta in base alle norme vigenti.
Camera di commercio: in linea di principio, l’agente che si sia giuridicamente costituito all’estero non è tenuto ad assolvere agli obblighi di iscrizione in Italia. Tuttavia, la questione potrebbe essere più complessa se l’agente avesse una sede e svolgesse prevalentemente la propria attività in Italia (il che potrebbe avere un impatto anche sulla determinazione del diritto applicabile).
Norme processuali (artt.409 e ss. c.p.c.): in assenza di scelta diversa, il foro italiano potrebbe essere competente in quanto luogo di prestazione dei servizi, tuttavia le norme in questione non dovrebbero applicarsi se l’agente (persona fisica o ditta individuale) non abbia una sede in Italia.
Conclusioni
Si auspica che le osservazioni svolte fino a qui, pur non esaustive, siano utili per comprendere le possibili conseguenze dell’applicazione della legge italiana ad un contratto internazionale di agenzia e per fare delle scelte oculate in sede di redazione del contratto. Come sempre, si raccomanda di non basarsi acriticamente su modelli o precedenti senza adeguata considerazione delle circostanze del caso.
The Spanish Law of the Agency Contract and the European Directive provide for the agent -except in certain cases-, goodwill compensation (clientele) when the relationship is terminated, based on the remuneration received by the Agent during the life of the contract. It is, then, a burden that in general every Principal will have pending when the contract ends.
The temptation is to try to get rid of that payment and for this clients consult us frequently about strategies or tactics. I will try to summarize some of them indicating the chances of success (or not) that may have, both in the negotiation / drafting phase of the contract, and in the resolution phase.
- Change the name of the contract
The first idea is to make a contract “similar” to the agency or call it in a different way (services, intermediation, representation contracts…). However, the change of name does not have any incidence since the contracts “are what they are” and not what the parties call them. So if there is a continued mediation in exchange for remuneration, there is a good chance that a judge will consider it an agency contract, whatever we call it, and with all its consequences.
- Limitation of compensation in the contract
Another temptation in the drafting phase of the contract is to agree compensation less than the maximum legally envisaged, provide for payment in advance for the duration of the contract, or directly eliminate it.
None of these solutions would be valid if they try to reduce the possibility of the Agent to receive the legal maximum, or for reasons not foreseen in the Law or the Directive. The law is imperative.
- Linking different agency contracts
Given that the compensation is calculated according to the remunerations of the last five years and the clientele created, the temptation is to link several shorter contracts to consider only the clients of the last period.
This will not necessarily be a good idea if most of the customers were created last year for instance, but it may also be useless because the Spanish law and the Directive provide that the fixed-term contract that continues to be executed becomes indefinite. The judge may consider all linked contracts as one.
For this strategy to have the possibility of being useful, it would be necessary to liquidate each substituted contract, declare that “nothing has to be claimed by the parties” and that the successive contracts are sufficiently separated and have different entities, drafting, extension, etc. If the procedure is well thought out, it could be a way to get rid of a greater indemnity by clientele: a well-written pact whereby the agent declares the compensation received, and the following contract does not mimic the content and immediately to the previous one.
- Submitting the agreement to a foreign law
In international contracts the temptation is to submit the contract to a right that is not Spanish, particularly when the Principal has that citizenship.
The idea can be good or bad according to the chosen law and as long as it has some relation with the business. As is known, in the EU the Directive establishes minimum conditions that national laws must respect. But nothing prevents these laws from providing more advantageous conditions for agents. This means that, for example, choosing French law would be, in general, a bad idea for the Principal because compensation in that country is usually higher.
In some cases, the choice of a law outside the European Union that does not provide compensation for clientele when the agent is European has been rejected because that the minimum right recognized in the Directive has not been respected.
- Submit the contract to non-national rules and judges
Another less frequent possibility is to submit the contract to rules not from a country, but to general commercial norms (Lex Mercatoria) and to agree on a lower compensation.
This is very uncommon and may not be very useful depending on who is to interpret the contract and where the agent resides. If, for example, the agent resides in Spain and who is going to interpret the contract is a Spanish judge, he will most likely interpret the contract according to his/her own rules without being bound by what the contract envisages. This clause would have been useless.
- Submit the contract to arbitration
The question will be different if the contract is subject to arbitration. In this case, arbitrators are not necessarily subject to interpreting a contract according to their own national regulations if the contract is subject to different one. In this case, it would be possible that they felt freer to consider the contract exclusively, especially when the agent was not of their nationality, did not know what the law of the agent’s country and was not bound by the guarantees provided for his protection.
- Mediation in the agency contract
Mediation is an alternative dispute resolution system that can also be used in agency contracts. In mediation, the parties resolve the dispute by themselves with the help of a mediator.
In this case, given that the mediator is not deciding, it is possible for the parties to freely reach an agreement whereby the agent agrees to a minor indemnification if, for example, other advantages are conferred upon him, if he comes to the conviction of having less right, difficulty of proof, if he prefers to save other costs, time, energy for your new business, etc.
Mediators ensure the balance of the parties, but nothing prevents them to agree a compensation lower than the legal maximum (after the conclusion of the contract it is possible to negotiate a lower than the legal maximum). To foresee the possibility of mediation in the agency contract is, therefore, a good idea: this will permit the parties to better address and negotiate this compensation. In addition, providing for mediation does not limit the rights of any of the parties to withdraw and continue through the courts demanding the legal maximum.
