Come gestire l’impatto dei dazi sulla supply chain internazionale

9 Febbraio 2025

  • Italia
  • Distribuzione

I dazi non li pagano i governi stranieri (come ripetuto più volte da Donald Trump in campagna elettorale) ma le imprese importatrici del paese che emette la tassa sul valore del prodotto importato, ossia, nel caso del recente round di dazi dell’amministrazione Trump, le imprese statunitensi.  Allo stesso modo, saranno le imprese canadesi, messicane, cinesi e – probabilmente – europee, che pagheranno i dazi per l’import dei prodotti di provenienza USA, applicati dai rispettivi paesi come misura di ritorsione commerciale nei confronti dei dazi statunitensi.

In questo contesto, si aprono diversi scenari, tutti problematici:

  • Per le imprese USA, che versano la tassa di importazione
  • Per le imprese straniere che esportano verso gli USA i prodotti tassati, che per effetto dell’aumento dei prezzi vedranno calare i volumi di export
  • Per le imprese straniere che importano prodotti dagli USA, perché a loro volta pagheranno i dazi imposti dai loro paesi come ritorsione a quelli americani
  • Per i clienti intermedi o finali nei mercati interessati dai dazi, che pagheranno un prezzo più alto sui prodotti importati

L’imposizione del dazio costituisce causa di forza maggiore?

Una prima obiezione frequente della parte colpita dal dazio (può essere il compratore-importatore, oppure chi rivende il prodotto dopo avere pagato il dazio), in questi casi, è quella di invocare la forza maggiore per sottrarsi all’adempimento del contratto, che per effetto del dazio è divenuto troppo oneroso.

L’applicazione del dazio, però, non rientra tra le cause di forza maggiore, poiché non siamo di fronte ad un evento imprevedibile, che comporti l’impossibilità oggettiva di adempiere al contratto. Il compratore / importatore, infatti, può sempre dare adempimento al contratto, con la sola problematica dell’aumento del prezzo.

L’imposizione del dazio costituisce causa di eccessiva onerosità sopravvenuta (hardship)?

Se ricorre una situazione di eccessiva onerosità sopravvenuta dopo la conclusione del contratto (in inglese, harship) la parte colpita ha diritto di chiedere una revisione del prezzo, oppure di terminare il contratto.

Occorre una valutazione caso per caso, che porta a ritenere ricorrente una situazione di hardship se ricorra una situazione straordinaria ed imprevedibile (nel caso dei dazi USA, annunciati da mesi, difficile sostenerlo) e il prezzo, per effetto dell’applicazione del dazio, sia manifestamente eccessivo.

Si tratta di situazioni eccezionali, di rara applicazione, che vanno approfondite sulla base della legge applicabile al contratto.  In linea generale le fluttuazioni di prezzo sui mercati internazionali rientrano nel rischio d’impresa e non costituiscono motivo sufficiente per rinegoziare gli accordi conclusi, che restano vincolanti, salvo che le parti non abbiano previsto una clausola di hardship nell’accordo (ne parliamo in seguito).

L’applicazione del dazio comporta un diritto a rinegoziare i prezzi?

I contratti già conclusi, ad esempio gli ordini già accettati e i programmi di fornitura con prezzi concordati per un certo periodo, restando vincolanti e devono essere eseguiti secondo gli accordi originari.

In assenza di clausole specifiche nel contratto, la parte colpita dal dazio è dunque obbligata a rispettare il prezzo precedentemente pattuito e dare adempimento all’accordo.

Le parti sono libere di rinegoziare i futuri contratti, ad esempio

  • il venditore può concedere uno sconto per diminuire l’impatto del dazio che colpisce il compratore-importatore, oppure
  • il compratore può acconsentire ad un aumento del prezzo per compensare un dazio che il venditore abbia pagato per importare un componente o una semilavorato nel suo paese, per poi esportare il prodotto finito

ma ciò non riguarda la validità degli impegni già contrattualizzati, che restano vincolanti.

La situazione è particolarmente delicata per le imprese che si trovano nel mezzo della catena di fornitura, ad esempio chi importa materie prime o componenti dall’estero (potenzialmente oggetto di dazi, o di doppi dazi in caso di ripetuta importazione ed esportazione) e rivende i prodotti semilavorati o finiti, con ordinativi confermati a lungo termine, o accordi di fornitura a prezzo fisso per un certo periodo. In caso di contratti già conclusi, chi ha importato un prodotto accollandosi il dazio non ha diritto di trasferire il costo sul successivo anello della supply chain, a meno che ciò non fosse espressamente previsto nel contratto con il cliente.

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Come tutelarsi nel caso di imposizione di futuri dazi che colpiscano fornitori o clienti stranieri?

E’ consigliabile prevedere espressamente il diritto di rinegoziare i prezzi, se necessario aggiungendo con un addendum all’accordo originario. Il risultato si ottiene, ad esempio, con una clausola che preveda che nel caso di eventi futuri, compresi eventuali dazi, che comportino un aumento del costo complessivo del prodotto sopra una certa soglia (ad esempio il 10%), la parte colpita dal dazio abbia il diritto di avviare una rinegoziazione del prezzo e, in caso di manco accordo, possa recedere dal contratto.

Un esempio di clausola può essere il seguente:

Import Duties Adjustment

“If any new import duties, tariffs, or similar governmental charges are imposed after the conclusion of this Contract, and such measures increase a Party’s costs exceeding X% of the agreed price of the Products, the affected Party shall have the right to request an immediate renegotiation of the price. The Parties shall engage in good faith negotiations to reach a fair adjustment of the contractual price to reflect the increased costs.

If the Parties fail to reach an agreement within [X] days from the affected Party’s request for renegotiation, the latter shall have the right to terminate this Contract with [Y] days’ written notice to other Party, without liability for damages, except for the fulfillment of obligations already accrued.”

Il “Made in Italy”, sintomo di alta qualità produttiva ed estetica, riveste un valore aggiunto, in ambito internazionale, per prodotti di diversa natura, dall’alimentare all’abbigliamento, dall’automotive all’arredamento. Negli ultimi anni, in Italia, sono state adottate diverse iniziative a livello normativo al fine di garantire la promozione, valorizzazione e tutela dello stesso.

Nel 2024 è entrata in vigore la legge n. 206/2023, definita Nuova legge sul Made in Italy seguita il 3 luglio 2024 dal relativo Decreto attuativo, con cui il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (di seguito “Ministero”) ha introdotto numerose disposizioni di rilievo concernenti, tra le altre, l’istituzione di un contrassegno ufficiale dell’origine italiana delle merci, la lotta alla contraffazione – in particolare in sede penale – nonché l’incentivazione al ricorso alla tecnologia blockchain a tutela delle filiere produttive.

Tra le novità introdotte, vi sono specifiche disposizioni a tutela dei marchi con almeno 50 anni di registrazione o utilizzo di particolare interesse e valenza nazionale (di seguito “Marchi/o”). L’obiettivo di queste misure è quello di salvaguardare il patrimonio rappresentato dai marchi italiani con una presenza risalente sul mercato, prevenendone l’estinzione e garantendone l’utilizzo da parte di imprese legate al territorio.

Misure per garantire la continuità

Al fine di tutelare i marchi di particolare interesse e valenza nazionale sono state introdotte due distinte possibilità.

  • Notifica da parte delle imprese

La prima consiste nell’acquisizione della titolarità, da parte del Ministero, di Marchi di aziende che intendono cessare la loro attività. Al riguardo il Decreto prevede che l’impresa titolare o licenziataria di un marchio registrato da almeno 50 anni o per il quale sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno 50 anni, che intenda cessare definitivamente l’attività svolta, notifichi preventivamente al Ministero le informazioni relative al progetto di cessazione dell’attività indicando, in particolare, i motivi economici, finanziari o tecnici che impongono la cessazione medesima. Il Ministero, ricevuta questa notifica, può subentrare gratuitamente nella titolarità del marchio, qualora lo stesso non sia stato oggetto di cessione a titolo oneroso da parte dell’impresa   titolare   o licenziataria.

Questa procedura, in particolare, è di recentissima attuazione, essendo la stessa applicabile dal 2 dicembre 2024.

  • Decadenza dei Marchi inutilizzati

La seconda possibilità concerne invece i Marchi che si sospettano inutilizzati da almeno 5 anni. In tal caso il Ministero può depositare all’UIBM una domanda di decadenza e quindi procedere, in caso di attestazione della stessa, alla registrazione del Marchio a proprio nome.

Dei marchi di interesse nazionale di proprietà del Ministero verrà data  evidenza sul sito web dello stesso https://www.mimit.gov.it/it/impresa/competitivita-e-nuove-imprese/proprieta-industriale/marchi-di-interesse-storico/elenco-marchi.

Alla data del 27 gennaio 2025, ad un mese dalla applicabilità delle procedure in esame  nell’elenco risultano:

  • INNOCENTI – Domanda numero 302023000141171
  • AUTOBIANCHI – Domanda numero 302023000141189

Licenze gratuite per società italiane o estere che intendono investire in Italia

Il Ministero è autorizzato ad utilizzare i Marchi, concedendoli in licenza esclusivamente in favore di imprese, anche estere, che intendano investire in Italia o trasferire in Italia attività produttive ubicate all’estero.

In particolare le imprese italiane ed estere che hanno intenzione di produrre in Italia, potranno formulare una richiesta per ottenere una licenza d’uso dei Marchi.  Tale istanza dovrà contenere dettagli specifici riguardanti il progetto di investimento previsto, con particolare attenzione agli impatti occupazionali dello stesso.

Nel caso in cui il Ministero dovesse accogliere la richiesta, alla società richiedente verrà concessa una licenza a titolo gratuito della durata di 10 anni, rinnovabile a condizione che l’impresa mantenga le attività produttive entro i confini nazionali.

È importante sottolineare che, nel caso in cui l’azienda interrompa l’attività o delocalizzi gli stabilimenti fuori dal territorio italiano, il contratto di licenza potrà essere immediatamente risolto.

“What’s next?”

Le recenti misure normative sono volte da un lato, a mantenere in vita marchi della tradizione, utilizzati in Italia da molti anni e dall’altro, a consentire ad imprese italiane e straniere di poter beneficiare dell’incentivo di licenze gratuite nel caso in cui decidano di produrre in Italia.

Sarà interessante verificare gli sviluppi imprenditoriali di questa opportunità nei prossimi mesi, nei quali cui l’elenco dei Marchi di proprietà del Ministero è destinato ad allungarsi.

“Questo accordo non è solo un’opportunità economica. È una necessità politica. Nell’attuale contesto geopolitico, caratterizzato da un crescente protezionismo e da importanti conflitti regionali, la dichiarazione di Ursula von der Leyen la dice lunga.

Anche se c’è ancora molta strada da fare prima che l’accordo venga approvato internamente a ciascun blocco ed entri in vigore, la pietra miliare è molto significativa. Ci sono voluti 25 anni dall’inizio dei negoziati tra il Mercosur e l’Unione Europea per raggiungere un testo di consenso. L’impatto sarà notevole. Insieme, i blocchi rappresentano un PIL di oltre 22 mila miliardi di dollari e ospitano oltre 700 milioni di persone.

Vediamo le informazioni più importanti sul contenuto dell’accordo e sul suo stato di avanzamento.

Che cos’è l’accordo EU-Mercosur?