- Imputing to the agent a previous breach
When the contract ends, this is undoubtedly the cause that is most often attempted: when the contract is to be resolved, the Principal tries to argue that the Agent has previously failed to comply and that this is why the contract is being resolved.
The law and the Directive exempt the payment of goodwill compensation when the agent has breach his obligations. But in that case, the Principal must be able to prove it when the agent discusses it. And it will not always be easy. The Principal must provide clear evidence and for this it will be convenient to collect information and documentation on the breach sufficiently and in advance and of sufficient importance (minor breaches are not usually accepted). Therefore, if the Principal wishes to follow this path it is advisable to prepare the arguments and evidences time before the agreement ends. It is strongly recommend contacting an expert advisor as soon as possible: he will help you to minimize the risks.
Gli agenti commerciali sono molto adatti per espandere il proprio business in nuovi mercati soprattutto per due ragioni: innanzitutto, perché hanno generalmente una buona conoscenza del mercato (specialmente se risiedono in quel paese); inoltre perché la loro remunerazione (“provvigione”) può essere calibrata puramente in base al profitto (= remunerata solo se gli stessi procurano un affare che poi viene effettivamente concluso), in relazione al fatturato generato.
Non di meno, sia il fornitore che l’agente commerciale potrebbero avere a volte la necessità di effettuare un periodo di prova iniziale, nel quale si ha modo conoscersi meglio l’un l’altro, e di conoscere il prodotto, il mercato e i clienti nel modo più approfondito possibile, in modo da valutare successivamente come agire in tale mercato. Perciò, essi possono convenire un periodo di prova iniziale, entro il quale il contratto di agenzia commerciale può essere terminato più facilmente e più velocemente che senza o soltanto dopo la fine di tale periodo. Ad esempio:
“Il presente Accordo entra in vigore a partire dal [●] e resta valido per un periodo di prova iniziale di mesi [●] (“Periodo di prova”) durante il quale ciascuna Parte può terminare l’Accordo con un preavviso di mesi [●]. Al termine di tale Periodo di prova, l’Accordo ha durata indeterminata, salvo che sia lo stesso venga terminato in base alle disposizioni che seguono.”
Anche in caso di terminazione di contratto nel periodo di prova, l’agente ha titolo per chiedere l’indennità di fine rapporto o il risarcimento del danno, come stabilito ora dalla Corte di Giustizia UE (caso Conseils et mise en relations (CMR) SARL, decisione del 19 aprile 2018, C-645/16).
La Corte basa le proprie argomentazioni sostanzialmente sul tenore letterale, sul contesto e sugli obiettivi della Direttiva sull’agenzia commerciale:
- La Direttiva sull’agenzia commerciale si applica anche ai “periodi di prova”.
- La cessazione di un rapporto di agenzia commerciale – sia pure entro il periodo di prova – costituisce una forma di “recesso” dal contratto di agenzia, il quale dà luogo al diritto dell’agente a conseguire l’indennità di fine rapporto o il risarcimento del danno. Ciò in quanto il contratto di agenzia commerciale risulta definitivamente cessato (secondo una concezione diversa dalla giurisprudenza francese sul tema, vedi ad es. Cour de Cassation, caso n. 14-17894).
- L’indennità di fine rapporto o il risarcimento del danno non vengono per ciò stesso meno, in quanto il recesso dal contratto durante il periodo di prova non è incluso nella lista (da ritenersi esaustiva) di eccezioni di cui all’articolo 18 della Direttiva sull’agenzia commerciale.
- Le parti possono escludere i diritti che la legge riconosce imperativamente in capo all’agente soltanto dopo che il rapporto di agenzia è definitivamente cessato (articolo 19 della Direttiva sull’agenzia commerciale) perché la Direttiva sull’agenzia commerciale punta a proteggere l’agente commerciale nei confronti del preponente (“considerando” n. 2 della Direttiva sull’agenzia commerciale).
Consigli pratici
- Le parti sono libere di pattuire periodi di prova iniziali, in quanto ciò rientra nella loro libertà contrattuale.
- Al momento della cessazione del rapporto, l’agente commerciale ha, in linea di principio, diritto di chiedere il pagamento di un’indennità o un risarcimento del danno – per “indennizzare l’agente commerciale per le prestazioni compiute di cui il preponente continui a beneficiare anche successivamente alla cessazione dei rapporti contrattuali”, come ha ora rilevato anche la Corte di Giustizia UE. Che il diritto dell’agente sia a un’indennità o piuttosto a un risarcimento del danno, dipende dal diritto scelto dalle parti (oppure, in assenza di una scelta di legge, dal diritto del paese in cui l’agente ha la propria residenza abituale).
- Per quanto riguarda l’indennità (prevista ad esempio dal diritto tedesco), il suo ammontare dipende dalla prestazione dell’agente commerciale durante il tempo di vigenza del contratto. Ciò in quanto il diritto sorge se e nella misura in cui: (i) l’agente ha procurato al preponente nuovi clienti, oppure (ii) ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti, (iii) il preponente continui ad avere benefici sostanziali da tale affare e (iv) tale indennità sia equa. Come limite massimo, l’indennità non può eccedere la remunerazione media annua conseguita negli ultimi cinque anni (comprendente provvigioni e altri pagamenti). Tali possibili costi dovrebbero essere pertanto inclusi nel proprio piano di business, prima che si inizi a distribuire prodotti o servizi tramite agenti commerciali.
- In tutta l’UE, i contratti di agenzia sono diffusi in una grande varietà di settori: circa 740.000 agenti commerciali sono attivi per 1,7 milioni di società e generano vendite per 260 miliardi di euro. Questi numeri, del 2012, sono in crescita, come indicato dai dati Eurostat riportati dalla Commissione Europea nella propria Refit Evaluation. Gli Stati membri UE con più agenti commerciali sono la Slovacchia (35 mila) la Repubblica Ceca (42 mila), la Germania (42 mila), la Francia (50 mila), la Spagna (50 mila) e – di gran lunga più degli altri – l’Italia (220 mila). Se l’agente opera al di fuori dello Spazio Economico Europeo, il preponente e gli agenti commerciali sono liberi di derogare alla altrimenti imperativa disciplina della Direttiva sull’agenzia commerciale. Ciò soprattutto qualora si scelga come diritto applicabile quello tedesco. Per maggiori dettagli, si veda l’articolo “Nessuna indennità di avviamento per agenti commerciali al di fuori dello SEE – “Ingmar” reloaded”.
- In via alternativa, è possibile organizzare il proprio business tramite distributori o franchisees. Anche al loro favore può però maturare un diritto a un’indennità, soprattutto nel caso dei distributori. Per maggiori dettagli, si veda l’articolo “Indennità di fine rapporto del distributore”.
Quando si entra in nuovi mercati, vi sono differenti strategie di distribuzione tra le quali scegliere (I.). Nel commercio al dettaglio, di vetture o nella vendita all’ingrosso sono assai frequenti gli accordi di distribuzione (II.). Negli accordi di distribuzione internazionale le parti possono scegliere la legge applicabile (III.). Sia nel caso in cui si vi sia una scelta che nel caso in cui non vi sia, la legge applicabile può contenere spiacevoli sorprese, come ad esempio l’indennità di fine rapporto per il distributore secondo il diritto tedesco (IV.). Tali sorprese possono essere evitate, e quest’articolo mostra come, alla luce delle ultime decisioni della Corte Suprema Federale tedesca (V.).
I. L’ingresso in nuovi mercati
Entrando in nuovi mercati è possibile scegliere tra differenti strutture di distribuzione e differenti intermediari. La scelta dipende da molti fattori – in particolare le attività esistenti, il mercato-obiettivo e la strategia di mercato desiderata – e può ricadere su diverse forme: dalla vendita diretta con propri dipendenti o agenti di vendita alla distribuzione indiretta tramite distributori, affiliati, commissionari, la vendita di prodotti senza marchio o la concessione in licenza (con produzione e vendita da parte di terze parti). Per dettagli sulla distribuzione in Germania si veda l’articolo precedentemente pubblicato su Legalmondo “Germany – Distribution agreements (accordi di distribuzione in Germania) ”.
II. Accordi di distribuzione
Nel commercio al dettaglio (in particolare di prodotti di elettronica, cosmetici, gioielleria e moda), di vetture e all’ingrosso, frequentemente gli investitori scelgono un sistema di distribuzione – senza aver riguardo al fatto che l’intermediario di vendita sia denominato quale “distributore”, “commerciante”, “rifornitore”, “rivenditore specializzato”, “concessionario” o “rifornitore autorizzato”. I distributori sono contraenti autonomi e indipendenti, che vendono e promuovono costantemente i prodotti in proprio nome e in proprio conto. Essi si assumono il rischio imprenditoriale, a fronte del quale sono compensati con il riconoscimento di margini sulla vendita dei prodotti piuttosto bassi. I distributori sono generalmente meno protetti degli agenti commerciali (ai quali all’interno dell’Unione Europea si applica la Direttiva sugli agenti commerciali indipendenti del 1986, così come implementata nel singolo diritto nazionale del rispettivo Stato membro dell’UE). Al contrario degli accordi con agenti di vendita, gli accordi di distribuzione sono ristretti dalla legislazione antitrust: restrizioni della concorrenza sono, in linea generale, proibite, a meno che esse evitino di restringere sensibilmente la concorrenza ai sensi dell’Articolo 101 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). Per dettagli sulla distribuzione online si veda l’articolo di Legalmondo “eCommerce: restrictions on distributors in Germany (Restrizioni a distributori nell’E-Commerce)”.
III. Distribuzione internazionale e scelta della legge applicabile
Quando un produttore distribuisce in uno stato differente, i diritti nazionali del produttore e del distributore entrano in rotta di collisione. Di solito le parti inseriscono nel contratto una clausola di scelta della legge applicabile, proprio al fine di evitare tale collisione e creare certezza legale. Solitamente ciascuna parte proverà a portare il “proprio” (peraltro magari non più favorevole, ma semplicemente più conosciuto) diritto all’estero. In alternativa, le parti possono accordarsi sul diritto di un paese terzo, “neutrale” – ad es. il diritto svizzero tra un produttore italiano e un distributore tedesco, il quale, tra l’altro, concede anche più libertà con riguardo ai contratti standardizzati.