L’accordo è stato firmato come trattato commerciale, con l’obiettivo principale di ridurre le tariffe di importazione e di esportazione, eliminare le barriere burocratiche e facilitare il commercio tra i Paesi del Mercosur e i membri dell’Unione Europea. Inoltre, il patto prevede impegni in aree quali la sostenibilità, i diritti del lavoro, la cooperazione tecnologica e la protezione dell’ambiente.

Il Mercosur (Mercato Comune del Sud) è un blocco economico creato nel 1991 da Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Attualmente, Bolivia e Cile partecipano come membri associati, accedendo ad alcuni accordi commerciali, ma non sono pienamente integrati nel mercato comune. D’altra parte, l’Unione Europea, con i suoi 27 membri (20 dei quali hanno adottato la moneta comune), è un’unione più ampia con una maggiore integrazione economica e sociale rispetto al Mercosur.

Cosa prevede l’accordo UE-Mercosur?

Scambio di beni:

  • Riduzione o eliminazione delle tariffe sui prodotti scambiati tra i blocchi, come carne, cereali, frutta, automobili, vini e prodotti lattiero-caseari (la riduzione prevista riguarderà oltre il 90% delle merci scambiate tra i blocchi).
  • Accesso facilitato ai prodotti europei ad alta tecnologia e industrializzati.

Commercio di servizi:

  • Espande l’accesso ai servizi finanziari, alle telecomunicazioni, ai trasporti e alla consulenza per le imprese di entrambi i blocchi.

Movimento di persone:

  • Fornisce agevolazioni per visti temporanei per lavoratori qualificati, come professionisti della tecnologia e ingegneri, promuovendo lo scambio di talenti.
  • Incoraggia i programmi di cooperazione educativa e culturale.

Sostenibilità e ambiente:

  • Include impegni per combattere la deforestazione e raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico.
  • Prevede sanzioni per le violazioni degli standard ambientali.

Proprietà intellettuale e normative:

  • Protegge le indicazioni geografiche dei formaggi e dei vini europei e del caffè e della cachaça sudamericani.
  • Armonizza gli standard normativi per ridurre la burocrazia ed evitare le barriere tecniche.

Diritti del lavoro:

  • Impegno per condizioni di lavoro dignitose e rispetto degli standard dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).

Quali benefici aspettarsi?

  • Accesso a nuovi mercati: Le aziende del Mercosur avranno un accesso più facile al mercato europeo, che conta più di 450 milioni di consumatori, mentre i prodotti europei diventeranno più competitivi in Sud America.
  • Riduzione dei costi: L’eliminazione o la riduzione delle tariffe doganali potrebbe abbassare i prezzi di prodotti come vini, formaggi e automobili e favorire le esportazioni sudamericane di carne, cereali e frutta.
  • Rafforzamento delle relazioni diplomatiche: L’accordo simboleggia un ponte di cooperazione tra due regioni storicamente legate da vincoli culturali ed economici.

Quali sono i prossimi passo?

La firma è solo il primo passo. Affinché l’accordo entri in vigore, deve essere ratificato da entrambi i blocchi e il processo di approvazione è ben distinto tra loro, poiché il Mercosur non ha un Consiglio o un Parlamento comuni.

Nell’Unione Europea, il processo di ratifica prevede molteplici passaggi istituzionali:

  • Consiglio dell’Unione Europea: I ministri degli Stati membri discuteranno e approveranno il testo dell’accordo. Questa fase è cruciale, poiché ogni Paese è rappresentato e può sollevare specifiche preoccupazioni nazionali.
  • Parlamento europeo: Dopo l’approvazione del Consiglio, il Parlamento europeo, composto da deputati eletti, vota per la ratifica dell’accordo. Il dibattito in questa fase può includere gli impatti ambientali, sociali ed economici.
  • Parlamenti nazionali: Nei casi in cui l’accordo riguardi competenze condivise tra il blocco e gli Stati membri (come le normative ambientali), deve essere approvato anche dai parlamenti di ciascun Paese membro. Questo può essere impegnativo, dato che Paesi come la Francia e l’Irlanda hanno già espresso preoccupazioni specifiche sulle questioni agricole e ambientali.

Nel Mercosur, lapprovazione dipende da ciascun Paese membro:

  • Congressi nazionali: Il testo dell’accordo viene sottoposto ai parlamenti di Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Ogni congresso valuta in modo indipendente e l’approvazione dipende dalla maggioranza politica di ciascun Paese.
  • Contesto politico: I Paesi del Mercosur hanno realtà politiche diverse. In Brasile, ad esempio, le questioni ambientali possono suscitare accesi dibattiti, mentre in Argentina l’impatto sulla competitività agricola può essere al centro della discussione.
  • Coordinamento regionale: Anche dopo l’approvazione nazionale, è necessario garantire che tutti i membri del Mercosur ratifichino l’accordo, poiché il blocco agisce come un’unica entità negoziale.

Seguite questo blog, vi terremo aggiornato sugli sviluppi.

Ignacio Alonso recently posted his interesting article “Spain – Can an influencer be considered a “commercial agent”” where he discussed the elements that – in some specific circumstances – could lead to considering an influencer as a commercial agent, with the consequent protections that Directive 86/653/CE and the individual legislation of the EU Member States offer, and the related costs to be borne by the companies that hire them.

Ignacio also mentioned a recent ruling issued by an Italian court (“Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, judgment of March 4th 2024 n.2615”) which caused a lot of interest here, precisely because it expressly recognized the qualification of commercial agents to some influencers.

Inspired by Ignacio’s interesting contribution, this article will explain this ruling in more detail and draw some indications that may be useful for companies that want to hire influencers in Italy.

The case arose from an inspection conducted by ENASARCO (social security institution for Italian commercial agents) at a company that markets food supplements online and which had hired some influencers to promote its products on social media.

The contracts provided for the influencers’ commitment to promote the company’s branded products on its behalf on social media networks and on the websites owned by the influencer.

In promoting the products, the influencers indicated their personalized discount code for the followers to use. With this discount code, the company could track the orders from the influencer’s followers and, therefore, originated from him, paying him commissions as a percentage of these sales once paid for. The influencer also received fixed compensation for the posts he published.

The compensation was invoiced monthly, and in fact, the influencers issued dozens of invoices over the years, accruing substantial compensation.

The contracts were stipulated for an indefinite period.

The inspector had considered that the relationships between the company and the influencers were to be classified as a commercial agency and had therefore imposed fines on the company for failure to register with ENASARCO and pay the contributions for social security and termination indemnity for rather high amounts.

The administrative appeal was rejected, therefore the company took legal action before the Court of Rome (Labour and Social Security section), competent for cases against ENASARCO, to obtain the annulment of the fines.

The company’s defense was based on the following circumstances, among others:

  • the online marketing activities were only ancillary for the influencers (in fact, they were mostly personal trainers or athletes)
  • they promoted the products only occasionally
  • they actually had no direct contact with customers, so they did not actually promote sales but only did some advertising
  • they did not have an assigned area or any obligations typical of the agent (e.g. exclusivity).

The Court of Rome rejected the company’s arguments, stating that the relationships between the company and the influencers were indeed to be considered as agency agreements, thus confirming ENASARCO’s claims.

These were the main points in the courts’ reasoning:

  • the purpose of the contracts stipulated between the parties was not mere advertising but the influencer’s promotion of sales of the company’s products to his followers, as confirmed by the discount code mechanism. Promotional activity can in fact, be performed in various ways, in this case, also considering the peculiarity of the web and social networks
  • there was an “assigned area”, which the Court identified precisely in the community of the influencer’s followers (the area is not necessarily geographical but can also be identified with a group or category of customers)
  • the relationship between the parties had proven to be stable and continuous, as evidenced by the quantity and regularity of the invoices for commissions issued by the influencers over the years for an indeterminate series of deals, documented with regular account statements
  • the contract had an indefinite duration, which highlighted the parties’ desire to establish a stable and long-lasting relationship.

What considerations can be drawn from this ruling?

First of all, the scope of the agency contract is becoming much broader than in the past.

Nowadays, the traditional activity of the agent who physically goes to customers to solicit sales, collect orders, and transmit them to the principal is no longer the only method to promote sales. The qualification as an agent can also be recognized by other figures who, in different ways – taking into account the specific industrial sector, the technology developments, etc.- still carry out activities to increase sales.

What matters is the agreed purpose of the collaboration, if it is aimed at sales, and whether the activity actually carried out by the collaborator is consistent with and aimed at this purpose.

These aspects need to be carefully considered when studying and drafting the contract.

Other key requirements for establishing an agency relationship are the “stability and continuity”, to be distinguished from occasional activity.

A relationship may begin as an occasional collaboration, but over time, it can evolve and become an ongoing relationship, generating significant turnover for both parties. This could be enough to qualify the relationship as an agency.

Therefore, it is necessary to monitor the progress of the relationship and sometimes evaluate the conversion of an occasional relationship into an agency if circumstances suggest so.

As can be seen from the judgment of the court of Rome, relationships with Italian agents operating in Italy (but in some cases also with Italian agents operating abroad) must be registered with ENASARCO (unlike occasional relationships), and the related contributions must be paid, otherwise the principal may be fined.

Naturally, qualifying a relationship with an influencer as an agency agreement also means that the influencer enjoys all the protections provided for by Directive 653/86 and the legislation implementing it (in Italy, articles 1742 and following of the Civil Code and the applicable collective bargaining agreement), including, for example, the right to termination notice and termination indemnity.

A company intending to appoint an independent person with commercial tasks in Italy, including now also influencers under certain conditions, will have to take all of this into account. Of course, the case may be different if the influencer does not carry out stable and continuous promotional activities and is not remunerated with commissions on the orders generated by this activity.

I am unaware whether the ruling analysed in this article has been or will be appealed. If appealed, staying updated on the developments will certainly be interesting.

Riassunto: Nell’era digitale, le frodi aziendali hanno assunto nuove e insidiose forme. Una di queste mette nel mirino i gruppi multinazionali: si tratta della c.d. “CEO Fraud”. Questo tipo di truffa si basa sull’uso fraudolento dell’identità di figure apicali aziendali, come CEO o Presidenti del consiglio di amministrazione. Il modus operandi è subdolo: i truffatori si spacciano per il CEO o un alto dirigente del Gruppo multinazionale e contattano direttamente i Chief Financial Officers (CFO) delle filiali o controllate, simulando un’inesistente operazione di investimento riservata per indurli a eseguire bonifici urgenti verso conti correnti esteri.

Contesto e Dinamiche della CEO Fraud

La CEO Fraud è una forma di truffa in cui i criminali impersonano figure dirigenziali di alto livello per ingannare i dipendenti, solitamente i CFO, inducendoli a trasferire fondi in conti bancari controllati dai truffatori. La scelta di utilizzare le identità di figure apicali come i CEO risiede nella loro autorità percepita e nella capacità di ordinare pagamenti anche ingenti, richiesti con urgenza e con l’indicazione della massima riservatezza, senza sollevare sospetti immediati.

I truffatori adottano vari strumenti di comunicazione per rendere credibili i loro tentativi di frode: in punto di partenza è solitamente un data breach, che consente ai criminali di accedere ai dati di contatto del CEO o del CFO (email, numero di telefono fisso, numero di cellulare, account whatsapp o social media) o di altre persone all’interno dell’ufficio amministrativo dotate di poteri dispositivi e operativi sui conti correnti bancari.

A volte per la conoscenza di queste informazioni non è neppure necessario un accesso illegittimo ai sistemi informatici aziendali, perché i soggetti destinatari della truffa rendono spontaneamente pubbliche queste informazioni, ad esempio indicandole sul proprio profilo sul sito web aziendale oppure mostrando pubblicamente i contatti sui profili nei social media (account linkedin, Facebook, etc.) o ancora su presentazioni, biglietti da visita e brochure aziendali nel contesto di incontri pubblici.

Altre volte ancora, non è nemmeno necessario per i truffatori appropriarsi di tutti i dati del CEO che vogliono impersonare, ma solo di quelli del destinatario, per poi dichiarare che si sta utilizzando un account personale con numero o indirizzo mail diversi da quelli abitualmente riconducibili al vero CEO.

I contatti vengono tipicamente presi come segue:

  • WhatsApp e SMS: L’uso di messaggi permette una comunicazione immediata e personale, spesso percepita come legittima dai destinatari. Il falso CEO invia un messaggio al CFO utilizzando un numero di cellulare del paese in cui ha sede la capogruppo (ad esempio +34 nel caso della Spagna), scrivendo che si tratta del suo numero di telefono personale e utilizzando nel profilo whatsapp una foto ritratto del vero CEO, il che rafforza la percezione che si tratti del suo numero personale.
  • Telefonate: dopo il primo contatto via messaggio, segue spesso una telefonata, che può essere direttamente quella del falso CEO oppure di un sedicente avvocato o consulente incaricato dal CEO di dare al CFO le informazioni necessarie sulla falsa operazione di investimento in corso e le istruzioni per procedere al pagamento urgente.
  • Email: in alternativa o in aggiunta a messaggi e telefonate le comunicazioni possono anche passare attraverso email, spesso indistinguibili da quelle autentiche, nelle quali vengono scrupolosamente replicati i formati di testo, i loghi aziendali, le firme, etc.

Ciò è possibile tramite diverse tecniche di email spoofing in cui l’indirizzo email del mittente viene modificato per apparire come se l’email fosse inviata dal legittimo titolare. In pratica, è come se qualcuno inviasse una lettera postale mettendo un indirizzo diverso sul retro della busta per mascherare la vera origine della missiva. Nel nostro caso, questo significa che il CFO riceve un’email che – a prima vista – sembra provenire dal CEO e non dal truffatore.

Non possiamo poi escludere che i truffatori approfittino di falle nella sicurezza dei sistemi aziendali, ad esempio accedendo direttamente alle chat interne all’organizzazione.

Inoltre, la sempre maggiore diffusione di strumenti per il morphing (ossia per la creazione di immagini con sembianze umane riconducibili a persone reali) potrà rendere ancora più difficile lo smascheramento del truffatore: ai messaggi e alle telefonate potremmo infatti aggiungere messaggi video o addirittura video conferenze apparentemente tenute dal vero CEO.

La (falsa) operazione di acquisizione di una società concorrente in Europa

Vediamo un esempio realmente accaduto di CEO Fraud, per illustrare le modalità pratiche con cui vengono organizzate queste frodi.

I truffatori creano un falso profilo whatsapp del sedicente CEO di un gruppo multinazionale con sede in Spagna, che utilizza un numero telefonico spagnolo e riproduce la foto profilo nell’autentico CEO.

Tramite il falso account viene mandato un messaggio al CFO di una controllata in Italia, nel quale si comunica che è in corso una operazione riservata di investimento per acquisire una società in Portogallo. A tal fine si renderà necessario procedere, il giorno seguente, ad un bonifico di un’importante somma a favore di una società portoghese, presso una banca locale.

Il messaggio sottolinea l’importanza che l’operazione venga mantenuta strettamente riservata, motivo per cui il CFO non può rivelare la richiesta di pagamento a nessuno: prima di procedere con il pagamento viene addirittura trasmesso via email un accordo di riservatezza da parte di un (finto) studio legale, che il CFO viene convinto a firmare e a restituire al fantomatico avvocato incaricato dell’operazione.

Di seguito vengono inviate via mail al CFO le istruzioni per procedere al bonifico, con cui si sottolinea ancora l’importanza che il pagamento venga fatto il giorno stesso, in via urgente.

Il giorno dopo aver disposto il bonifico, non ricevendo più notizie dal falso CEO, il CFO provvede a contattarlo presso il suo numero di telefono aziendale e scopre la truffa: a quel punto, però, è troppo tardi perché le somme sono state già trasferite dai criminali presso uno o più conti correnti su banche estere, rendendo molto difficile, se non impossibile, rintracciare i fondi.

Le principali caratteristiche della CEO fraud

  • Eccesso di fiducia: il CFO può essere facilmente indotto a credere nella veridicità dei numeri di telefono o degli indirizzi mail tramite tecniche informatiche; addirittura, talvolta i truffatori sono talmente abili da riuscire a convincere il CFO ad agire anche utilizzando numeri diversi o servendosi di fantomatici consulenti mai incontrati prima.
  • Persuasione: il fatto che i truffatori impersonino figure apicali e facciano sentire il CFO investito di incarichi importanti genera nella vittima il desiderio di compiacere i superiori e di abbassare la guardia.
  • Pressione: i truffatori instillano nel CFO un grande senso di urgenza, chiedendo pagamenti in tempi estremamente rapidi e intimando la segretezza sull’operazione; questo induce la vittima ad agire senza pensare, cercando di essere il più efficiente possibile.
  • Rapidità: è bene sapere che una richiesta di un bonifico urgente non può essere revocata, o può essere ritirata tramite recall solo in tempi estremamente stretti; i truffatori ne approfittano per intascare le somme presso banche non troppo scrupolose o per spostarle altrove, al massimo nel giro di qualche giorno.

Come prevenire queste truffe

Gli schemi di CEO Fraud possono essere molto sofisticati, ma presentano spesso segnali che, se riconosciuti, possono fermare una truffa prima che causi danni irreparabili.

Gli indizi principali sono le modalità atipiche di contatto (whatsapp, telefonate, email da account personali del falso CEO), la richiesta di massima riservatezza sull’operazione, l’urgenza con la quale si richiede il pagamento di grandi somme, il fatto che il bonifico debba essere fatto su banche all’estero, il coinvolgimento di società o soggetti mai menzionati in precedenza. Per prevenire truffe come quella della CEO Fraud, la formazione aziendale dei dipendenti su come riconoscere e rispondere alle truffe è cruciale; è poi fondamentale predisporre solide procedure di sicurezza interna.

  • In primo luogo, una precauzione importante e di base è quella di adottare sistemi di verifica che analizzano i messaggi di posta elettronica alla ricerca di eventuali virus e segnalano la provenienza dell’email da un account esterno all’organizzazione aziendale.
  • In secondo luogo, è fondamentale che le aziende implementino chiari processi per i pagamenti verso terzi, soprattutto se le modalità sono diverse dall’operatività standard della società, ad esempio prevedendo limiti di valore ai poteri di disposizione sull’operatività dei conti correnti, oltre i quali è necessaria la doppia firma con un altro amministratore.
  • In ultimo, e in generale, è bene adottare tutte le norme di buon senso e diligenza nell’analisi del caso. Meglio fare una verifica interna in più, piuttosto che una in meno; ad esempio, in caso di una richiesta particolarmente realistica ma comunque insolita, inoltrare lo scambio con il presunto truffatore all’indirizzo che riteniamo reale e chiedere ulteriori conferme nella mail di forward, anziché rispondendo direttamente nel loop via mail, consente di capire se il mittente è fasullo.

Le azioni legali per il recupero dei fondi

Dopo la scoperta di una CEO Fraud, è cruciale agire rapidamente per aumentare le possibilità di recuperare i fondi persi e perseguire legalmente i responsabili.

Azioni Legali Possibili

Una pronta comunicazione all’istituto bancario dell’ordinante per il congelamento dei fondi presso la banca beneficiaria, oltre ad una tempestiva denuncia-querela in Italia anche una denuncia nel paese in cui ha sede la banca destinataria del pagamento sono passi immediati che possono aiutare a contenere i danni e ad iniziare il processo di recupero.

In molti paesi, infatti, lo schema del CEO Fraud è ben noto ed esistono unità di polizia giudiziaria specializzate che hanno gli strumenti per muoversi in maniera tempestiva a seguito della segnalazione del reato.

Le indagini penali nel paese di destinazione del pagamento consentono anche di verificare che siano i titolari del conto corrente e le persone coinvolte nel tentativo di truffa, in alcuni casi giungendo all’arresto dei responsabili.

Dopo aver tentato di ottenere il blocco del bonifico o dei fondi, si potrà poi valutare quale sia stato il comportamento degli istituti bancari coinvolti nella vicenda, in particolare per verificare se la banca beneficiaria abbia adempiuto in maniera corretta agli obblighi imposti dalla normativa in materia di antiriciclaggio, che impongono precisi obblighi di verifica della clientela e dell’origine dei fondi.

Conclusioni

La CEO Fraud è una minaccia significativa per le aziende di ogni dimensione e settore, resa possibile e amplificata dalle tecnologie moderne e dalla globalizzazione dei mercati finanziari. Le aziende devono rimanere vigili e proattive, aggiornando continuamente le loro procedure di sicurezza per tenere il passo con le tecniche in evoluzione dei truffatori.

L’investimento in formazione, tecnologia e consulenza non è solo una misura di protezione, ma una necessità strategica per l’operatività dell’impresa.

Nel caso in cui la truffa colpisca l’azienda, in infine, è fondamentale attivarsi in maniera tempestiva per cercare di bloccare i fondi prima che siano spostati su conti correnti in altri paesi e quindi resi irrintracciabili.

“Può aiutami, avvocato”?

(Ovviamente è urgente).

“Mi mette in contatto con un legale in [Paese straniero]? Poi ci pensiamo noi.”

Lo faccio volentieri, ci mancherebbe.

Specie se posso mettere il cliente in contatto con un avvocato esperto di Legalmondo.

Lavorare direttamente con un legale all’estero, però, comporta una serie di complessità che vengono regolarmente sottovalutate dal cliente.

Le principali sono le seguenti

  • identificare il legale giusto, che sia specializzato e abbia una specifica esperienza nella materia di interesse dell’azienda
  • la difficoltà di dialogare in una lingua che solitamente è straniera sia per il cliente, sia per il legale all’estero
  • comprendere le tematiche giuridiche oggetto dell’incarico, molto spesso regolate da una legge diversa da quella italiana
  • concordare i termini dell’incarico professionale e monitorare l’andamento delle spese, specie se si tratta di attività lunghe e complesse, in paesi nei quali i costi legali sono molto alti

Nel caso di contenziosi

  • individuare i fatti importanti e i documenti necessari
  • definire la strategia di causa, valutare la possibilità di una definizione amichevole della vertenza e ragionare sulle possibili soluzioni alternative in base agli interessi delle parti
  • gestire istruzioni e comunicazioni al legale in tempi molto stretti e lavorando in fusi orari diversi

Nel caso di negoziati commerciali

  • condividere interessi e obiettivi della trattativa
  • preparare e partecipare a call conference frequenti ed impegnative
  • seguire le varie fasi delle revisioni dei testi contrattuali

Se si tratta di operazioni straordinarie

  • impostare l’attività e condividerla con i legali delle controparti
  • allineare le risorse aziendali e i vari professionisti coinvolti per assistere il cliente
  • coordinare le diverse fasi dell’attività

Tutti passaggi nei quali il legale italiano, se è specializzato nella materia ed ha esperienza nell’assistere la clientela all’estero, può essere di grande aiuto, diventando l’interfaccia tra il cliente e i vari professionisti coinvolti nell’attività, su entrambi i lati.