Anche in presenza di una scelta del diritto applicabile, però, nel commercio internazionale vi possono essere spiacevoli sorprese:
- Primo, perché una scelta del diritto applicabile potrebbe non essere efficace – come, ad esempio, in alcuni stati del Sud America e nel Medio Oriente.
- Secondo, perché ci potrebbero essere delle norme di applicazione necessaria valide in campo internazionale (“overriding mandatory provisions”, “lois des police” or “Eingriffsnormen“), le quali sono così importanti per la salvaguardia degli interessi pubblici di un paese, che le stesse, in pratica, “passano sopra” al diritto applicabile scelto dalle parti, ossia trovano applicazione nonostante la presenza di un’efficace scelta di diritto applicabile di diverso tenore.
- Terzo, perché il diritto applicabile scelto potrebbe contenere delle spiacevoli sorprese, come l’indennità di fine rapporto per distributori prevista dal diritto tedesco.
IV. L’indennità di distribuzione “tedesca”
Anche il diritto tedesco contiene una sorpresa, perché dà al distributore il diritto di richiedere un’indennità di fine rapporto. Sebbene non vi siano norme esplicite, c’è una giurisprudenza molto consolidata che estende in via analogica diverse norme sull’agenzia anche ai distributori, a patto che ricorrano due condizioni.
Il distributore dev’essere:
- Integrato nell’organizzazione di vendita del preponente; e
- obbligato (per accordo o in via di fatto) a trasferire i dati della clientela durante o al termine del contratto.
Se sussistono tali condizioni, il distributore è titolato a chiedere l’indennità al termine del contratto (alle stesse condizioni di un agente). Il calcolo di tale indennità di fine rapporto è, generalmente, basato sul margine che il distributore ha conseguito negli ultimi 12 mesi prima della fine del contratto, con clienti nuovi portati dal distributore o con clienti già esistenti, a patto che il distributore abbia sensibilmente incrementato il business. I dettagli dipendono dal calcolo concreto e le Corti tedesche utilizzano metodi diversi per quantificarla.
V. Come evitare l’indennità di fine rapporto “tedesca” per distributori
Sia per gli agenti che per i distributori l’indennità di fine rapporto “tedesca” può essere esclusa in anticipo (ossia prima della fine del contratto) se l’agente o distributore opera al di fuori dello Spazio Economico Europeo (“SEE”). Per lungo tempo, comunque, ci si è chiesti se l’indennità di fine rapporto del distributore sotto il diritto tedesco potesse essere esclusa in anticipo, qualora il distributore operasse al di fuori della Germania, ma all’interno dello SEE.
La questione è stata sottoposta alla Corte Suprema Federale tedesca (decisione del 25/02/2016, fasc. n. VII ZR 102/15). Nel caso di specie, il convenuto, stabilito in Germania, produceva strumentazione per l’industria elettronica. L’attore operava come distributore in Svezia e in altri stati dello SEE. L’accordo di distribuzione prevedeva l’applicazione del diritto tedesco; si escludeva, inoltre, qualsiasi compensazione o remunerazione post contrattuale.
Dopo la fine del contratto con il convenuto, l’attore aveva agito per ottenere l’indennità di fine rapporto come distributore. Le corti inferiori non gli avevano riconosciuto alcun diritto all’indennità, ma la Corte Suprema Federale ha capovolto le decisioni dei giudici di merito, deliberando in suo favore (come, peraltro, aveva fatto in una materia simile la Corte d’Appello di Francoforte in data 06/02/2016, fasc. n. 11 U 136/14 [Kart]).
La decisione si concentra sull’ambito territoriale di applicazione dell’indennità di fine rapporto (art. 89b del Codice del Commercio Tedesco). Ai sensi della disposizione di cui al comma 4, l’indennità di fine rapporto dell’agente non può essere esclusa in anticipo. Secondo casistica giurisprudenziale costante, la disposizione può applicarsi in via analogica ai distributori (vedi sopra). Tuttavia, si discuteva se l’indennità di fine rapporto del distributore fosse dovuta anche qualora il distributore operasse al di fuori della Germania, ma all’interno dell’UE / SEE. L’argomento principale contro l’applicazione obbligatoria estesa anche all’UE / SEE era che gli accordi di distribuzione non fossero armonizzati all’interno del diritto dell’UE (in particolare, essi non sarebbero coperti dalla direttiva europea sugli agenti commerciali indipendenti del 1986). La Corte Suprema Federale tedesca ha ora confermato che l’indennità di fine rapporto del distributore non può essere esclusa in anticipo all’interno dell’UE / SEE – facendo riferimento in particolare (i) allo sviluppo storico del diritto di agenzia e (ii) al suo obiettivo di proteggere l’agente e/o comunque il distributore: distributori operanti in altri paesi SEE dovrebbero essere protetti allo stesso modo di quelli operanti in Germania e, nello specifico, contro conseguenze sfavorevoli causate dalla dipendenza economica nei confronti del produttore / preponente. Il legislatore tedesco avrebbe inoltre confermato tale casistica giurisprudenziale favorevole per il distributore tramite un “silenzio eloquente”, ossia non modificando la disciplina legislativa sul contratto di agenzia. Infine, la Corte Suprema Federale ha ritenuto che non fosse necessario deferire tale questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in quanto essa non ricadrebbe nell’ambito applicativo della direttiva sugli agenti commerciali indipendenti del 1986.
La nuova decisione ha fatto chiarezza su questa questione lungamente dibattuta, ma non è sorprendente. Piuttosto, essa è coerente con la casistica giurisprudenziale esistente ed è assai probabile che la Corte Suprema Federale tedesca continui, in futuro, ad applicare in via analogica il diritto di agenzia ai distributori.
Cinque consigli pratici per la prassi contrattuale e la redazione di futuri contratti:
- L’indennità di fine rapporto è un costo che sorge solo al termine di un accordo di distribuzione, ma dovrebbe essere preso in considerazione sin dall’inizio – così come la questione, se tale costo possa essere evitato o stipulato in maniera differente (ad es. tramite pagamenti in entrata, vedi sotto).
- Qualora il distributore operi al di fuori dello SEE, la pretesa dell’indennità di fine rapporto può essere esclusa in ogni momento, ossia già nello stesso contratto (art. 92c del Codice del Commercio tedesco; cfr. Corte d’Appello di Monaco di Baviera, decisione del 11/01/2002, fasc. n. 23 U 4416/01) – che sia di agenzia o che sia un accordo di distribuzione.
- Se il distributore opera all’interno dello SEE, il diritto tedesco trova applicazione e ricorrono le due condizioni di cui sopra, la pretesa del distributore all’indennità di fine rapporto non può essere esclusa prima della fine del contratto.
- L’indennità di fine rapporto tedesca del distributore può essere esclusa in anticipo soprattutto se le parti
- (i) escludono il trasferimento di dati della clientela; o
- (ii) obbligano il produttore a bloccare, ad impedire di usare e, se necessario, a distruggere tali dati della clientela alla fine del contratto (Corte federale tedesca, decisione del 05/02/2015, fasc. n. VII ZR 315/13); o
- (iii) scelgono un altro diritto applicabile (e, conseguentemente, un’altra giurisdizione o l’arbitrato).
- In alternativa, le parti possono ammorbidire la pretesa all’indennità di fine rapporto concordando dei “pagamenti in entrata” (“Einstandszahlungen”), i quali potrebbero essere differiti fino alla fine del contratto, imputandoli all’indennità di fine rapporto. In ogni caso, tale pagamento in entrata non può essere irragionevolmente alto (Corte suprema federale, decisione del 24/02/1983, fasc. n. I ZR 14/81), o dovrebbe venir corrisposto dietro un valore di ritorno, ad es. uno sconto particolarmente alto per il distributore o una durata contrattuale molto lunga (Corte d’Appello di Monaco di Baviera, decisione del 04/12/1996, fasc. n. 7 U 3915/96, Corte d’Appello di Saarbrücken, decisione del 30/08/2013, fasc. n. 1 U 161/12). In breve: il produttore deve provare che le parti non avrebbero pattuito una commissione più alta nemmeno senza pagamento in entrata (come già deciso dalla Corte Suprema Federale tedesca il 14 luglio 2016, fasc. n. VII ZR 297/15).
L’agenzia commerciale è generalmente il modo più semplice per sviluppare una rete di distribuzione all’estero, e la Francia non fa eccezione. Tuttavia, nel momento di concludere un contratto sottoposto alla legge francese, è necessario conoscerne le principali caratteristiche, che saranno accennate in questo post.
Definizione
Come noto, un agente commerciale è un mandatario che a titolo professionale negozia ed, eventualmente, conclude dei contratti in nome e per conto del suo mandante.
Il codice di commercio francese (art. L134-1) lo definisce precisamente:
« L’agent commercial est défini comme un mandataire qui, à titre de profession indépendante, sans être lié par un contrat de louage de services, est chargé, de façon permanente, de négocier et, éventuellement, de conclure des contrats de vente, d’achat, de location ou de prestation de services, au nom et pour le compte de producteurs, d’industriels de commerçants ou d’autres agents commerciaux.»
«L’agente commerciale è un mandatario che a titolo di professione indipendente, senza essere legato da un contratto di lavoro, è incaricato in un modo permanente di negoziare e eventualmente di concludere dei contratti di vendita, di acquisto, di affitto / noleggio o prestazioni di servizio in nome e per conto di produttori, industriali, commercianti od altri agenti di commercio.»
Dalla definizione emerge che l’agente è indipendente: libero di organizzare la sua attività e la sua impresa, che sia individuale o in forma societaria (srl, snc, ecc). Questa caratteristica è fondamentale, perché più il mandatario è integrato nell’organizzazione dell’attività del preponente e più il contratto rischierà di essere riqualificato dai tribunali in contratto di rappresentante di vendita (VRP).
In tutta la relazione contrattuale e nella stessa redazione del contratto si deve prestare particolare attenzione a non confondere un agente con un VRP, poiché nel diritto francese quest’ultimo è parificato al lavoratore dipendente, che ha maggiori diritti e un maggior riconoscimento economico nel momento della cessazione del contratto.