È una risorsa preziosa, che consente di impostare il lavoro in modo chiaro, dialogare e ottenere risposte in tempi rapidi, assicurarsi che le informazioni, anche complesse, vengano riportate e comprese in modo corretto.

Esperienza, facilità di dialogo e rapporto di fiducia

Infine, è importante valorizzare la possibilità di confronto diretto con una persona di fiducia, esperta e che conosce l’imprenditore e l’azienda, cosa che generalmente non è possibile lavorando direttamente con uno studio all’estero, specie se di grandi dimensioni.

Il risultato è generalmente quello di lavorare in modo più consapevole, rapido, ordinato ed efficace, il che si traduce generalmente in un risparmio di tempo e denaro.

Prima di lavorare direttamente con un legale in Costa Rica, Macedonia o USA, è bene considerare l’importanza e il valore dell’incarico e pensare al legale italiano come una risorsa, non come un costo aggiuntivo.

The limited liability company – in Italian: «Società a Responsabilità Limitata» or «S.r.l.» only – is the most popular Italian company type, mainly for the following reasons:

  • a little registered capital is enough;
  • the quota holders’ liability is limited to the pro-quota subscribed capital;
  • it is a «low-cost» company, also easy to be managed.

In Italy, the S.r.l. differs from joint-stock companies as the participation in the capital is represented by «intangible» quota(s), which cannot circulate as stocks. This is why the members of an S.R.L. are called «quota holders» and not «shareholders».

Similar companies in other countries are L.L.C. in the U.S., L.T.C. in the U.K., G.m.b.H. in Germany; S.a.r.l. in France; S.L. in Spain. 

S.r.l. in a nutshell

  • Company name: Società a responsabilità limitata – S.r.l.
  • Minimum registered capital: EUR 10.000,00 (of which only EUR 2.500,00 must be paid at incorporation). The minimum corporate capital can be as low as EUR 1,00, but when the capital is lower than EUR 10.000,00 the company will be a “simplified S.R.L.”, subject to certain special rules and limitations (see below)
  • Minimum number of quota holders: One
  • Maximum number of quota holders: None
  • Nationality of the quota holders: No limits (with some rare exceptions that must be verified on a case-by-case basis)
  • Nationality of the directors: No limits (with some rare exceptions that must be verified on a case-by-case basis)
  • Limited liability: Yes
  • Auditing: Required only if (i) the company has more than 50 employees or exceeds € 4,400,000 in assets or € 8,800,000 in turnover for two consecutive years; (ii) is obliged to prepare consolidated financial statements; or (iii) controls other companies that are required to have statutory audits.

The list of info and documents needed

To incorporate an S.r.l., the information needed is as follows:

  • the name of the new company

In Italy, there are no special limitations in identifying the company name.

  • the personal data of the quota holders and the registered capital subscribed.

In the case of a sole quota holder, special rules and restrictions apply. For example, the corporate capital shall be fully paid, and all the company documents and correspondence shall point out that the corporate capital belongs to a sole quota holder; otherwise, the sole quota holder shall be jointly liable with the company for its debts.

Please note that on the day of the incorporation of the S.r.l., each quota holder must deposit in a bank account an amount equal to at least 25% of his/her/its quota of corporate capital. The unpaid capital shall be paid within 30 days if requested by the director(s). The bank deposit can be replaced by an insurance policy or a bank guarantee (under certain requirements); or by a contribution in kind. However, in this case, the law requires an independent expert valuation and some other formalities.

In case the quota holder is a company, some additional documents may be required (e.g., the resolution adopted by the shareholders’ meeting) which shall be translated into Italian (certified translation), notarized, and apostilled or legalized, depending on the case.

  • the personal data of the director(s)

The director(s) can also be foreign nationals, but they shall hold an Italian fiscal identification number («codice fiscale»), which can be obtained from any local tax office («Agenzia delle Entrate»).

The first director(s) are appointed in the deed of incorporation.

  • the address of the registered office

The office may be also a «virtual» one, for instance, located at the office of a law or accounting firm;

  • the name and personal details of the first statutory auditors, if necessary

The “Simplified” S.r.l.

As mentioned above, when the partners set up an S.r.l. with a share capital of less than € 10,000, it will be an “S.r.l. Semplificata” (simplified S.r.l.).

Compared to the ordinary S.r.l., it enjoys some economic benefits during the incorporation phase (i.e.: exemption from paying stamp duty and secretarial fees, exemption from paying notary’s fees), but also some rather significant limitations, because the bylaws must be drafted by a standard model, and registered capital may be paid only in cash.

Should the shareholders decide to increase the registered capital to a value equal to or greater than € 10,000, they will be required to transform the company into an ‘ordinary’ S.r.l. (through a notarised public deed), thus losing the limitations seen above and thus, for example, being able to amend the bylaws.

The management of a simplified S.r.l., on the other hand, does not enjoy any benefits compared to the ordinary S.r.l., and this is the main reason why it has not been very successful in Italy. Indeed, the small registered capital may constitute a limitation to obtaining bank financing or requesting credit from suppliers.

Since these disadvantages are not balanced by any advantages or tax benefit in the management of a simplified S.r.l., the ordinary S.r.l. seems preferable, unless the founders have limited resources at the incorporation stage and can exclude from the outset that the new company will need access to bank financing or enter into particular corporate operations.

How to incorporate an S.r.l.

The deed of incorporation and the by-laws shall be executed before a Public Notary.

The deed of incorporation is a quite standard document that contains all the information provided by the law to set up an S.r.l.

The by-laws contain the company governance rules and can always be amended through a resolution of the quota holders’ meeting. The founding quota holders are free – except in the case of a simplified S.r.l. – to adapt the bylaws to their needs, establishing, for example, the manner and timing of the payment of share capital, the type of governance (sole director or board of directors), the powers and duration of the company’s administrative body, the procedures for the transfer of company shares, the majorities required for decisions by the quota holders’ meeting, the procedures and conditions for the withdrawal of quota holders, the conditions for the withdrawal, etc.

After the incorporation, a copy of the deed of incorporation and the by-laws shall be filed at the Italian Companies’ Register within 20 days. Until then, any person acting on behalf of the company will be personally liable.

Riassunto

Per evitare dispute con i fornitori importanti, è consigliabile pianificare gli acquisti a medio e lungo termine e non operare solo sulla base si ordini e conferme d’ordine. La pianificazione consente di concordare la durata dell’ accordo di fornitura, i volumi minimi dei prodotti da consegnare e le tempistiche di consegna, i prezzi e le condizioni alle quali i prezzi possono essere variati nel tempo.
L’utilizzo di un contratto quadro di acquisto può aiutare a evitare incertezze future e consente di utilizzare varie opzioni per gestire le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime a seconda della tipologia di prodotti , come l’indicizzazione automatica del prezzo o l’accordo di rinegoziazione in caso di oscillazioni della materia prima oltre un certo termine di tolleranza stabilito.

Leggo in un comunicato stampa: “In questi giorni l’industria del vetro sta inviando alle imprese vitivinicole nuove modifiche unilaterali dei contratti con variazioni dei prezzi del 20%...”

Cosa si può fare per evitare l’imposizione di aumenti da parte dei fornitori?

  • Conoscere i propri diritti e agire in modo informato
  • Pianificare e organizzare la supply chain 

Il mio fornitore ha diritto ad aumentare i prezzi?

Se i contratti sono già stati conclusi, ad esempio gli ordini sono già stati confermati dal fornitore, la risposta è spesso no.

Non è legittimo richiedere la variazione del prezzo, e meno ancora comunicarla in via unilaterale, con la minaccia di annullare l’ordine o non consegnare la merce se non venisse accolta la richiesta.

Se mi dice che si tratta di forza maggiore?

È sbagliato: l’aumento dei costi non rappresenta una causa di forza maggiore, ma semmai di eccessiva onerosità sopravvenuta, che è molto difficile ricorra.

Per approfondire questo punto puoi vedere questo video.

E se il fornitore annullasse l’ordine, aumentasse unilateralmente il prezzo, o non consegnasse la merce?

Sarebbe inadempiente e sarebbe tenuto a risarcire i danni causati dal mancato rispetto dei suoi obblighi contrattuali.

Come si può evitare il braccio di ferro con i fornitori?

Gli strumenti ci sono, basta conoscerli e usarli.

Occorre pianificare gli acquisti a medio termine, concordando con i fornitori un programma nel quale si stabiliscano:

  • le quantità di prodotti che verranno ordinate
  • i termini di consegna
  • la durata dell’accordo
  • i prezzi dei prodotti o delle materie prime
  • le condizioni alle quali i prezzi possono essere variati

Esiste uno strumento molto efficace

L’accordo che si può utilizzare è il contratto quadro di acquisto, con il quale le parti negoziano gli elementi sopra indicati, che saranno validi per il periodo di tempo stabilito.

Una volta concluso l’accordo, seguiranno gli ordini dei prodotti, che saranno regolati dal contratto quadro, senza bisogno di rinegoziare ogni volta il contenuto delle singole forniture.

Per un approfondimento su questo contratto, vedi questo articolo.

  • Sì ma: i miei fornitori non me lo firmeranno mai!

Perché? Fatevelo spiegare.

Questo tipo di accordo è nell’interesse di entrambe le parti, perché consente di pianificare i futuri ordinativi e di avere certezza sul se, quando e quanto possa essere cambiato il prezzo.

Al contrario, agire senza accordi scritti obbliga le parti ad operare in un contesto di incertezza, nel quale da un giorno all’altro si possono chiedere aumenti di prezzi e rifiutare le forniture se le richieste non vengono accettate.

Come si disciplinano i cambiamenti del prezzo per le forniture future?

Esistono diverse possibilità, a seconda della tipologia di prodotti o servizi e delle materie prime o dell’energia rilevanti nella determinazione del prezzo finale.

  • Una prima opzione è quella di indicizzare automaticamente il prezzo: ad esempio se il costo del barile del petrolio Brent aumenta / diminuisce del 10%, la parte interessata ha diritto a richiedere un corrispettivo adeguamento del prezzo del prodotto in tutti gli ordinativi trasmessi a partire dalla settimana successiva.
  • Un’alternativa è prevedere che in caso di oscillazione della materia prima di riferimento (ad esempio l’indice LME Aluminium del London Stock Exchange) oltre una certa soglia, la parte interessata possa chiedere di rinegoziare il prezzo per gli ordinativi del periodo successivo all’aumento.

E se le parti non si mettessero d’accordo sui nuovi prezzi?

  • È possibile prevedere che il contratto si sciolga, o che la determinazione sia rimessa ad un terzo soggetto, che agisca come arbitratore e indichi i nuovi prezzi per i futuri ordini.