Requisiti
L’agente deve essere iscritto al registro degli agenti di commercio della cancelleria del tribunale di commercio del luogo dove è domiciliato.
Forma del contratto
La forma scritta non è obbligatoria, ma fortemente consigliata. L’articolo L134-2 del codice di commercio prevede che ciascuna parte possa richiedere la forma scritta sia per il contratto che per le successive modifiche o integrazioni.
Esecuzione del contratto – clausole importanti
- Durata: determinata o indeterminata.
- Corrispettivo: una provvigione definita liberamente tra le parti.
- Territorio: è molto importante definire il territorio contrattuale con precisione ed evitare clausole generiche come “tutto il mondo”.
- Esclusiva: la clausola dovrà precisare se l’esclusiva è sul territorio e/o sulla clientela e se il mandante si riserva il diritto di intervenire o meno.
- Preavviso di recesso (art. L 134-11 alinea 3 del codice di commercio): 1 mese per il primo anno, 2 mesi per il secondo anno, 3 mesi successivamente.
Fase post-contrattuale – Clausole importanti
Il patto di non concorrenza post-contrattuale (art. L 134-14 del codice di commercio) deve essere redatto per iscritto e limitato nel tempo per un massimo di due anni dalla cessazione del rapporto di agenzia.
I limiti in esso contenuti (territorio, clientela, prodotti) non possono essere così stringenti da impedire di fatto all’agente di svolgere la sua attività lavorativa dopo la conclusione del contratto. La clientela e i prodotti inseriti nel patto, quindi devono essere concorrenti alla tipologia merceologica che era oggetto del contratto di agenzia. Diversamente, i tribunali considereranno la clausola nulla e potranno riconoscere all’agente un risarcimento dei danni.
La legge francese non prevede alcuna retribuzione specifica per questa clausola.
L’indennità di fine rapporto (art. L 134-12 del codice di commercio) è, come in quasi tutte le legislazioni Europee, una norma d’ordine pubblico, inderogabile in peius dalle parti. Qualunque eventuale clausola che la escluda o riduca sarà considerata dai tribunali come non apposta.
Il mandante, quindi, difficilmente potrà evitare di corrispondere all’agente un’indennità di fine rapporto in un contratto sottoposto alla legge francese.
L’agente ha 1 anno per far valere questo diritto all’indennità di fine rapporto, per cui è consigliabile mantenere traccia scritta della richiesta di indennità, di modo da poter dimostrare facilmente di aver rispettato il termine di prescrizione, anche in un eventuale contenzioso.
L’ammontare dell’indennità è quantificata, in misura massima, a 2 anni di provvigioni (calcolate sulla base lorda) percepite dall’agente. Spetterà però al mandante dimostrare la ragione per la quale l’agente avrebbe diritto a un’indennità inferiore.
I casi nei quali l’indennità non è dovuta sono:
- Cessione del contratto ad altro agente;
- Recesso del contratto ad iniziativa dell’agente;
- Inadempimento grave dell’agente.
Quest’ultimo può risultare dall’inadempimento di clausole esplicitamente definite nel contratto come importanti e deve essere valutato caso per caso, operazione per la quale suggeriamo di rivolgersi al parere di un legale specializzato nel settore.
Focus sulla fine del contratto per pensione
Il diritto all’indennità di fine rapporto sussiste anche quando l’agente cessa la sua attività e fa valere il diritto alla pensione.
La giurisprudenza francese (in particolare quella della Corte di Cassazione), tuttavia, chiede un controllo più specifico della ragione della fine del contratto: l’agente non deve soltanto sostenere di avere diritto alla pensione d’anzianità, ma dovrebbe altresì dimostrare di non essere più nelle condizioni fisiche per lavorare.
Qual è il tribunale francese competente?
Anche se l’agente è una società commerciale, la natura del contratto è pur sempre civile.
In virtù di ciò, il tribunale competente varia a seconda del soggetto che intraprende l’azione.
Se l’agente è l’attore, lo stesso potrà scegliere tra tribunal de grande instance e tribunal de commerce.
Se, invece, è il mandante ad essere l’attore, lo stesso dovrà iniziare l’azione di fronte al tribunal de grande instance.
Come per tutti i contratti di durata, anche per le società a responsabilità limitata (s.r.l.) la legge italiana prevede la possibilità per il socio di recedere.
L’articolo 2473 del codice civile riconosce al socio il diritto di recedere, oltre che nei casi espressamente previsti nell’atto costitutivo, anche quando lo stesso non abbia consentito al cambiamento dell’oggetto sociale o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della sede all’estero, alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o dei diritti particolari attribuiti al socio ai sensi dell’art. 2468 c.c.
In aggiunta alle ipotesi sopra elencate, il diritto di recesso può essere altresì esercitato quando:
- l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità della quota o subordini il suo trasferimento al mero gradimento degli organi sociali (art. 2469 codice civile);
- sia deliberato l’aumento di capitale sociale con emissione di nuove quote in favore di terzi (art. 2481 bis codice civile);
- vengano introdotte, siano soppresse o modificate in maniera importante eventuali clausole compromissorie contenute nell’atto costitutivo (art. 36 D.Lg. 5/2003);
- la società capogruppo sia stata condannata ai sensi dell’art. 2497 quater codice civile.
Oltre alle ipotesi appena elencate, resta comunque sempre valida la regola generale, cristallizzata nella disposizione contenuta nel secondo comma dell’art. 2473 del codice civile, per cui il socio può sempre recedere, dando un preavviso di 180 giorni (o più, se diversamente disposto dall’atto costitutivo), quando la società sia stabilita a tempo indeterminato.
A lungo si è discusso, e tuttora si continua a discutere, della possibilità per il socio di ricorrere a tale ipotesi di recesso ad nutum quando la società abbia un termine ben determinato, ma comunque eccedente la normale durata della vita umana.
Sulla questione la giurisprudenza non ha mancato di sottolineare come una durata della società superiore a quella media della vita umana non possa che comportare l’applicazione della disciplina prevista per le società contratte a tempo indeterminato.
La Cassazione, con la pronuncia n. 9662 del 22 aprile 2013, ha, in particolare, riconosciuto l’assimilabilità di una società costituita con durata fino al 2100 ad una società con durata illimitata, precisando che, in presenza di un termine fissato in epoca così lontana nel tempo, tanto da superare la prospettiva di vita della persona fisica e di operatività di un soggetto collettivo, debbano trovare spazio le ragioni che hanno portato il legislatore, che ha sempre guardato con sfavore ai vincoli perpetui, a prevedere il recesso ad nutum per le società contratte a tempo indeterminato.
La previsione di un termine di durata del soggetto collettivo ha, secondo i giudici di legittimità, la funzione di stabilire se l’aspettativa di vita dell’ente sia congrua rispetto al progetto che con esso si intende perseguire.
La mancata previsione di un termine di durata viene, perciò, ricollegata all’intrinseca perpetuità del progetto imprenditoriale o, in alternativa, alla difficoltà di stabilire a priori il tempo necessario per giungere al conseguimento dell’oggetto sociale.
Ne consegue, pertanto, che fissare un termine per la durata della società in un momento eccessivamente lontano nel tempo, potrebbe impedire di ricostruire quale sia stata l’effettiva volontà delle parti del contratto sociale nella scelta tra società contratta a tempo determinato e società contratta a tempo indeterminato.
Non potrebbe, quindi, escludersi che l’indicazione di una durata spropositata rispetto alla vita dei soci o rispetto all’oggetto sociale che s’intende perseguire abbia, in realtà, un intento elusivo degli effetti che si produrrebbero con una dichiarazione esplicita di durata indeterminata, che potrebbe essere corretto solo con un intervento interpretativo che garantisca al socio le tutele previste dall’ordinamento con riferimento alle società con durata illimitata.
La linea portata avanti dalla Cassazione è stata di recente seguita anche dalla giurisprudenza di merito.
In particolare, le sezioni specializzate in materia di impresa del Tribunale di Roma (sentenza del 22 ottobre 2015) e del Tribunale di Torino (pronuncia del 5 maggio 2017), hanno riconosciuto il diritto di recesso con preavviso con riferimento a società con termine al 2100, considerando una simile durata sostanzialmente illimitata.
Nello specifico, il collegio piemontese ha fatto interamente proprie le argomentazioni della Corte di Cassazione, applicando il principio secondo cui devono considerarsi costituite a tempo indeterminato, non solo le s.r.l. con durata eccedente la normale vita umana, ma anche le s.r.l. che siano costituite per un termine particolarmente lungo, tale per cui debba ritenersi superato l’orizzonte temporale ragionevolmente ricollegabile al raggiungimento dello scopo della società.
L’orientamento giurisprudenziale che va, quindi, affermandosi impone agli operatori del diritto di prestare particolare attenzione all’elemento della durata temporale delle società a responsabilità limitata, onde evitare un’applicazione più ampia e generalizzata, rispetto a quanto desiderato, delle tutele riconosciute ai soci di s.r.l. contratte a tempo indeterminato.
L’autore di questo articolo è Giovanni Izzo.
Based on our experience in many years advising and representing companies in the commercial distribution (in Spanish jurisdiction but with foreign manufacturers or distributors), the following are the six key essential elements for manufacturers (suppliers) and retailers (distributors) when establishing a distribution relationship.
These ideas are relevant when companies intend to start their commercial relationship but they should not be neglected and verified even when there are already existing contacts.
The signature of the contract
Although it could seem obvious, the signature of a distribution agreement is less common than it might seem. It often happens that along the extended relationship, the corporate structures change and what once was signed with an entity, has not been renewed, adapted, modified or replaced when the situation has been transformed. It is very convenient to have well documented the relationship at every moment of its existence and to be sure that what has been covered legally is also enforceable y the day-to-day commercial relationship. It is advisable this work to be carried out by legal specialists closely with the commercial department of the company. Perfectly drafted clauses from a legal standpoint will be useless if overtaken or not understood by the day-to-day activity. And, of course, no contract is signed as a “mere formality” and then modified by verbal agreements or practices.
The proper choice of contract
If the signature of the distribution contract is important, the choice of the correct type is essential. Many of the conflicts that occur, especially in long-term relationships, begin with the interpretation of the type of relationship that has been signed. Even with a written text (and with an express title), the intention of the parties remains often unclear (and so the agreement). Is the “distributor” really so? Does he buy and resell or there are only sporadic supply relationships? Is there just a representative activity (ie, the distributor is actually an “agent“)? Is there a mixed relationship (sometimes represents, sometimes buys and resells)? The list could continue indefinitely. Even in many of the relationships that currently exist I am sure that the interpretation given by the Supplier and the Distributor could be different.