Roberto Luzi Crivellini

Aree di attività

  • Arbitrato
  • Distribuzione
  • Commercio internazionale
  • Contenzioso
  • Real estate

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    Made in Italy: tutela dei marchi di particolare interesse e valenza nazionale

    29 Gennaio 2025

    • Italia
    • Marchi e brevetti
    • Proprietà industriale e intellettuale

    I dazi non li pagano i governi stranieri (come ripetuto più volte da Donald Trump in campagna elettorale) ma le imprese importatrici del paese che emette la tassa sul valore del prodotto importato, ossia, nel caso del recente round di dazi dell’amministrazione Trump, le imprese statunitensi.  Allo stesso modo, saranno le imprese canadesi, messicane, cinesi e – probabilmente – europee, che pagheranno i dazi per l’import dei prodotti di provenienza USA, applicati dai rispettivi paesi come misura di ritorsione commerciale nei confronti dei dazi statunitensi.

    In questo contesto, si aprono diversi scenari, tutti problematici:

    • Per le imprese USA, che versano la tassa di importazione
    • Per le imprese straniere che esportano verso gli USA i prodotti tassati, che per effetto dell’aumento dei prezzi vedranno calare i volumi di export
    • Per le imprese straniere che importano prodotti dagli USA, perché a loro volta pagheranno i dazi imposti dai loro paesi come ritorsione a quelli americani
    • Per i clienti intermedi o finali nei mercati interessati dai dazi, che pagheranno un prezzo più alto sui prodotti importati

    L’imposizione del dazio costituisce causa di forza maggiore?

    Una prima obiezione frequente della parte colpita dal dazio (può essere il compratore-importatore, oppure chi rivende il prodotto dopo avere pagato il dazio), in questi casi, è quella di invocare la forza maggiore per sottrarsi all’adempimento del contratto, che per effetto del dazio è divenuto troppo oneroso.

    L’applicazione del dazio, però, non rientra tra le cause di forza maggiore, poiché non siamo di fronte ad un evento imprevedibile, che comporti l’impossibilità oggettiva di adempiere al contratto. Il compratore / importatore, infatti, può sempre dare adempimento al contratto, con la sola problematica dell’aumento del prezzo.

    L’imposizione del dazio costituisce causa di eccessiva onerosità sopravvenuta (hardship)?

    Se ricorre una situazione di eccessiva onerosità sopravvenuta dopo la conclusione del contratto (in inglese, harship) la parte colpita ha diritto di chiedere una revisione del prezzo, oppure di terminare il contratto.

    Occorre una valutazione caso per caso, che porta a ritenere ricorrente una situazione di hardship se ricorra una situazione straordinaria ed imprevedibile (nel caso dei dazi USA, annunciati da mesi, difficile sostenerlo) e il prezzo, per effetto dell’applicazione del dazio, sia manifestamente eccessivo.

    Si tratta di situazioni eccezionali, di rara applicazione, che vanno approfondite sulla base della legge applicabile al contratto.  In linea generale le fluttuazioni di prezzo sui mercati internazionali rientrano nel rischio d’impresa e non costituiscono motivo sufficiente per rinegoziare gli accordi conclusi, che restano vincolanti, salvo che le parti non abbiano previsto una clausola di hardship nell’accordo (ne parliamo in seguito).

    L’applicazione del dazio comporta un diritto a rinegoziare i prezzi?

    I contratti già conclusi, ad esempio gli ordini già accettati e i programmi di fornitura con prezzi concordati per un certo periodo, restando vincolanti e devono essere eseguiti secondo gli accordi originari.

    In assenza di clausole specifiche nel contratto, la parte colpita dal dazio è dunque obbligata a rispettare il prezzo precedentemente pattuito e dare adempimento all’accordo.

    Le parti sono libere di rinegoziare i futuri contratti, ad esempio

    • il venditore può concedere uno sconto per diminuire l’impatto del dazio che colpisce il compratore-importatore, oppure
    • il compratore può acconsentire ad un aumento del prezzo per compensare un dazio che il venditore abbia pagato per importare un componente o una semilavorato nel suo paese, per poi esportare il prodotto finito

    ma ciò non riguarda la validità degli impegni già contrattualizzati, che restano vincolanti.

    La situazione è particolarmente delicata per le imprese che si trovano nel mezzo della catena di fornitura, ad esempio chi importa materie prime o componenti dall’estero (potenzialmente oggetto di dazi, o di doppi dazi in caso di ripetuta importazione ed esportazione) e rivende i prodotti semilavorati o finiti, con ordinativi confermati a lungo termine, o accordi di fornitura a prezzo fisso per un certo periodo. In caso di contratti già conclusi, chi ha importato un prodotto accollandosi il dazio non ha diritto di trasferire il costo sul successivo anello della supply chain, a meno che ciò non fosse espressamente previsto nel contratto con il cliente.

    2025_02_09 - chain

    Come tutelarsi nel caso di imposizione di futuri dazi che colpiscano fornitori o clienti stranieri?

    E’ consigliabile prevedere espressamente il diritto di rinegoziare i prezzi, se necessario aggiungendo con un addendum all’accordo originario. Il risultato si ottiene, ad esempio, con una clausola che preveda che nel caso di eventi futuri, compresi eventuali dazi, che comportino un aumento del costo complessivo del prodotto sopra una certa soglia (ad esempio il 10%), la parte colpita dal dazio abbia il diritto di avviare una rinegoziazione del prezzo e, in caso di manco accordo, possa recedere dal contratto.

    Un esempio di clausola può essere il seguente:

    Import Duties Adjustment

    “If any new import duties, tariffs, or similar governmental charges are imposed after the conclusion of this Contract, and such measures increase a Party’s costs exceeding X% of the agreed price of the Products, the affected Party shall have the right to request an immediate renegotiation of the price. The Parties shall engage in good faith negotiations to reach a fair adjustment of the contractual price to reflect the increased costs.

    If the Parties fail to reach an agreement within [X] days from the affected Party’s request for renegotiation, the latter shall have the right to terminate this Contract with [Y] days’ written notice to other Party, without liability for damages, except for the fulfillment of obligations already accrued.”

    Il “Made in Italy”, sintomo di alta qualità produttiva ed estetica, riveste un valore aggiunto, in ambito internazionale, per prodotti di diversa natura, dall’alimentare all’abbigliamento, dall’automotive all’arredamento. Negli ultimi anni, in Italia, sono state adottate diverse iniziative a livello normativo al fine di garantire la promozione, valorizzazione e tutela dello stesso.

    Nel 2024 è entrata in vigore la legge n. 206/2023, definita Nuova legge sul Made in Italy seguita il 3 luglio 2024 dal relativo Decreto attuativo, con cui il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (di seguito “Ministero”) ha introdotto numerose disposizioni di rilievo concernenti, tra le altre, l’istituzione di un contrassegno ufficiale dell’origine italiana delle merci, la lotta alla contraffazione – in particolare in sede penale – nonché l’incentivazione al ricorso alla tecnologia blockchain a tutela delle filiere produttive.

    Tra le novità introdotte, vi sono specifiche disposizioni a tutela dei marchi con almeno 50 anni di registrazione o utilizzo di particolare interesse e valenza nazionale (di seguito “Marchi/o”). L’obiettivo di queste misure è quello di salvaguardare il patrimonio rappresentato dai marchi italiani con una presenza risalente sul mercato, prevenendone l’estinzione e garantendone l’utilizzo da parte di imprese legate al territorio.

    Misure per garantire la continuità

    Al fine di tutelare i marchi di particolare interesse e valenza nazionale sono state introdotte due distinte possibilità.

    • Notifica da parte delle imprese

    La prima consiste nell’acquisizione della titolarità, da parte del Ministero, di Marchi di aziende che intendono cessare la loro attività. Al riguardo il Decreto prevede che l’impresa titolare o licenziataria di un marchio registrato da almeno 50 anni o per il quale sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno 50 anni, che intenda cessare definitivamente l’attività svolta, notifichi preventivamente al Ministero le informazioni relative al progetto di cessazione dell’attività indicando, in particolare, i motivi economici, finanziari o tecnici che impongono la cessazione medesima. Il Ministero, ricevuta questa notifica, può subentrare gratuitamente nella titolarità del marchio, qualora lo stesso non sia stato oggetto di cessione a titolo oneroso da parte dell’impresa   titolare   o licenziataria.

    Questa procedura, in particolare, è di recentissima attuazione, essendo la stessa applicabile dal 2 dicembre 2024.

    • Decadenza dei Marchi inutilizzati

    La seconda possibilità concerne invece i Marchi che si sospettano inutilizzati da almeno 5 anni. In tal caso il Ministero può depositare all’UIBM una domanda di decadenza e quindi procedere, in caso di attestazione della stessa, alla registrazione del Marchio a proprio nome.

    Dei marchi di interesse nazionale di proprietà del Ministero verrà data  evidenza sul sito web dello stesso https://www.mimit.gov.it/it/impresa/competitivita-e-nuove-imprese/proprieta-industriale/marchi-di-interesse-storico/elenco-marchi.

    Alla data del 27 gennaio 2025, ad un mese dalla applicabilità delle procedure in esame  nell’elenco risultano:

    • INNOCENTI – Domanda numero 302023000141171
    • AUTOBIANCHI – Domanda numero 302023000141189

    Licenze gratuite per società italiane o estere che intendono investire in Italia

    Il Ministero è autorizzato ad utilizzare i Marchi, concedendoli in licenza esclusivamente in favore di imprese, anche estere, che intendano investire in Italia o trasferire in Italia attività produttive ubicate all’estero.

    In particolare le imprese italiane ed estere che hanno intenzione di produrre in Italia, potranno formulare una richiesta per ottenere una licenza d’uso dei Marchi.  Tale istanza dovrà contenere dettagli specifici riguardanti il progetto di investimento previsto, con particolare attenzione agli impatti occupazionali dello stesso.

    Nel caso in cui il Ministero dovesse accogliere la richiesta, alla società richiedente verrà concessa una licenza a titolo gratuito della durata di 10 anni, rinnovabile a condizione che l’impresa mantenga le attività produttive entro i confini nazionali.

    È importante sottolineare che, nel caso in cui l’azienda interrompa l’attività o delocalizzi gli stabilimenti fuori dal territorio italiano, il contratto di licenza potrà essere immediatamente risolto.

    “What’s next?”

    Le recenti misure normative sono volte da un lato, a mantenere in vita marchi della tradizione, utilizzati in Italia da molti anni e dall’altro, a consentire ad imprese italiane e straniere di poter beneficiare dell’incentivo di licenze gratuite nel caso in cui decidano di produrre in Italia.

    Sarà interessante verificare gli sviluppi imprenditoriali di questa opportunità nei prossimi mesi, nei quali cui l’elenco dei Marchi di proprietà del Ministero è destinato ad allungarsi.

    “Questo accordo non è solo un’opportunità economica. È una necessità politica. Nell’attuale contesto geopolitico, caratterizzato da un crescente protezionismo e da importanti conflitti regionali, la dichiarazione di Ursula von der Leyen la dice lunga.

    Anche se c’è ancora molta strada da fare prima che l’accordo venga approvato internamente a ciascun blocco ed entri in vigore, la pietra miliare è molto significativa. Ci sono voluti 25 anni dall’inizio dei negoziati tra il Mercosur e l’Unione Europea per raggiungere un testo di consenso. L’impatto sarà notevole. Insieme, i blocchi rappresentano un PIL di oltre 22 mila miliardi di dollari e ospitano oltre 700 milioni di persone.

    Vediamo le informazioni più importanti sul contenuto dell’accordo e sul suo stato di avanzamento.

    Che cos’è l’accordo EU-Mercosur?

    L’accordo è stato firmato come trattato commerciale, con l’obiettivo principale di ridurre le tariffe di importazione e di esportazione, eliminare le barriere burocratiche e facilitare il commercio tra i Paesi del Mercosur e i membri dell’Unione Europea. Inoltre, il patto prevede impegni in aree quali la sostenibilità, i diritti del lavoro, la cooperazione tecnologica e la protezione dell’ambiente.

    Il Mercosur (Mercato Comune del Sud) è un blocco economico creato nel 1991 da Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Attualmente, Bolivia e Cile partecipano come membri associati, accedendo ad alcuni accordi commerciali, ma non sono pienamente integrati nel mercato comune. D’altra parte, l’Unione Europea, con i suoi 27 membri (20 dei quali hanno adottato la moneta comune), è un’unione più ampia con una maggiore integrazione economica e sociale rispetto al Mercosur.

    Cosa prevede l’accordo UE-Mercosur?

    Scambio di beni:

    • Riduzione o eliminazione delle tariffe sui prodotti scambiati tra i blocchi, come carne, cereali, frutta, automobili, vini e prodotti lattiero-caseari (la riduzione prevista riguarderà oltre il 90% delle merci scambiate tra i blocchi).
    • Accesso facilitato ai prodotti europei ad alta tecnologia e industrializzati.

    Commercio di servizi:

    • Espande l’accesso ai servizi finanziari, alle telecomunicazioni, ai trasporti e alla consulenza per le imprese di entrambi i blocchi.

    Movimento di persone:

    • Fornisce agevolazioni per visti temporanei per lavoratori qualificati, come professionisti della tecnologia e ingegneri, promuovendo lo scambio di talenti.
    • Incoraggia i programmi di cooperazione educativa e culturale.

    Sostenibilità e ambiente:

    • Include impegni per combattere la deforestazione e raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico.
    • Prevede sanzioni per le violazioni degli standard ambientali.

    Proprietà intellettuale e normative:

    • Protegge le indicazioni geografiche dei formaggi e dei vini europei e del caffè e della cachaça sudamericani.
    • Armonizza gli standard normativi per ridurre la burocrazia ed evitare le barriere tecniche.

    Diritti del lavoro:

    • Impegno per condizioni di lavoro dignitose e rispetto degli standard dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).

    Quali benefici aspettarsi?

    • Accesso a nuovi mercati: Le aziende del Mercosur avranno un accesso più facile al mercato europeo, che conta più di 450 milioni di consumatori, mentre i prodotti europei diventeranno più competitivi in Sud America.
    • Riduzione dei costi: L’eliminazione o la riduzione delle tariffe doganali potrebbe abbassare i prezzi di prodotti come vini, formaggi e automobili e favorire le esportazioni sudamericane di carne, cereali e frutta.
    • Rafforzamento delle relazioni diplomatiche: L’accordo simboleggia un ponte di cooperazione tra due regioni storicamente legate da vincoli culturali ed economici.

    Quali sono i prossimi passo?

    La firma è solo il primo passo. Affinché l’accordo entri in vigore, deve essere ratificato da entrambi i blocchi e il processo di approvazione è ben distinto tra loro, poiché il Mercosur non ha un Consiglio o un Parlamento comuni.

    Nell’Unione Europea, il processo di ratifica prevede molteplici passaggi istituzionali:

    • Consiglio dell’Unione Europea: I ministri degli Stati membri discuteranno e approveranno il testo dell’accordo. Questa fase è cruciale, poiché ogni Paese è rappresentato e può sollevare specifiche preoccupazioni nazionali.
    • Parlamento europeo: Dopo l’approvazione del Consiglio, il Parlamento europeo, composto da deputati eletti, vota per la ratifica dell’accordo. Il dibattito in questa fase può includere gli impatti ambientali, sociali ed economici.
    • Parlamenti nazionali: Nei casi in cui l’accordo riguardi competenze condivise tra il blocco e gli Stati membri (come le normative ambientali), deve essere approvato anche dai parlamenti di ciascun Paese membro. Questo può essere impegnativo, dato che Paesi come la Francia e l’Irlanda hanno già espresso preoccupazioni specifiche sulle questioni agricole e ambientali.

    Nel Mercosur, lapprovazione dipende da ciascun Paese membro:

    • Congressi nazionali: Il testo dell’accordo viene sottoposto ai parlamenti di Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Ogni congresso valuta in modo indipendente e l’approvazione dipende dalla maggioranza politica di ciascun Paese.
    • Contesto politico: I Paesi del Mercosur hanno realtà politiche diverse. In Brasile, ad esempio, le questioni ambientali possono suscitare accesi dibattiti, mentre in Argentina l’impatto sulla competitività agricola può essere al centro della discussione.
    • Coordinamento regionale: Anche dopo l’approvazione nazionale, è necessario garantire che tutti i membri del Mercosur ratifichino l’accordo, poiché il blocco agisce come un’unica entità negoziale.

    Seguite questo blog, vi terremo aggiornato sugli sviluppi.

    Ignacio Alonso recently posted his interesting article “Spain – Can an influencer be considered a “commercial agent”” where he discussed the elements that – in some specific circumstances – could lead to considering an influencer as a commercial agent, with the consequent protections that Directive 86/653/CE and the individual legislation of the EU Member States offer, and the related costs to be borne by the companies that hire them.

    Ignacio also mentioned a recent ruling issued by an Italian court (“Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, judgment of March 4th 2024 n.2615”) which caused a lot of interest here, precisely because it expressly recognized the qualification of commercial agents to some influencers.

    Inspired by Ignacio’s interesting contribution, this article will explain this ruling in more detail and draw some indications that may be useful for companies that want to hire influencers in Italy.

    The case arose from an inspection conducted by ENASARCO (social security institution for Italian commercial agents) at a company that markets food supplements online and which had hired some influencers to promote its products on social media.

    The contracts provided for the influencers’ commitment to promote the company’s branded products on its behalf on social media networks and on the websites owned by the influencer.

    In promoting the products, the influencers indicated their personalized discount code for the followers to use. With this discount code, the company could track the orders from the influencer’s followers and, therefore, originated from him, paying him commissions as a percentage of these sales once paid for. The influencer also received fixed compensation for the posts he published.

    The compensation was invoiced monthly, and in fact, the influencers issued dozens of invoices over the years, accruing substantial compensation.

    The contracts were stipulated for an indefinite period.

    The inspector had considered that the relationships between the company and the influencers were to be classified as a commercial agency and had therefore imposed fines on the company for failure to register with ENASARCO and pay the contributions for social security and termination indemnity for rather high amounts.

    The administrative appeal was rejected, therefore the company took legal action before the Court of Rome (Labour and Social Security section), competent for cases against ENASARCO, to obtain the annulment of the fines.

    The company’s defense was based on the following circumstances, among others:

    • the online marketing activities were only ancillary for the influencers (in fact, they were mostly personal trainers or athletes)
    • they promoted the products only occasionally
    • they actually had no direct contact with customers, so they did not actually promote sales but only did some advertising
    • they did not have an assigned area or any obligations typical of the agent (e.g. exclusivity).

    The Court of Rome rejected the company’s arguments, stating that the relationships between the company and the influencers were indeed to be considered as agency agreements, thus confirming ENASARCO’s claims.

    These were the main points in the courts’ reasoning:

    • the purpose of the contracts stipulated between the parties was not mere advertising but the influencer’s promotion of sales of the company’s products to his followers, as confirmed by the discount code mechanism. Promotional activity can in fact, be performed in various ways, in this case, also considering the peculiarity of the web and social networks
    • there was an “assigned area”, which the Court identified precisely in the community of the influencer’s followers (the area is not necessarily geographical but can also be identified with a group or category of customers)
    • the relationship between the parties had proven to be stable and continuous, as evidenced by the quantity and regularity of the invoices for commissions issued by the influencers over the years for an indeterminate series of deals, documented with regular account statements
    • the contract had an indefinite duration, which highlighted the parties’ desire to establish a stable and long-lasting relationship.

    What considerations can be drawn from this ruling?

    First of all, the scope of the agency contract is becoming much broader than in the past.

    Nowadays, the traditional activity of the agent who physically goes to customers to solicit sales, collect orders, and transmit them to the principal is no longer the only method to promote sales. The qualification as an agent can also be recognized by other figures who, in different ways – taking into account the specific industrial sector, the technology developments, etc.- still carry out activities to increase sales.

    What matters is the agreed purpose of the collaboration, if it is aimed at sales, and whether the activity actually carried out by the collaborator is consistent with and aimed at this purpose.

    These aspects need to be carefully considered when studying and drafting the contract.

    Other key requirements for establishing an agency relationship are the “stability and continuity”, to be distinguished from occasional activity.

    A relationship may begin as an occasional collaboration, but over time, it can evolve and become an ongoing relationship, generating significant turnover for both parties. This could be enough to qualify the relationship as an agency.

    Therefore, it is necessary to monitor the progress of the relationship and sometimes evaluate the conversion of an occasional relationship into an agency if circumstances suggest so.

    As can be seen from the judgment of the court of Rome, relationships with Italian agents operating in Italy (but in some cases also with Italian agents operating abroad) must be registered with ENASARCO (unlike occasional relationships), and the related contributions must be paid, otherwise the principal may be fined.

    Naturally, qualifying a relationship with an influencer as an agency agreement also means that the influencer enjoys all the protections provided for by Directive 653/86 and the legislation implementing it (in Italy, articles 1742 and following of the Civil Code and the applicable collective bargaining agreement), including, for example, the right to termination notice and termination indemnity.

    A company intending to appoint an independent person with commercial tasks in Italy, including now also influencers under certain conditions, will have to take all of this into account. Of course, the case may be different if the influencer does not carry out stable and continuous promotional activities and is not remunerated with commissions on the orders generated by this activity.

    I am unaware whether the ruling analysed in this article has been or will be appealed. If appealed, staying updated on the developments will certainly be interesting.

    Riassunto: Nell’era digitale, le frodi aziendali hanno assunto nuove e insidiose forme. Una di queste mette nel mirino i gruppi multinazionali: si tratta della c.d. “CEO Fraud”. Questo tipo di truffa si basa sull’uso fraudolento dell’identità di figure apicali aziendali, come CEO o Presidenti del consiglio di amministrazione. Il modus operandi è subdolo: i truffatori si spacciano per il CEO o un alto dirigente del Gruppo multinazionale e contattano direttamente i Chief Financial Officers (CFO) delle filiali o controllate, simulando un’inesistente operazione di investimento riservata per indurli a eseguire bonifici urgenti verso conti correnti esteri.

    Contesto e Dinamiche della CEO Fraud

    La CEO Fraud è una forma di truffa in cui i criminali impersonano figure dirigenziali di alto livello per ingannare i dipendenti, solitamente i CFO, inducendoli a trasferire fondi in conti bancari controllati dai truffatori. La scelta di utilizzare le identità di figure apicali come i CEO risiede nella loro autorità percepita e nella capacità di ordinare pagamenti anche ingenti, richiesti con urgenza e con l’indicazione della massima riservatezza, senza sollevare sospetti immediati.

    I truffatori adottano vari strumenti di comunicazione per rendere credibili i loro tentativi di frode: in punto di partenza è solitamente un data breach, che consente ai criminali di accedere ai dati di contatto del CEO o del CFO (email, numero di telefono fisso, numero di cellulare, account whatsapp o social media) o di altre persone all’interno dell’ufficio amministrativo dotate di poteri dispositivi e operativi sui conti correnti bancari.