Monitoring of legal and business relations
If it is quite frequent not to have a clear written contract, it happens in almost all the distribution relationships than once the agreement has been signed, the day-to-day commercial activity modifies what has been agreed. Why commercial relations seem to neglect what has been written in an agreement? It is quite frequent contracts in which certain obligations for distributors are included (reporting on the market, customers, minimum purchases), but which in practice are not respected (it seems complicated, there is a good relationship between the parties, and nobody remembers what was agreed by people no longer working at the company…). However, it is also quite frequent to try to use these (real?) defaults later on when the relationship starts having problems. At that moment, parties try to hide behind these violations to terminate the contracts although these practices were, in a sort of way, accepted as a new procedure. Of course no agreement can last forever and for that reason is highly recommendable a joint and periodical monitoring between the legal adviser (preferably an independent one with the support of the general managers) and the commercial department to take into account new practices and to have a provision in the contractual documents.
Evidences about customers
In distribution contracts, evidences about customers will be essential in case of termination. Parties (mainly the supplier) are quite interested in showing evidences on who (supplier or distributor) procured the customers. Are they a result of the distributor activity or are they obtained as a consequence of the reputation of the trademark? Evidences on customers could simplify or even avoid future conflicts. The importance of the clientele and its possible future activity will be a key element to define the compensation to which the distributor will pretend to be eligible.
Evidences on purchases and sales
Another essential element and quite often forgotten is the justification of purchases to the supplier and subsequent sales by distributors. In any distribution agreement distributors acquire the products and resell them to the final customers. A future compensation to the distributor will consider the difference between the purchase prices and resale prices (the margin). It is therefore advisable to be able to establish the correspondent evidence on such information in order to better prepare a possible claim.
Damages in case of termination of contracts
Similarly, it would be convenient to justify what damages have been suffered as a result of the termination of a contract: has the distributor made investments by indication of the supplier that are still to be amortized? Has the distributor hired new employees for a line of business that have to be dismissed because of the termination of the contract (costs of compensation)? Has the distributor rented new premises signing long-term contracts due to the expectations on the agreement? Please, take into account that the Distributor is an independent trader and, as such, he assumes the risks of his activity. But to the extent he is acting on a distribution network he shall be subject to the directions, suggestions and expectations created by the supplier. These may be relevant to later determine the damages caused by the termination of the contract.
Brazilian legislation requires every nonresident that holds quotas, capital or shares of a Brazilian company appoints an attorney-in-fact that resides in the country, with powers to receive service of process.
Besides granting the power required by law, foreign partners usually grant other powers to their attorneys-in-fact, in order to facilitate the procedures, since all documents executed abroad must be notarized and Apostilled, and once they arrive in Brazil they must be translated by a sworn translator and registered before the Public Registry of Titles and Documents, in order to be valid in Brazil, which is time and money consuming.
Also, all foreign companies holding quotas, capital or shares of the Brazilian company, need a Taxpayer number, called CNPJ. The taxpayer number is not for tax payment purposes, but for controlling purposes only. The foreign partners / holder need to grant a power of attorney for their enrollment at CNPJ, and representation before the Federal Revenue in all matters.
By the time the company is incorporated the Power of Attorney granting the above-mentioned mandatory powers must be presented before the Board of Trade.
Moreover, all Foreign Direct Investment must be registered at the Central Bank of Brazil. This means that every time the foreign shareholder/partner transfers money to the Brazilian company as investment, the respective exchange agreement must be registered at the Central Bank. Such registration is done electronically.
The main effects of such registration are the possibility of remitting dividends and of repatriating the capital invested.
In view of the above, the documents to be presented at the incorporation of a company in Brazil are:
- Power of Attorney granting to a Brazilian resident powers to accept service of process, for enrollment at CNPJ and representation before the Federal Revenue;
- In case the foreign partners/shareholders/holder are/is a natural person, a copy of his/her passport;
- In case the foreign partners/shareholders/holder are/is a legal entity:
– Copy of the passport of the legal representative of the foreign partners/shareholders/holder; and
– Updated Certificate issued by the Board of Trade of the foreign partners/shareholders/holder’s head offices attesting: (a) its existence and good standing, and (b) its legal representatives for the purposes of evidencing that the company was duly represented in the Power of Attorney granted. This document (or a separate one issued by a public authority) must also contain the head offices address, name of shareholders, capital and objectives.
Note that all documents need to be duly notarized and apostilled. Once they arrive in Brazil, they will undergo sworn translation and will be registered at the Public Registry Office in order to be valid.
We would like to point out that the Federal Revenue and commercial banks have increasingly been requesting a series of complementary documents for compliance reasons, so that the final beneficiaries (natural person) of each foreign company holding quotas, capital or shares of Brazilian entities may be identified.
At the chosen bank’s own discretion, other documents may be necessary, as balance sheets, statements and corporate documentation until the end controller (natural person) is identified. These documents must be presented for the opening of a bank account, and banks have been taking quite some time to open the account.