    A volte per la conoscenza di queste informazioni non è neppure necessario un accesso illegittimo ai sistemi informatici aziendali, perché i soggetti destinatari della truffa rendono spontaneamente pubbliche queste informazioni, ad esempio indicandole sul proprio profilo sul sito web aziendale oppure mostrando pubblicamente i contatti sui profili nei social media (account linkedin, Facebook, etc.) o ancora su presentazioni, biglietti da visita e brochure aziendali nel contesto di incontri pubblici.

    Altre volte ancora, non è nemmeno necessario per i truffatori appropriarsi di tutti i dati del CEO che vogliono impersonare, ma solo di quelli del destinatario, per poi dichiarare che si sta utilizzando un account personale con numero o indirizzo mail diversi da quelli abitualmente riconducibili al vero CEO.

    I contatti vengono tipicamente presi come segue:

    • WhatsApp e SMS: L’uso di messaggi permette una comunicazione immediata e personale, spesso percepita come legittima dai destinatari. Il falso CEO invia un messaggio al CFO utilizzando un numero di cellulare del paese in cui ha sede la capogruppo (ad esempio +34 nel caso della Spagna), scrivendo che si tratta del suo numero di telefono personale e utilizzando nel profilo whatsapp una foto ritratto del vero CEO, il che rafforza la percezione che si tratti del suo numero personale.
    • Telefonate: dopo il primo contatto via messaggio, segue spesso una telefonata, che può essere direttamente quella del falso CEO oppure di un sedicente avvocato o consulente incaricato dal CEO di dare al CFO le informazioni necessarie sulla falsa operazione di investimento in corso e le istruzioni per procedere al pagamento urgente.
    • Email: in alternativa o in aggiunta a messaggi e telefonate le comunicazioni possono anche passare attraverso email, spesso indistinguibili da quelle autentiche, nelle quali vengono scrupolosamente replicati i formati di testo, i loghi aziendali, le firme, etc.

    Ciò è possibile tramite diverse tecniche di email spoofing in cui l’indirizzo email del mittente viene modificato per apparire come se l’email fosse inviata dal legittimo titolare. In pratica, è come se qualcuno inviasse una lettera postale mettendo un indirizzo diverso sul retro della busta per mascherare la vera origine della missiva. Nel nostro caso, questo significa che il CFO riceve un’email che – a prima vista – sembra provenire dal CEO e non dal truffatore.

    Non possiamo poi escludere che i truffatori approfittino di falle nella sicurezza dei sistemi aziendali, ad esempio accedendo direttamente alle chat interne all’organizzazione.

    Inoltre, la sempre maggiore diffusione di strumenti per il morphing (ossia per la creazione di immagini con sembianze umane riconducibili a persone reali) potrà rendere ancora più difficile lo smascheramento del truffatore: ai messaggi e alle telefonate potremmo infatti aggiungere messaggi video o addirittura video conferenze apparentemente tenute dal vero CEO.

    La (falsa) operazione di acquisizione di una società concorrente in Europa

    Vediamo un esempio realmente accaduto di CEO Fraud, per illustrare le modalità pratiche con cui vengono organizzate queste frodi.

    I truffatori creano un falso profilo whatsapp del sedicente CEO di un gruppo multinazionale con sede in Spagna, che utilizza un numero telefonico spagnolo e riproduce la foto profilo nell’autentico CEO.

    Tramite il falso account viene mandato un messaggio al CFO di una controllata in Italia, nel quale si comunica che è in corso una operazione riservata di investimento per acquisire una società in Portogallo. A tal fine si renderà necessario procedere, il giorno seguente, ad un bonifico di un’importante somma a favore di una società portoghese, presso una banca locale.

    Il messaggio sottolinea l’importanza che l’operazione venga mantenuta strettamente riservata, motivo per cui il CFO non può rivelare la richiesta di pagamento a nessuno: prima di procedere con il pagamento viene addirittura trasmesso via email un accordo di riservatezza da parte di un (finto) studio legale, che il CFO viene convinto a firmare e a restituire al fantomatico avvocato incaricato dell’operazione.

    Di seguito vengono inviate via mail al CFO le istruzioni per procedere al bonifico, con cui si sottolinea ancora l’importanza che il pagamento venga fatto il giorno stesso, in via urgente.

    Il giorno dopo aver disposto il bonifico, non ricevendo più notizie dal falso CEO, il CFO provvede a contattarlo presso il suo numero di telefono aziendale e scopre la truffa: a quel punto, però, è troppo tardi perché le somme sono state già trasferite dai criminali presso uno o più conti correnti su banche estere, rendendo molto difficile, se non impossibile, rintracciare i fondi.

    Le principali caratteristiche della CEO fraud

    • Eccesso di fiducia: il CFO può essere facilmente indotto a credere nella veridicità dei numeri di telefono o degli indirizzi mail tramite tecniche informatiche; addirittura, talvolta i truffatori sono talmente abili da riuscire a convincere il CFO ad agire anche utilizzando numeri diversi o servendosi di fantomatici consulenti mai incontrati prima.
    • Persuasione: il fatto che i truffatori impersonino figure apicali e facciano sentire il CFO investito di incarichi importanti genera nella vittima il desiderio di compiacere i superiori e di abbassare la guardia.
    • Pressione: i truffatori instillano nel CFO un grande senso di urgenza, chiedendo pagamenti in tempi estremamente rapidi e intimando la segretezza sull’operazione; questo induce la vittima ad agire senza pensare, cercando di essere il più efficiente possibile.
    • Rapidità: è bene sapere che una richiesta di un bonifico urgente non può essere revocata, o può essere ritirata tramite recall solo in tempi estremamente stretti; i truffatori ne approfittano per intascare le somme presso banche non troppo scrupolose o per spostarle altrove, al massimo nel giro di qualche giorno.

    Come prevenire queste truffe

    Gli schemi di CEO Fraud possono essere molto sofisticati, ma presentano spesso segnali che, se riconosciuti, possono fermare una truffa prima che causi danni irreparabili.

    Gli indizi principali sono le modalità atipiche di contatto (whatsapp, telefonate, email da account personali del falso CEO), la richiesta di massima riservatezza sull’operazione, l’urgenza con la quale si richiede il pagamento di grandi somme, il fatto che il bonifico debba essere fatto su banche all’estero, il coinvolgimento di società o soggetti mai menzionati in precedenza. Per prevenire truffe come quella della CEO Fraud, la formazione aziendale dei dipendenti su come riconoscere e rispondere alle truffe è cruciale; è poi fondamentale predisporre solide procedure di sicurezza interna.

    • In primo luogo, una precauzione importante e di base è quella di adottare sistemi di verifica che analizzano i messaggi di posta elettronica alla ricerca di eventuali virus e segnalano la provenienza dell’email da un account esterno all’organizzazione aziendale.
    • In secondo luogo, è fondamentale che le aziende implementino chiari processi per i pagamenti verso terzi, soprattutto se le modalità sono diverse dall’operatività standard della società, ad esempio prevedendo limiti di valore ai poteri di disposizione sull’operatività dei conti correnti, oltre i quali è necessaria la doppia firma con un altro amministratore.
    • In ultimo, e in generale, è bene adottare tutte le norme di buon senso e diligenza nell’analisi del caso. Meglio fare una verifica interna in più, piuttosto che una in meno; ad esempio, in caso di una richiesta particolarmente realistica ma comunque insolita, inoltrare lo scambio con il presunto truffatore all’indirizzo che riteniamo reale e chiedere ulteriori conferme nella mail di forward, anziché rispondendo direttamente nel loop via mail, consente di capire se il mittente è fasullo.

    Le azioni legali per il recupero dei fondi

    Dopo la scoperta di una CEO Fraud, è cruciale agire rapidamente per aumentare le possibilità di recuperare i fondi persi e perseguire legalmente i responsabili.

    Azioni Legali Possibili

    Una pronta comunicazione all’istituto bancario dell’ordinante per il congelamento dei fondi presso la banca beneficiaria, oltre ad una tempestiva denuncia-querela in Italia anche una denuncia nel paese in cui ha sede la banca destinataria del pagamento sono passi immediati che possono aiutare a contenere i danni e ad iniziare il processo di recupero.

    In molti paesi, infatti, lo schema del CEO Fraud è ben noto ed esistono unità di polizia giudiziaria specializzate che hanno gli strumenti per muoversi in maniera tempestiva a seguito della segnalazione del reato.

    Le indagini penali nel paese di destinazione del pagamento consentono anche di verificare che siano i titolari del conto corrente e le persone coinvolte nel tentativo di truffa, in alcuni casi giungendo all’arresto dei responsabili.

    Dopo aver tentato di ottenere il blocco del bonifico o dei fondi, si potrà poi valutare quale sia stato il comportamento degli istituti bancari coinvolti nella vicenda, in particolare per verificare se la banca beneficiaria abbia adempiuto in maniera corretta agli obblighi imposti dalla normativa in materia di antiriciclaggio, che impongono precisi obblighi di verifica della clientela e dell’origine dei fondi.

    Conclusioni

    La CEO Fraud è una minaccia significativa per le aziende di ogni dimensione e settore, resa possibile e amplificata dalle tecnologie moderne e dalla globalizzazione dei mercati finanziari. Le aziende devono rimanere vigili e proattive, aggiornando continuamente le loro procedure di sicurezza per tenere il passo con le tecniche in evoluzione dei truffatori.

    L’investimento in formazione, tecnologia e consulenza non è solo una misura di protezione, ma una necessità strategica per l’operatività dell’impresa.

    Nel caso in cui la truffa colpisca l’azienda, in infine, è fondamentale attivarsi in maniera tempestiva per cercare di bloccare i fondi prima che siano spostati su conti correnti in altri paesi e quindi resi irrintracciabili.

    “Può aiutami, avvocato”?

    (Ovviamente è urgente).

    “Mi mette in contatto con un legale in [Paese straniero]? Poi ci pensiamo noi.”

    Lo faccio volentieri, ci mancherebbe.

    Specie se posso mettere il cliente in contatto con un avvocato esperto di Legalmondo.

    Lavorare direttamente con un legale all’estero, però, comporta una serie di complessità che vengono regolarmente sottovalutate dal cliente.

    Le principali sono le seguenti

    • identificare il legale giusto, che sia specializzato e abbia una specifica esperienza nella materia di interesse dell’azienda
    • la difficoltà di dialogare in una lingua che solitamente è straniera sia per il cliente, sia per il legale all’estero
    • comprendere le tematiche giuridiche oggetto dell’incarico, molto spesso regolate da una legge diversa da quella italiana
    • concordare i termini dell’incarico professionale e monitorare l’andamento delle spese, specie se si tratta di attività lunghe e complesse, in paesi nei quali i costi legali sono molto alti

    Nel caso di contenziosi

    • individuare i fatti importanti e i documenti necessari
    • definire la strategia di causa, valutare la possibilità di una definizione amichevole della vertenza e ragionare sulle possibili soluzioni alternative in base agli interessi delle parti
    • gestire istruzioni e comunicazioni al legale in tempi molto stretti e lavorando in fusi orari diversi

    Nel caso di negoziati commerciali

    • condividere interessi e obiettivi della trattativa
    • preparare e partecipare a call conference frequenti ed impegnative
    • seguire le varie fasi delle revisioni dei testi contrattuali

    Se si tratta di operazioni straordinarie

    • impostare l’attività e condividerla con i legali delle controparti
    • allineare le risorse aziendali e i vari professionisti coinvolti per assistere il cliente
    • coordinare le diverse fasi dell’attività

    Tutti passaggi nei quali il legale italiano, se è specializzato nella materia ed ha esperienza nell’assistere la clientela all’estero, può essere di grande aiuto, diventando l’interfaccia tra il cliente e i vari professionisti coinvolti nell’attività, su entrambi i lati.

    È una risorsa preziosa, che consente di impostare il lavoro in modo chiaro, dialogare e ottenere risposte in tempi rapidi, assicurarsi che le informazioni, anche complesse, vengano riportate e comprese in modo corretto.

    Esperienza, facilità di dialogo e rapporto di fiducia

    Infine, è importante valorizzare la possibilità di confronto diretto con una persona di fiducia, esperta e che conosce l’imprenditore e l’azienda, cosa che generalmente non è possibile lavorando direttamente con uno studio all’estero, specie se di grandi dimensioni.

    Il risultato è generalmente quello di lavorare in modo più consapevole, rapido, ordinato ed efficace, il che si traduce generalmente in un risparmio di tempo e denaro.

    Prima di lavorare direttamente con un legale in Costa Rica, Macedonia o USA, è bene considerare l’importanza e il valore dell’incarico e pensare al legale italiano come una risorsa, non come un costo aggiuntivo.

    The limited liability company – in Italian: «Società a Responsabilità Limitata» or «S.r.l.» only – is the most popular Italian company type, mainly for the following reasons:

    • a little registered capital is enough;
    • the quota holders’ liability is limited to the pro-quota subscribed capital;
    • it is a «low-cost» company, also easy to be managed.

    In Italy, the S.r.l. differs from joint-stock companies as the participation in the capital is represented by «intangible» quota(s), which cannot circulate as stocks. This is why the members of an S.R.L. are called «quota holders» and not «shareholders».

    Similar companies in other countries are L.L.C. in the U.S., L.T.C. in the U.K., G.m.b.H. in Germany; S.a.r.l. in France; S.L. in Spain. 

    S.r.l. in a nutshell

    • Company name: Società a responsabilità limitata – S.r.l.
    • Minimum registered capital: EUR 10.000,00 (of which only EUR 2.500,00 must be paid at incorporation). The minimum corporate capital can be as low as EUR 1,00, but when the capital is lower than EUR 10.000,00 the company will be a “simplified S.R.L.”, subject to certain special rules and limitations (see below)
    • Minimum number of quota holders: One
    • Maximum number of quota holders: None
    • Nationality of the quota holders: No limits (with some rare exceptions that must be verified on a case-by-case basis)
    • Nationality of the directors: No limits (with some rare exceptions that must be verified on a case-by-case basis)
    • Limited liability: Yes
    • Auditing: Required only if (i) the company has more than 50 employees or exceeds € 4,400,000 in assets or € 8,800,000 in turnover for two consecutive years; (ii) is obliged to prepare consolidated financial statements; or (iii) controls other companies that are required to have statutory audits.

    The list of info and documents needed

    To incorporate an S.r.l., the information needed is as follows:

    • the name of the new company

    In Italy, there are no special limitations in identifying the company name.

    • the personal data of the quota holders and the registered capital subscribed.

    In the case of a sole quota holder, special rules and restrictions apply. For example, the corporate capital shall be fully paid, and all the company documents and correspondence shall point out that the corporate capital belongs to a sole quota holder; otherwise, the sole quota holder shall be jointly liable with the company for its debts.

    Please note that on the day of the incorporation of the S.r.l., each quota holder must deposit in a bank account an amount equal to at least 25% of his/her/its quota of corporate capital. The unpaid capital shall be paid within 30 days if requested by the director(s). The bank deposit can be replaced by an insurance policy or a bank guarantee (under certain requirements); or by a contribution in kind. However, in this case, the law requires an independent expert valuation and some other formalities.

    In case the quota holder is a company, some additional documents may be required (e.g., the resolution adopted by the shareholders’ meeting) which shall be translated into Italian (certified translation), notarized, and apostilled or legalized, depending on the case.

    • the personal data of the director(s)

    The director(s) can also be foreign nationals, but they shall hold an Italian fiscal identification number («codice fiscale»), which can be obtained from any local tax office («Agenzia delle Entrate»).

    The first director(s) are appointed in the deed of incorporation.

    • the address of the registered office

    The office may be also a «virtual» one, for instance, located at the office of a law or accounting firm;

    • the name and personal details of the first statutory auditors, if necessary

    The “Simplified” S.r.l.

    As mentioned above, when the partners set up an S.r.l. with a share capital of less than € 10,000, it will be an “S.r.l. Semplificata” (simplified S.r.l.).

    Compared to the ordinary S.r.l., it enjoys some economic benefits during the incorporation phase (i.e.: exemption from paying stamp duty and secretarial fees, exemption from paying notary’s fees), but also some rather significant limitations, because the bylaws must be drafted by a standard model, and registered capital may be paid only in cash.

    Should the shareholders decide to increase the registered capital to a value equal to or greater than € 10,000, they will be required to transform the company into an ‘ordinary’ S.r.l. (through a notarised public deed), thus losing the limitations seen above and thus, for example, being able to amend the bylaws.

    The management of a simplified S.r.l., on the other hand, does not enjoy any benefits compared to the ordinary S.r.l., and this is the main reason why it has not been very successful in Italy. Indeed, the small registered capital may constitute a limitation to obtaining bank financing or requesting credit from suppliers.

    Since these disadvantages are not balanced by any advantages or tax benefit in the management of a simplified S.r.l., the ordinary S.r.l. seems preferable, unless the founders have limited resources at the incorporation stage and can exclude from the outset that the new company will need access to bank financing or enter into particular corporate operations.

    How to incorporate an S.r.l.

    The deed of incorporation and the by-laws shall be executed before a Public Notary.

    The deed of incorporation is a quite standard document that contains all the information provided by the law to set up an S.r.l.

    The by-laws contain the company governance rules and can always be amended through a resolution of the quota holders’ meeting. The founding quota holders are free – except in the case of a simplified S.r.l. – to adapt the bylaws to their needs, establishing, for example, the manner and timing of the payment of share capital, the type of governance (sole director or board of directors), the powers and duration of the company’s administrative body, the procedures for the transfer of company shares, the majorities required for decisions by the quota holders’ meeting, the procedures and conditions for the withdrawal of quota holders, the conditions for the withdrawal, etc.

    After the incorporation, a copy of the deed of incorporation and the by-laws shall be filed at the Italian Companies’ Register within 20 days. Until then, any person acting on behalf of the company will be personally liable.

    Riassunto

    Per evitare dispute con i fornitori importanti, è consigliabile pianificare gli acquisti a medio e lungo termine e non operare solo sulla base si ordini e conferme d’ordine. La pianificazione consente di concordare la durata dell’ accordo di fornitura, i volumi minimi dei prodotti da consegnare e le tempistiche di consegna, i prezzi e le condizioni alle quali i prezzi possono essere variati nel tempo.
    L’utilizzo di un contratto quadro di acquisto può aiutare a evitare incertezze future e consente di utilizzare varie opzioni per gestire le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime a seconda della tipologia di prodotti , come l’indicizzazione automatica del prezzo o l’accordo di rinegoziazione in caso di oscillazioni della materia prima oltre un certo termine di tolleranza stabilito.

    Leggo in un comunicato stampa: “In questi giorni l’industria del vetro sta inviando alle imprese vitivinicole nuove modifiche unilaterali dei contratti con variazioni dei prezzi del 20%...”

    Cosa si può fare per evitare l’imposizione di aumenti da parte dei fornitori?

    • Conoscere i propri diritti e agire in modo informato
    • Pianificare e organizzare la supply chain 

    Il mio fornitore ha diritto ad aumentare i prezzi?

    Se i contratti sono già stati conclusi, ad esempio gli ordini sono già stati confermati dal fornitore, la risposta è spesso no.

    Non è legittimo richiedere la variazione del prezzo, e meno ancora comunicarla in via unilaterale, con la minaccia di annullare l’ordine o non consegnare la merce se non venisse accolta la richiesta.

    Se mi dice che si tratta di forza maggiore?

    È sbagliato: l’aumento dei costi non rappresenta una causa di forza maggiore, ma semmai di eccessiva onerosità sopravvenuta, che è molto difficile ricorra.

    Per approfondire questo punto puoi vedere questo video.

    E se il fornitore annullasse l’ordine, aumentasse unilateralmente il prezzo, o non consegnasse la merce?

    Sarebbe inadempiente e sarebbe tenuto a risarcire i danni causati dal mancato rispetto dei suoi obblighi contrattuali.

    Come si può evitare il braccio di ferro con i fornitori?

    Gli strumenti ci sono, basta conoscerli e usarli.

    Occorre pianificare gli acquisti a medio termine, concordando con i fornitori un programma nel quale si stabiliscano:

    • le quantità di prodotti che verranno ordinate
    • i termini di consegna
    • la durata dell’accordo
    • i prezzi dei prodotti o delle materie prime
    • le condizioni alle quali i prezzi possono essere variati

    Esiste uno strumento molto efficace

    L’accordo che si può utilizzare è il contratto quadro di acquisto, con il quale le parti negoziano gli elementi sopra indicati, che saranno validi per il periodo di tempo stabilito.

    Una volta concluso l’accordo, seguiranno gli ordini dei prodotti, che saranno regolati dal contratto quadro, senza bisogno di rinegoziare ogni volta il contenuto delle singole forniture.

    Per un approfondimento su questo contratto, vedi questo articolo.

    • Sì ma: i miei fornitori non me lo firmeranno mai!

    Perché? Fatevelo spiegare.

    Questo tipo di accordo è nell’interesse di entrambe le parti, perché consente di pianificare i futuri ordinativi e di avere certezza sul se, quando e quanto possa essere cambiato il prezzo.

    Al contrario, agire senza accordi scritti obbliga le parti ad operare in un contesto di incertezza, nel quale da un giorno all’altro si possono chiedere aumenti di prezzi e rifiutare le forniture se le richieste non vengono accettate.

    Come si disciplinano i cambiamenti del prezzo per le forniture future?

    Esistono diverse possibilità, a seconda della tipologia di prodotti o servizi e delle materie prime o dell’energia rilevanti nella determinazione del prezzo finale.

    • Una prima opzione è quella di indicizzare automaticamente il prezzo: ad esempio se il costo del barile del petrolio Brent aumenta / diminuisce del 10%, la parte interessata ha diritto a richiedere un corrispettivo adeguamento del prezzo del prodotto in tutti gli ordinativi trasmessi a partire dalla settimana successiva.
    • Un’alternativa è prevedere che in caso di oscillazione della materia prima di riferimento (ad esempio l’indice LME Aluminium del London Stock Exchange) oltre una certa soglia, la parte interessata possa chiedere di rinegoziare il prezzo per gli ordinativi del periodo successivo all’aumento.

    E se le parti non si mettessero d’accordo sui nuovi prezzi?

    • È possibile prevedere che il contratto si sciolga, o che la determinazione sia rimessa ad un terzo soggetto, che agisca come arbitratore e indichi i nuovi prezzi per i futuri ordini.

    Chiara De Cesero

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